T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 14-01-2011, n. 15 Annullamento dell’atto in sede giurisdizionale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso ritualmente proposto, la Coldiretti di Asti ha impugnato gli atti con cui la Regione Piemonte ha proceduto al rinnovo del consiglio della locale camera di commercio, attribuendo ad essa ricorrente soltanto due (dei tre) seggi complessivamente riservati al settore agricolo e assegnando il terzo a Confagricoltura.

2. La ricorrente ha censurato l’istruttoria e le valutazioni svolte dall’amministrazione regionale ai fini della determinazione del "grado di rappresentatività" delle organizzazioni concorrenti, rilevante ai fini dell’attribuzione dei seggi nell’organo consiliare.

In particolare:

– con i primi due motivi, ha contestato l’attendibilità dei dati forniti dalle altre due concorrenti in ordine al numero dei "coadiuvanti permanenti" occupati nelle imprese iscritte alle predette organizzazioni: secondo la ricorrente, Confagricoltura e CIAConfederazione Italiana Agricoltori avrebbero gonfiato i dati relativi ai propri "coadiuvanti", finendo così per falsare l’esito della procedura; ciò sarebbe attestato dal fatto che su 1.858 coadiuvanti dichiarati complessivamente dalle tre organizzazioni concorrenti, soltanto 1.611 risulterebbero iscritti all’INPS; e poiché tutti i 414 coadiuvanti dichiarati dalla ricorrente sarebbero in possesso di una propria posizione INPS, le altre due concorrenti avrebbero gonfiato i propri dati di ben 247 unità; il che avrebbe un rilievo decisivo ai fini dell’attribuzione del terzo seggio, posto che se anche soltanto 150 unità venissero decurtate a Confagricoltura e a CIA, il terzo seggio spetterebbe a Coldiretti; l’Amministrazione avrebbe svolto, sul punto, un’istruttoria incompleta e superficiale;

– con il terzo motivo, la ricorrente ha censurato la decisione della Regione di non computare nel calcolo del grado di rappresentatività di Coldiretti anche il numero dei "familiari stagionali", pari a 2.019 unità, sul presupposto che la media delle giornate lavorative sarebbe stata dichiarata dall’interessata "unicamente su una propria valutazione": secondo la ricorrente, tale motivazione sarebbe gravemente insufficiente, dal momento che l’amministrazione non ha indicato nessun diverso parametro a cui ancorare il dato in questione.

3. Sulla base dei predetti motivi, la ricorrente ha chiesto l’annullamento degli atti impugnati e la condanna dell’Amministrazione Regionale al risarcimento dei danni.

4. Si sono costituite la Regione Piemonte e la Confagricoltura di Asti, resistendo al gravame con articolate deduzioni.

5. Con ordinanza n. 357/2010 in data 21.05.2010 il collegio ha disposto incombenti istruttori, ottemperati dall’Amministrazione in data 25.06.2010.

6. Con successiva ordinanza n. 517/2010 in data 02.07.2010, il collegio ha respinto l’istanza di sospensione, anche in considerazione dell’opportunità di garantire, nelle more del giudizio, la stabilità del nuovo consiglio camerale nel frattempo già nominato ed insediato, fissando peraltro contestualmente la discussione del merito per il giorno 16 dicembre 2010.

7. In prossimità dell’udienza di discussione, Coldiretti e Confagricoltura hanno depositato ulteriori memorie difensive.

8. In esito all’udienza pubblica del 16 dicembre 2010, sentiti l’avv. Michetti per la ricorrente, l’avv. Gallo per Confagricoltura e l’avv. Scisciot per la Regione, il collegio ha trattenuto la causa per la decisione.

Motivi della decisione

1. Nel maggio 2009 la Camera di Commercio di Asti ha avviato il procedimento per il rinnovo del proprio organo consiliare, nell’ambito del quale 3 seggi sono riservati, per statuto, al settore "agricoltura".

2. Al procedimento hanno chiesto di partecipare, per ciò che attiene al predetto settore economico, la Federazione Provinciale Coldiretti di Asti, la Confagricoltura di Asti e la Confederazione Italiana Agricoltori di Asti.

