Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-01-2011) 19-01-2011, n. 1427

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Con sentenza del 30.1-3.6.2008 la Corte d’appello di Cagliari ha confermato la condanna inflitta a D.G. dal locale Tribunale in data 28.1.2002, per il delitto di calunnia aggravata in danno di P.I. e M.V., dirigenti degli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione di Nuoro e Cagliari, in relazione ad esposti inviati tra il 24.9 ed il 7.10.1996 a varie autorità pubbliche dall’imputato, funzionario dell’ufficio di Nuoro.

2. Ricorre nell’interesse del D. il difensore fiduciario, con i seguenti motivi:

– violazione di legge in relazione all’art. 438 c.p.p., comma 5, art. 441 c.p.p. e "abnormità del provvedimento": il ricorrente ripropone la doglianza proposta in appello, perchè il Giudice del primo grado dopo aver ammesso il D. all’abbreviato condizionato all’acquisizione di documenti afferenti uno specifico oggetto, avrebbe accettato anche altri documenti inviati di propria iniziativa dalla P. (titolare all’epoca dell’Ufficio cui il tribunale aveva chiesto i documenti indicati dall’imputato); l’assunto della Corte distrettuale, secondo la quale comunque di tali documenti non sarebbe stato tenuto conto nella decisione, da un lato sarebbe irrilevante, rilevando la violazione dell’art. 438 c.p.p., comma 5 in sè (sia sotto il profilo dell’abnormità che, in subordine, sotto il profilo della nullità), da un altro sarebbe infondato, perchè nella motivazione del Tribunale sulla malafede di D. sarebbero rinvenibili parte delle considerazioni svolte in alcuni dei documenti "eccedenti";

– violazione di legge in relazione all’art. 368 c.p. e manifesta illogicità della motivazione: perchè mancherebbe la prova che i destinatari dell’esposto lo avessero effettivamente ricevuto e perchè solo la polizia giudiziaria avrebbe l’obbligo di informare l’autorità giudiziaria delle notizie di reato pervenutele;

– violazione di legge, mancanza e manifesta illogicità della sentenza, in relazione all’elemento psicologico del reato, perchè il D. sarebbe stato profondamente convinto delle vessazioni subite e denunciate, come risultante anche dalle dichiarazioni del teste C.;

– violazione di legge in relazione agli artt. 62 bis e 69 c.p., in relazione alla mancata applicazione delle attenuanti generiche nella loro massima estensione e al giudizio di equivalenza tra le circostanze.

3. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. Correttamente la Corte distrettuale ha ritenuto assorbente il fatto che, dei documenti della cui acquisizione ulteriore, anche solo in via di fatto, il ricorrente si duole, la motivazione della decisione di primo grado non aveva tenuto conto.

La contestazione che a tale assunto rivolge il ricorrente è svolta in termini di assoluta aspecificità.

Il secondo motivo è, quanto al primo assunto, diverso da quelli consentiti, afferendo lo stretto merito e, quanto al secondo, manifestamente infondato, posto che nell’art. 368 c.p. la locuzione "altra autorità" non si riferisce alla sola polizia giudiziaria.

La limitazione non è affermata dalla norma, che altrimenti non avrebbe avuto ragione alcuna di utilizzare una formula del genere in luogo del richiamo specifico ed univoco appunto alla "polizia giudiziaria", e il riferimento ad autorità anche diverse dalla sola polizia giudiziaria costituisce esatta applicazione del principio positivo generale, ex art. 331 c.p.p., che qualunque autorità pubblica riceva e comunque acquisisca, per ragioni istituzionali, notizia di un reato ha l’obbligo di trasmetterla all’autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria, con ciò dando seguito giudiziario certo alla notizia.

Terzo e quarto motivo sono inammissibili perchè diversi da quelli consentiti, prospettando censure di merito che sollecitano una rivalutazione del corrispondente apprezzamento, preclusa in questa sede di legittimità.

All’inammissibilità del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma, equa al caso, di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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