T.A.R. Puglia Lecce Sez. III, Sent., 14-01-2011, n. 69 Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. I ricorrenti risiedono nel Comune di Ginosa, in immobili di proprietà, parti del fabbricato sito in via Morandi, n. 1, ubicato in una zona residenziale sviluppatasi sulla base di un Piano di Lottizzazione, "B & D", approvato con deliberazione di G.R. n. 1441 del 23 febbraio 1981, oggetto di successive varianti.

Con il ricorso in epigrafe, impugnano il permesso di costruire n. 19/2010 rilasciato al sig. R.G. per la realizzazione di un complesso edilizio destinato a civili abitazioni nell’area frontistante le loro abitazioni, tra via Morandi e l’adiacente parcheggio pubblico.

2. A sostegno del gravame i ricorrenti deducono:

a) l’eccesso di potere per difetto di motivazione, carenza assoluta di istruttoria, illogicità e irrazionalità dell’azione amministrativa, travisamento, errore sui presupposti, incompetenza e sviamento;

b) la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, degli artt. 1 e 20 delle NN.TT.AA. del P.R.G. del Comune di Ginosa, della l. r. n. 56/1980, del P.d.L. "B & D" e s.m.i. e della convenzione n. 32726 del 19 gennaio 1990, nonché la violazione e falsa applicazione degli indici di utilizzazione fondiaria e dei principi in materia di pianificazione urbanistica.

3. In corso di giudizio si sono costituiti il controinteressato, R., e l’Amministrazione intimata preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso e sostenendo, per il resto, l’infondatezza nel merito.

4. Alla Camera di Consiglio del 8 settembre 2010, questa sezione ha disposto incombenti istruttori, con ordinanza n. 146/2010, cui è stato dato adempimento in data 30 settembre 2010.

5. All’udienza pubblica del 25 novembre 2010 fissata per la trattazione del ricorso la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

I. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità sollevata dall’Amministrazione in relazione all’assenza di un attuale e concreto interesse ad agire in capo agli attuali ricorrenti e, dunque, della carenza della loro legittimazione attiva all’azione.

L’eccezione è infondata, posto che la distanza di circa trenta metri delle rispettive abitazioni dall’erigendo fabbricato è di per sé ragione sufficiente a giustificare, in relazione alla sussistenza del requisito della viciniorità, la proposizione del ricorso.

II.1. Con la prima censura le parti ricorrenti sostengono che il permesso di costruire gravato sia stato rilasciato in violazione del vigente P.R.G. sulla base delle seguenti argomentazioni:

1) vero è che il lotto di terreno interessato dall’intervento è localizzato dallo strumento urbanistico generale, attualmente vigente, in zona B 3 "zona esistente di completamento (residenziali urbane esistenti)", disciplinata dall’art. 20 delle N.N.T.T.A.A. che prevede, tra l’altro, i seguenti indici e parametri: IFF=5 mc./mq.; Rfc=70% e Hmax=14,20;

2) tuttavia, l’area de qua risulta ricompresa nell’originario Piano di lottizzazione convenzionato "B & D", approvato nella vigenza del precedente P. di F. con deliberazione di G.R. n. 1441 del 23 febbraio 1981 sulla base del quale sarebbe realizzabile una volumetria sensibilmente inferiore (IFF: 1,5 mc./mq) rispetto a quella attualmente ammissibile ed esclusivamente con lo sviluppo delle sagome e degli ingombri ivi previsti.

3) inoltre, non solo l’area sarebbe già interessata da un edificio di proprietà dei danti causa dell’attuale controinteressato, R., non considerato nel calcolo delle volumetrie, ma la convenzione, come novellata il 19 gennaio 1990, avrebbe in seguito reso l’area residua totalmente inedificabile;

4) tale Piano di Lottizzazione è stato recepito integralmente ed incondizionatamente, ai sensi dell’art. 1 delle relative NN.TT.AA, dall’attuale P.R.G. ed è, pertanto, tuttora valido ed efficace. Dispone, in particolare, l’art. 1, citato: "Le presenti disposizioni e le normative del P.R.G. superano ed annullano le precedenti indicazioni del P. di F. e delle relative varianti e Piani quadro che risultino in contrasto con esse; sono tuttavia fatte salve le previsioni dei piani lottizzativi le concessioni già rilasciate e i progetti di opere pubbliche già approvati".