3. L’attribuzione dei seggi è stata effettuata secondo i criteri indicati dal D.M. 24.07.1996, n. 501 (recante il regolamento di attuazione dell’art. 12, comma 3 della L. 29.12.1993, n. 580), ossia in base al "grado di rappresentatività" di ciascuna organizzazione imprenditoriale nell’ambito del settore di appartenenza.

In particolare, secondo i predetti criteri, il "grado di rappresentatività" di ciascuna organizzazione imprenditoriale è definito dalla "media aritmetica" di una serie di parametri, tra i quali assumono particolare rilievo, ai sensi dell’art. 12 comma 2 del citato D.M., il "numero delle imprese" iscritte a ciascuna organizzazione imprenditoriale e il "numero degli occupati" nelle imprese medesime (o meglio, "l’incidenza percentuale" di tali numeri "rispetto al totale" delle imprese iscritte e dei lavoratori in esse occupati).

Il "grado di rappresentatività" così determinato viene poi tradotto in seggi applicando il criterio indicato dal comma 3 dello stesso articolo, ossia dividendo la media aritmetica di cui sopra per 1, 2 3, 4 e così via fino alla concorrenza del numero dei seggi disponibili per il settore in questione, e infine disponendo i quozienti così ottenuti in una graduatoria decrescente, in un numero pari a quello dei seggi da attribuire (art. 12, comma 3 D.M. cit.)

4. Nel caso di specie, ciascuna delle organizzazioni concorrenti ha prodotto alla Regione una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, resa dai rispettivi legali rappresentanti ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000, nella quale costoro hanno indicato i dati rilevanti ai fini del calcolo del grado di rappresentatività dell’organizzazione (numero delle imprese associate, numero dei soci e dei prestatori d’opera, numero degli occupati, ecc.).

La Regione, conformemente alle direttive impartite dal Ministero delle Attività Produttive con circolare n. 3536/C prot. 516135 del 24.12.2001, ha svolto alcuni controlli di massima sui dati dichiarati dalle organizzazioni concorrenti: in particolare, ha richiesto chiarimenti, ha acquisito elenchi di imprese, di soci e di prestatori d’opera e infine ha svolto, anche per il tramite della Camera di Commercio di Asti, controlli incrociati presso il Registro delle Imprese.

All’esito del procedimento, sulla base dei dati così acquisiti, la Regione ha determinato il grado di rappresentatività delle organizzazioni concorrenti e ha stilato la "graduatoria quozienti" di cui al comma 3 del citato art. 12.

In forza di tale graduatoria, i primi due seggi sono stati attribuiti alla Coldiretti (con quozienti rispettivamente di 62,48% e di 31,24 %), mentre il terzo seggio è stato attribuito alla Confagricoltura (con un quoziente di 21,27%, superiore di pochi decimi a quello immediatamente inferiore conseguito sempre da Coldiretti, pari a 20,83 %).

5. Con decreto n. 15 del 09.02.2010, il Presidente della Giunta Regionale ha approvato le risultanze istruttorie del procedimento di cui sopra e ha quindi attribuito due seggi a Coldiretti (di cui uno in rappresentanza della piccola impresa) ed uno a Confagricoltura.

6. Con successiva determinazione dirigenziale n. 77 del 15.03.2010, la Regione Piemonte ha nominato i nuovi componenti del consiglio camerale di Asti, sulla base delle designazioni fatte pervenire dalle rispettive organizzazioni imprenditoriali.

7. Il nuovo consiglio si è insediato il giorno 8 aprile 2010.

8. Con il ricorso in esame, la Coldiretti di Asti ha impugnato gli atti indicati in epigrafe nella parte in cui hanno attribuito ad essa ricorrente soltanto due (dei tre) seggi complessivamente riservati al settore economico di appartenenza, assegnando il terzo a Confagricoltura.

In particolare, con i primi due motivi ha lamentato che le altre due concorrenti avrebbero gonfiato i dati relativi ai propri "coadiuvanti permanenti", finendo così per falsare il calcolo del proprio grado di rappresentatività; con il terzo motivo ha invece censurato la decisione della Regione Piemonte di non computare nel calcolo del grado di rappresentatività di Coldiretti anche il numero dei "familiari stagionali".