II.2. Ne consegue, sempre secondo i ricorrenti, che le disposizioni dettate per le zone B si riferiscono solo alle ipotesi in cui la specifica area di intervento non sia già contemplata in un Piano di Lottizzazione approvato, nel qual caso trovano, invece, applicazione le previsioni di quest’ultimo. Nella specie, quindi, alla stregua del suddetto P. di L. non era possibile assentire la volumetria di mc. 3.573,59, autorizzato con il titolo gravato, residuando, invece, una volumetria complessiva di soli mc. 1.991,24, né sarebbe stato possibile approvare la relativa specifica soluzione progettuale.

II.3. Tantomeno, le medesime parti ritengono giustificabile tale incremento volumetrico in applicazione delle disposizioni contenute nella deliberazione di C.C. n. 34 del 9 giugno 2004, concernente l’"adeguamento dei PdL vigenti al PRG", richiamata dal progettista del controinteressato nella nota di chiarimento all’U.T.C. del 1 luglio 2010 (prot. 18107), incidentalmente impugnata. Tale determina comunale, in particolare, stabilisce che la salvaguardia delle previsioni dei piani lottizzativi già approvati, prevista dall’art. 1 delle citate NN.TT.AA. si applica per i soli piani per i quali sono fissati, in base alle precedenti norme del PdF, indici quantitativi maggiori rispetto alle previsioni del vigente P.R.G., potendosi, negli altri casi, applicare le sopravvenute norme del P.R.G. che contemplano incrementi volumetrici. Tale determinazione prescrive, però, che al fine di beneficiare delle maggiori quantità edificatorie sia necessario operare un adeguamento delle quantità a standards originariamente previste attraverso l’approvazione di una specifica variante al PdL.

II.4. Ora, nel caso di specie, non solo non sarebbe stata attivata alcuna variante all’originario PdL "B & D" ma la stessa delibera sarebbe illegittima in quanto avrebbe comportato essa stessa una variante al P.R.G. già approvato, incidendo sul carico insediativo e sulla dotazione generale a standards, in violazione dell’art. 16 della l.r. n. 56/1980 che disciplina il relativo procedimento di adozione, culminante nella definitiva approvazione della Giunta Regionale.

III. Tale prospettazione è infondata.

III. 1. Invero, circa gli effetti dell’adozione e dell’approvazione di un nuovo piano regolatore nei confronti dei piani di lottizzazione già approvati, la giurisprudenza assume due diversi indirizzi.

III.1.1. Secondo un indirizzo minoritario (Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2007 n. 6170), "i rapporti tra piano di lottizzazione e P.R.G. sopravvenuto sono disciplinati dall’art. 17, primo comma, della legge n. 1150 del 1942, per il quale, "decorso il termine stabilito per l’esecuzione del piano particolareggiato, questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso".

Da tale norma sarebbe, poi, possibile desumere "un ulteriore principio riguardante il caso in cui le previsioni di un sopravvenuto piano regolatore generale vadano a "sovrapporsi" su quelle del precedente piano attuativo. L’Autorità urbanistica può modificare le specifiche prescrizioni dello strumento attuativo, in base a una motivata valutazione dello stato dei luoghi e delle posizioni venutesi a consolidare e su cui si va ad incidere. Se tale modifica è effettuata con una variante speciale, nulla quaestio: prevalgono le prescrizioni disposte con la variante al piano regolatore, approvata proprio per incidere su quelle desumibili dallo strumento attuativo. Nel caso di approvazione di una variante generale al piano regolatore generale, o vi è un espresso e specifico richiamo alle prescrizioni del precedente strumento attuativo su cui si intenda incidere, oppure – in assenza di tale richiamo – tale approvazione è irrilevante per la perdurante efficacia delle prescrizioni del piano attuativo. Sotto tale aspetto, va rimarcato che il piano regolatore generale – nel riferirsi in senso dinamico alle parti del territorio da pianificare in dettaglio – di per sé non incide sulle previsioni del precedente strumento attuativo (anche se non più eseguibile per il decorso del tempo), poiché quest’ultimo ha stabilmente determinato l’assetto definitivo e di dettaglio della parte del territorio in considerazione. Pertanto, anche per la localizzazione degli edifici, le prescrizioni del piano esecutivo (malgrado la scadenza del termine decennale) continuano ad essere rilevanti per coloro che – non avendo ancora realizzato le costruzioni – intendano tardivamente chiedere il titolo abilitativo (nel vigore dello strumento urbanistico sopravvenuto, ove questo ugualmente consenta la nuova costruzione)".

III.1.2. Il Collegio ritiene, tuttavia, di aderire all’orientamento prevalente, che, invece, "attribuisce al piano regolatore sopravvenuto contrastante con la convenzione di lottizzazione natura di provvedimento di secondo grado, con cui l’amministrazione manifesta, anche non esplicitamente, l’intenzione di recedere dalla precedente convenzione di lottizzazione (ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 173, secondo il quale "una variante al piano regolatore che muti la destinazione di parti di aree interessate da una lottizzazione equivale ad una revoca unilaterale della convenzione")…. (Pertanto) "la nuova pianificazione generale dell’area in contrasto totale o parziale con la lottizzazione precedente comporta la revoca implicita della convenzione di lottizzazione, con la conseguenza che il titolo edilizio rilasciato dopo l’adozione del nuovo piano ed in contrasto con le nuove previsioni urbanistiche è illegittimo" (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 07 luglio 2008, n. 2882).

III.2. Ai fini della esatta soluzione delle questioni riguardanti la controversia in esame, è infatti, indispensabile, svolgere alcune brevi osservazioni sulla funzione e sul contenuto del piano regolatore generale.

"Il piano regolatore generale è notoriamente lo strumento, di carattere programmatico, attraverso cui l’ente locale provvede alla corretta gestione e alla proficua utilizzazione del intero territorio. A tal fine, com’è noto, esso è costituito da una serie di previsioni e di prescrizioni, alcune di natura normativo – regolamentari (come quelle contenute nelle norme tecniche di attuazione ovvero quelle concernenti la determinazione delle tipologie e degli standards urbanistici) e altre di natura provvedimentale (quali le localizzazioni di opere pubbliche, le zonizzazioni, la imposizione di vincoli di inedificabilità per motivi storici, ambientali o paesaggistici, il tracciato delle strade e l’individuazione degli spazi pubblici), tutte improntate ad una unitaria considerazione e gestione del territorio, al fine non tanto e non solo di regolarne l’assetto esistente, ma anche di delinearne e assecondarne l’ordinato sviluppo urbanistico in modo adeguato e coerente con gli interessi della collettività stanziata in un determinato territorio. A ciò consegue, innanzitutto, che la disciplina urbanistica in esso contenuta è destinata a svolgere i suoi effetti, ordinatori e conformativi, esclusivamente con riferimento al futuro: in tal senso lo strumento urbanistico non può limitarsi a prendere atto delle situazioni di fatto esistenti sul territorio, ponendosi come obiettivo soltanto la loro regolazione, pena il tradimento della sua stessa funzione" (Consiglio di stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2827).

III.3. Conseguentemente, per quel che concerne i rapporti tra limitazioni imposte con convenzione di lottizzazione e le successive modifiche introdotte con lo strumento urbanistico, la giurisprudenza amministrativa prevalente ritiene che "le convenzioni urbanistiche debbono sempre considerarsi rebus sic stantibus, e che legittimamente l’Amministrazione, in presenza di un interesse pubblico sopravvenuto, ha la facoltà di introdurre nuove previsioni, non sussistendo, in presenza di diverse esigenze, preclusioni a nuovi interventi, atteso che lo ius variandi relativo alle prescrizioni di piano regolatore generale include anche uno ius poenitendi relativo a vincoli precedentemente assunti, rispetto ai quali il Comune non può ritenersi permanentemente vincolato in ragione della presenza di una convenzione di lottizzazione. Una volta realizzate le previsioni contenute nella predetta convenzione e cessati i suoi effetti, il Comune… torna a essere investito nella sua interezza della potestà di disciplinare l’uso e la destinazione del territorio secondo le regole stabilite dalla normativa in materia.