9. Rileva il collegio che il ricorso è parzialmente fondato nei limiti qui di seguito precisati.

9.1. Va osservato che nell’ambito del procedimento di rinnovo del consiglio camerale di Asti, il legale rappresentante di Confagricoltura ha reso in data 06.11.2009, ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000, la seguente, testuale, dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà: " (…) N.b. Per ciò che riguarda i familiari/coadiuvanti, questi risultano essere dai nostri archivi: 710. L’attuale dato tiene in considerazione solo gli occupati a tempo pieno per i quali il titolare dell’azienda versa i regolari contributi agli enti previdenziali. L’elenco di tali soggetti non è producibile ma verificabile presso l’INPS, mentre per gli occupati non a tempo pieno il dato non è verificabile in quanto ricavabile da un calcolo puramente statistico (…)"(doc. 8 fascicolo ricorrente).

Da tale dichiarazione è possibile evincere, per ciò che rileva:

– che il numero di "710" unità era riferito espressamente agli "occupati a tempo pieno";

– che per detti coadiuvanti "il titolare dell’azienda versa(va) i regolari contributi agli enti previdenziali";

– che l’elenco di tali soggetti era "verificabile presso l’INPS";

Analoghe affermazioni sono state ribadite nell’atto difensivo con cui Confagricoltura si è costituita nel presente giudizio (cfr. pagg. 67).

9.2. In realtà, l’istruttoria disposta dalla Sezione presso l’INPS ha dato esiti molto diversi.

In particolare, il numero dei coadiuvanti permanenti iscritti all’INPS è risultato essere di 399 per Coldiretti e di 262 per Confagricoltura: il che significa che, mentre per Coldiretti il dato autodichiarato in sede procedimentale (414) ha trovato una conferma pressochè integrale nei dati INPS, con uno scostamento fisiologico e certamente non significativo; per Confagricoltura, invece, lo scarto tra il dato autodichiarato (710) e quello accertato (262) è macroscopico. E dal momento che era stato lo stesso legale rappresentante di Confagricoltura a dichiarare, in sede procedimentale, che il numero indicato di 710 unità riguardava esclusivamente gli occupati a tempo pieno in possesso di una posizione previdenziale "verificabile presso l’INPS", se ne deve concludere che il dato autocertificato non era rispondente al vero.

Tale conclusione è inoltre confortata dai chiarimenti forniti dall’INPS in sede procedimentale, laddove, ad una specifica richiesta della Regione, esso aveva spiegato che nel settore agricolo, se talora accade che alcuni lavoratori non abbiano una propria posizione previdenziale, ciò accade, tuttavia, soltanto nel caso in cui l’attività del coadiuvante non abbia carattere "prevalente" (cfr. allegato al D.P.G.R. n. 15 del 09.02.2010, pagg. 56): sicchè nel caso di specie, a fronte di un dato autocertificato riferito esplicitamente a soggetti "occupati a tempo pieno", sarebbe stato lecito attendersi una corrispondenza pressochè integrale (o poco meno) tra il numero degli "occupati" e il numero degli "iscritti all’INPS", mentre invece, come si è detto, il dato autocertificato è risultato confermato solo in minima parte.

9.3. Tali considerazioni convincono il collegio che Confagricoltura abbia autocertificato un numero di coadiuvanti permanenti di molto superiore a quello reale, finendo in tal modo per falsare il calcolo del proprio grado di rappresentatività e, di conseguenza, l’esito dell’intera procedura.

9.4. Per contro, non possono essere condivise le argomentazioni difensive svolte dalle difese della Regione e di Confagricoltura.

9.5. In particolare, la difesa di Confagricoltura ha invocato l’applicazione del principio giurisprudenziale di partecipazione pluralistica, secondo cui, qualora siano previsti più posti nella composizione degli organi collegiali rappresentativi degli interessi di categorie professionali, la ripartizione degli stessi deve avvenire secondo criteri che assicurino l’adeguata rappresentanza delle associazioni minoritarie.

Il collegio ritiene che tale eccezione non possa essere condivisa, dal momento che nella fattispecie in esame è stato lo stesso legislatore a dettare precisi criteri matematici per l’individuazione del "grado di rappresentatività" delle diverse associazioni di categoria (D.M. 24.07.1996 n. 501): criteri che l’amministrazione non potrebbe ignorare o eludere in nome di superiori esigenze di tutela delle organizzazioni minoritarie senza per ciò stesso incorre nella violazione della normativa di settore, con conseguente illegittimità delle relative determinazioni.