A fronte, infatti, di una diversa regolamentazione dell’attività edilizia nella zona compresa nel piano di lottizzazione, con contestuale ampliamento delle possibilità edificatorie dei lotti, non pare più invocabile, quale paradigma di assentibilità di un intervento edilizio, una previsione della convenzione pattuita… sulla base di una disciplina urbanistica generale diversa….

Sotto un profilo generale, si deve ribadire quanto già in precedenza osservato circa la prevalenza delle nuove previsioni urbanistiche sulle pattuizioni negoziali contenute in convenzioni urbanistiche allorché, come avvenuto nel caso in esame, il comune decida, con scelte che attengono al merito dell’azione amministrativa, di prescrivere nuovi indici edilizi in ordine alla volumetria assentibile sulle singole aree non edificate nonché nuove modalità di rilascio dei relativi titoli edilizi" (Consiglio Stato, sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3766).

III.3.1. Né, d’altro canto, i ricorrenti hanno tempestivamente impugnato, nella parte qua, lo strumento urbanistico generale sopravvenuto, presuntivamente lesivo dei propri interessi, tanto da auspicare la riviviscenza del precedente Piano di Fabbricazione e dell’annesso Piano di Lottizzazione convenzionata attraverso una reinterpretazione dell’art. 1 delle NN.TT.AA..

III. 4. Alle medesime conclusioni si perviene se si considera che la convenzione di lottizzazione ha natura di accordo sostitutivo del provvedimento, dal quale l’amministrazione, nell’esercizio della facoltà accordatale dall’art. 11, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, è autorizzata a sciogliersi per sopravvenuti motivi di pubblico interesse (quali, nella fattispecie, diverse esigenze pianificatorie) ed a regolare unilateralmente ed autoritativamente i rapporti e le attività oggetto della convenzione (TAR Lombardia – Sezione II, 29 novembre 2007, n. 6519).

III.5. Nel delineato quadro sistematico di successione temporale degli strumenti di pianificazione, va, allora, inserito il disposto dell’art. 1 delle N.N.T.T.A., invocato dai ricorrenti, onde pervenire alla sua esatta interpretazione. Se la nuova pianificazione generale di un’area in contrasto totale o parziale con la lottizzazione precedente comporta la revoca implicita della convenzione di lottizzazione, ne consegue che, come correttamente chiarito dalla delibera n. 34/2004, la clausola di "salvezza" introdotta dal citato art. 1 vale per i soli piani di lottizzazione pregressi per i quali sono stati fissati, in base alle precedenti norme del PdF, indici quantitativi maggiori rispetto alle previsioni del vigente P.R.G.. Negli altri casi, pur in presenza di pregresse lottizzazioni convenzionate, possono applicarsi le sopravvenute e vigenti norme del P.R.G. di maggiore favore che contemplano, cioè, incrementi volumetrici, salvo verifica del rispetto degli standards urbanizzativi. In altri termini, una implementazione edificativa può essere consentita purché vi sia il reperimento di standards urbanistici ulteriori ovvero si accerti la sufficienza di quelli anteriormente previsti.

III.5.1. Ora, nel caso di specie, l’area investita dall’intervento edilizio contestato è stata tipizzata come B3 ("aree urbane quasi completamente edificate e dotate di opere di urbanizzazione") ove sono ammessi nuovi interventi edilizi diretti senza necessità dell’adozione di uno strumento urbanistico attuativo (art. 20 N.N.T.T.A.A.). Come tale, essa è stata evidentemente stralciata dalla tipizzazione C 2, comprendente "zone residenziali di espansione urbana", in cui, invece, l’edificazione è subordinata allo strumento urbanistico particolareggiato (PP o PdL) (art. 21 N.N.T.T.A.A), quindi, con implicito recepimento, previa indicazione dei rispettivi indici di fabbricabilità, di quelli già presenti quali, nella parte de qua, il PdL "B&D". Come precisato dalla stessa Amministrazione comunale nella relazione tecnica del 27 settembre 2010, in riferimento all’ordinanza istruttoria n. 146/2010, "anteriormente all’entrata in vigore del citato PRG attualmente vigente l’area in argomento era stata ricompresa nel perimetro del Piano di Lottizzazione denominato "B&D e altri (D. & B. e altri)", approvato nel 1982; sussistendo su tali aree fabbricati preesistenti allo stesso Piano, in sede di approvazione del PRG l’area di che trattasi fu stralciata dal perimetro del PdL "B&D e altri" per essere tipizzata B3. La volumetria dello stesso PdL fu ridotta a circa 45.000 mc, a fronte degli iniziali 57.000 circa, previa verifica degli standards urbanistici".