9.6. Sempre la difesa di Confagricoltura ha sostenuto che l’unico elemento rilevante ai fini del calcolo della rappresentatività sarebbe, in base al dato normativo, il numero di imprese iscritte a ciascuna organizzazione e il numero degli occupati nelle stesse imprese: ossia, in definitiva, l’effettiva realtà economica sottostante alle aziende associate, a prescindere dall’iscrizione dei coadiuvanti presso enti previdenziali, la quale, non solo non è richiesta dalla legge ai fini del calcolo della rappresentatività, ma neppure risponde alla comune esperienza del settore agricolo, in cui è notorio che molto lavoratori prestano la propria attività "in nero", senza alcuna regolarizzazione contrattuale e previdenziale. Pertanto, secondo la predetta difesa, l’Amministrazione dovrebbe accontentarsi dei dati autodichiarati da ciascuna associazione, in quanto effettivamente rappresentativi del concreto substrato economico ed aziendale di ciascuna di esse.

Analoghe considerazioni sono state svolte dalla difesa regionale, secondo cui l’Amministrazione non sarebbe tenuta ad effettuare alcun controllo in merito alle dichiarazioni rese dalle associazioni concorrenti, se non nel caso in cui i dati forniti appaiano ictu oculi inverosimili o falsi perché in evidente, insanabile contrasto con altri dati di cui l’amministrazione sia già in possesso; nel caso di specie ciò non si sarebbe verificato dal momento che lo stesso ente previdenziale ha chiarito in sede procedimentale che uno scarto tra dati dichiarati e iscrizioni previdenziali può essere fisiologico nel settore economico in questione, atteso che "l’effettiva base occupazionale in agricoltura può non coincidere con gli archivi degli assicurati".

Il collegio ritiene che tali argomentazioni non possano essere condivise.

Nell’ambito del procedimento amministrativo oggetto del presente giudizio, ciascuna delle associazioni concorrenti ha attestato i dati richiesti ai fini del calcolo del proprio grado di rappresentatività attraverso un’apposita "dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà", resa ai sensi dell’art. 47 del D.P.R. n. 445/2000. La dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, se certamente si fonda su un "patto di reciproca collaborazione tra cittadino e P.A." (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3651), non costituisce, peraltro, l’oggetto di un atto di fede dell’amministrazione nel contenuto di quanto dichiarato dall’interessato, ma soltanto una modalità di semplificazione del procedimento amministrativo, attraverso la quale si persegue la finalità di snellire l’istruttoria procedimentale esonerando il cittadino dall’onere di acquisire tutta la documentazione "concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza (del cittadino medesimo)"; una modalità di semplificazione la cui attendibilità è assistita da un duplice presidio: da un lato, l’onere dell’amministrazione di procedere a controlli successivi sul contenuto delle predette dichiarazioni, anche soltanto "a campione"; dall’altro, la previsione di specifiche sanzioni, anche di natura penale, per il caso di dichiarazione mendace.

Da tutto ciò consegue necessariamente che la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà non può che essere riferita a fatti, stati e qualità "verificabili" dall’amministrazione, giacchè in caso contrario l’attendibilità della dichiarazione resterebbe affidata ad un contegno "fideistico" della p.a. che sarebbe del tutto estraneo al sistema di mera semplificazione procedimentale ideato dal legislatore e che finirebbe per costituire una sicura fonte di abuso da parte dei cittadini meno corretti, a discapito degli onesti: abuso aggravato dal fatto di non essere concretamente accertabile.

Appare quindi evidente la ragione per cui le argomentazioni difensive dei resistenti non possono essere condivise: nel procedimento qui in esame, i dati dichiarati da ciascuna concorrente in ordine al numero dei propri coadiuvanti permanenti dovevano poter essere riscontrati dall’Amministrazione regionale e l’iscrizione all’INPS era l’unico riscontro ragionevolmente ipotizzabile.