III.5.2. Quanto al rispetto degli standards urbanistici, il dirigente comunale ha attestato, in particolare, che l’edificio in corso di costruzione, pur esprimendo una volumetria maggiore rispetto a quanto previsto dal PdL "B&D", rispetta pienamente gli standards urbanistici, sia se si voglia fare riferimento a quelli previsti dal P.R.G. a servizio della complessiva zona B3, sia se si faccia riferimento agli standards esistenti per la più ridotta superficie del P.d.L. citato. Quanto al primo profilo, di interesse ai fini della presente decisione, "essendo l’area oggetto di attenzione tipizzata dall’attuale strumento urbanistico vigente in zona B.3 (superficie mq. 726 – volumetria consentita mc. 3630 – volumetria autorizzata mc. 3.573) ed essendo stata la stessa conteggiata nel totale della edificabilità residua di 70.000 mc. gli standards per detta area sono garantiti all’interno della previsione… di mq. 271.000 già sopra dettagliati", reperiti, cioè, "al di fuori delle zone perimetrate come C1 e C2 ma all’intorno della zona B 3".

III.5.3. Ciò premesso e dati per assodati la prevalenza delle nuove prescrizioni di piano e il rispetto dagli standards urbanistici, nel modo anzidetto, dirimente, restano assorbite le ulteriori censure relative alla mancata correttezza del calcolo operato dal progettista al fine di dimostrare il reperimento degli standards urbanistici, della difformità delle sagome e della superficie del fabbricato rispetto a quanto riportato nelle tavole del PdL per il lotto di riferimento e del mancato rispetto della convenzione di inedificabilità del 1990, non più vincolanti.

IV. Con motivi aggiunti i ricorrenti, in via subordinata, deducono che, anche a volere ritenere il terreno utilizzato dal controinteressato edificabile come zona B3, il permesso edilizio rilasciato sarebbe comunque illegittimo in quanto non avrebbe rispettato l’indice fondiario di 5 mc./mq. A supporto di tale censura i medesimi sostengono che, tenendo conto della volumetria edificata dai danti causa del R., controinteressato, sul suolo restato in loro proprietà, l’area acquistata avrebbe potuto esprimere una volumetria massima di mc. 2.996, inferiore rispetto a quella assentita (mc. 3573,59).

Tali motivi sono infondati.

IV.1. Il Collegio non condivide le modalità di calcolo della volumetria residua atteso che la censura ignora sia la disciplina urbanistica conseguente alla tipizzazione dell’intera area come B 3 – che prevede, appunto, un indice di fabbricabilità di 5 mc./mq -, che il contenuto dell’atto di permuta del 2010 tra l’attuale controinteressato, R., e i suoi danti causa, Petrelli.

IV.2. A questo proposito, va osservato, secondo il pacifico orientamento del Consiglio di Stato, che, "in virtù del carattere "unitario" dell’originario lotto interamente asservito alla precedente costruzione, non possono non computarsi le volumetrie realizzate sul lotto urbanistico originario (considerato complessivamente), il quale è l’unico ad aver acquisito (e mantenuto) una "propria" potenzialità edificatoria; conseguentemente la verifica dell’edificabilità della parte del lotto rimasta inedificato e la quantificazione della volumetria su di essa realizzabile non può che derivare, per sottrazione, dalla predetta potenzialità (computata alla luce della densità edilizia consentita dalla normativa urbanistica vigente al momento del rilascio delle concessioni di cui si controverte), diminuita della volumetria dei fabbricati già realizzati sull’unica, complessiva, area" (Consiglio Stato, sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3766).

IV.3. Secondo l’indice fondiario 5mc./mq. la superficie fondiaria originaria complessiva, di proprietà dei PetrelliGiannatelli, era di mq. 1366, pertanto, la volumetria complessiva esprimibile da tale lotto era di mc. 6830. Ora, a fronte di tale volumetria, esprimibile dal lotto unitario, sono stati utilizzati dai danti causa del controinteressato circa mc. 1185,75, sicché complessivamente residua un volumetria sicuramente superiore (mc. 5644,25) a quella autorizzata (mc. 3573,59). Valutazione che non muta pur tendo conto della ripartizione proporzionale della volumetria tra i singoli lotti derivanti dalla suddivisione intervenuta con l’atto di permuta del 2010. Le parti hanno, infatti, convenuto: "All’uopo si precisa che la restante zona di suolo di circa metri quadrati seicento trenta (630) catastali con insistente fabbricato facente parte della maggiore consistenza dell’originaria particella 1520 viene completamente esclusa dalla presente permuta, restando salvo l’utilizzo della ulteriore volumetria che detta zona esprime. A tal uopo i germani Petrelli, nell’ipotesi di sopraelevazioni, potranno…".

Pertanto, dato il suddetto indice fondiario di 5mc./mq., mentre la superficie rimasta in proprietà dei Petrelli a seguito della suddetta permuta, di circa mq. 634, esprime una volumetria massima residua di mc. 3170 (dei quali utilizzati sono solo circa mc. 1185,75), la superficie fondiaria ceduta a R., di circa mq. 732,00, esprime una volumetria massima residua di mc. 3660 (maggiore dei mc. 3573,59 autorizzati), fermo restando il totale della volumetria assentibile per il lotto originario, unitariamente inteso (mc. 6830).

V. Con la quarta censura i ricorrenti deducono l’illegittimità della deliberazione di G.C. n. 59 del 25 febbraio 2010.

La censura è priva di pregio.

V.1. Con tale delibera la Giunta Municipale si è limitata a prendere atto che all’edificio oggetto del titolo contestato si abbia accesso pedonale da una area rientrante nel sistema della viabilità pubblica e destinata, in particolare, nel PRG vigente, a parcheggio.

V.2. Considerato che il transito pedonale è interno all’uso generale cui la medesima area è soggetta e nel quale rientra già il transito veicolare, non vi è, conseguentemente, alcuna concessione all’esercizio di ulteriori diritti, ad uso privato, su area demaniale né tantomeno una sua indebita sdemanializzazione.

VI. Con il quinto motivo i ricorrenti sostengono che la realizzazione, sul terrazzo di copertura, di due vani oltre al torrino di copertura del vano scala, aventi altezza interna di m. 2,40 ed una superficie complessiva di mq. 70,35 non sarebbe caratterizzata dal rapporto di strumentalità necessaria proprio dei vani tecnici, tanto che i germani Petrelli, danti causa, se ne sarebbero ingiustificatamente riservata la proprietà. Conseguentemente, gli stessi andrebbero valutati ai fini della volumetria.

La doglianza è infondata.

VI.1. Premesso che i danti causa, oltre ai suddetti vani, hanno acquisito, con l’atto di permuta del 10 maggio 2010, anche la futura proprietà di due appartamenti al terzo piano e due locali garages al piano seminterrato, è configurabile il rapporto pertinenziale e di stretta strumentalità contestato con riferimento a tali ultimi immobili. Inoltre, l’altezza interna di m. 2,40 non ne consente comunque, allo stato, un uso abitativo, essendo necessaria una altezza minima di m. 2,70.

La censura è pertanto non solo generica ma priva dei necessari caratteri di concretezza ed attualità e, come tale, insindacabile.

VII. In conclusione, alla stregua delle considerazioni sopra esposte, il ricorso deve essere respinto.

VIII. In considerazione della complessità e peculiarità delle questioni affrontate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese e competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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