Aderendo, invece, all’opzione interpretativa propugnata dalle difese dei resistenti, si lascerebbe a ciascuna organizzazione la possibilità di "gonfiare" i dati relativi alla propria rappresentatività locale senza alcuna possibilità di riscontro da parte della P.A., e dunque falsando la competizione senza possibilità di rimedio.

E se a ciò si aggiunge che nel procedimento in esame era stata la stessa Confagricoltura a dichiarare che tutti i suoi 710 coadiuvanti permanenti erano in possesso di una propria posizione previdenziale e che tale circostanza era "verificabile presso l’INPS", se ne ricava che la tesi difensiva qui in esame – benchè brillantemente esposta – oltre che infondata, rasenta i limiti della temerarietà.

10. Alla stregua di tali considerazioni, il collegio rileva che i primi due motivi di ricorso sono fondati e vanno accolti per difetto di istruttoria.

11. E’ invece infondato il terzo motivo dedotto, dal momento che i dati forniti da Coldiretti in merito ai propri "familiari stagionali" erano effettivamente supportati da valutazioni generiche e meramente presuntive, come tali non attendibili.

12. L’accoglimento del ricorso, nei termini e nei limiti sopra esposti, comporta l’annullamento degli atti impugnati limitatamente alle parti in cui è stato assegnato a Confagricoltura il terzo seggio riservato al settore agricolo.

Dall’annullamento in parte qua degli atti impugnati discende altresì l’annullamento in parte qua della determinazione regionale n. 77 del 15.03.2010, limitatamente alla parte in cui si è proceduto alla nomina, nell’ambito del consiglio camerale di Asti, del componente designato da Confagricoltura.

L’annullamento parziale di quest’ultimo provvedimento discende dall’annullamento degli atti impugnati quale effetto di caducazione automatica e prescinde, pertanto, da una sua specifica impugnazione: va infatti condiviso il principio secondo cui, in relazione al rinnovo del consiglio camerale della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, il decreto regionale che opera il riparto dei seggi in consiglio camerale costituisce l’atto presupposto del successivo decreto che opera la nomina dei componenti in conformità alle designazioni degli aventi diritto, dato che il secondo atto segue necessariamente al primo e non richiede alcuna nuova e ulteriore valutazione (ma solo una verifica della ritualità della designazione operata dall’avente titolo); il che implica che l’invalidità del primo abbia effetto caducante e non semplicemente viziante del secondo, nonostante quest’ultimo incida sulle posizioni di terzi (cioè dei nominati, la cui posizione è però chiaramente derivata da quella delle organizzazioni di riferimento, dato che essi siedono in consiglio a titolo di rappresentanti di tali organizzazioni): cfr. T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 17 novembre 2009, n. 1098.

13. In esecuzione della presente decisione, sarà onere della Regione Piemonte rideterminare, con la celerità del caso, il grado di rappresentatività delle associazioni concorrenti sulla base dei rilievi istruttori forniti dall’INPS nel presente giudizio, procedendo quindi all’assegnazione del terzo seggio sulla base dei risultati così conseguiti.

14. In considerazione di questa ulteriore attività che dovrà essere svolta dall’Amministrazione, va infine respinta la domanda risarcitoria proposta dalla parte ricorrente: è noto, infatti, che l’annullamento giurisdizionale di un provvedimento amministrativo per vizi formali o, comunque, per difetto di istruttoria o di motivazione che non escludano, ma anzi consentano, il riesercizio del potere da parte dell’autorità emanante, comporta che la domanda di risarcimento del danno non può essere valutata se non all’esito della nuova manifestazione di detto potere, poiché la facoltà di rideterminazione che residua in capo al soggetto pubblico esclude il carattere di definitività del rapporto, che è necessario presupposto dell’azione risarcitoria (T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 27 settembre 2010, n. 3305; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 06 maggio 2010, n. 9915; T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 19 aprile 2010, n. 1147; Consiglio Stato, sez. IV, 30 giugno 2006, n. 4234).

15. In conclusione, il ricorso va accolto nei termini e nei limiti sopra esposti, mentre le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti, atteso l’esito complessivo del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie in parte e per l’effetto:

a) annulla in parte gli atti impugnati, nonché la determinazione della Regione Piemonte n. 77 del 15.03.2010, nei termini e nei limiti indicati in motivazione;

b) respinge la domanda risarcitoria;

c) compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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