Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-01-2011) 19-01-2011, n. 1440 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 23 settembre 2009, la Corte di appello di Perugia dichiarava la sussistenza delle condizioni per l’estradizione di F.M. richiesta dalle autorità rumene, in relazione alla sentenza irrevocabile di condanna alla pena di anni tre di reclusione per il reato di truffa commesso nel (OMISSIS).

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la F. congiuntamente al suo difensore, deducendo:

– la violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 7, comma 1, e carenza di motivazione in ordine al requisito della doppia punibilità. La condotta addebitata alla estradanda non corrisponderebbe ad alcuna fattispecie penale tipica prevista dall’ordinamento italiano.

– la violazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 19, comma 1, lett. a), in relazione all’omesso riconoscimento della garanzia della "consegna condizionata", che ove concesso non consentirebbe la celebrazione di un nuovo processo perchè il reato risulterebbe prescritto per entrambi gli ordinamenti.

Con memoria depositata il 7 gennaio 2010, l’interessata congiuntamente al difensore ha chiesto di poter eseguire in Italia la pena infintale dalle autorità rumene, invocando i principi fissati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 227 del 2010. Ha rappresentato a tal riguardo di vivere in Italia dal (OMISSIS) con la figlia A. e di lavorare stabilmente in (OMISSIS), come dipendente di una società.

All’udienza del 10 gennaio 2010, il difensore ha depositato fotocopia di un tesserino rilasciato dal Parlamento rumeno ed intestato a " F.M., Vicepresidente", chiedendo accertamenti istruttori circa la funzione svolta dalla estradanda all’epoca dei fatti e l’esistenza nell’ordinamento rumeno di un’eventuale immunità penale per i membri del Parlamento nazionale.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato.

Va preliminarmente evidenziato che nel ricorso si invocano disposizioni normative ed istituti propri della procedura del mandato di arresto europeo, mentre nel caso in esame si è in presenza di una consegna estradizionale, se pur avviata a seguito di un mandato di arresto europeo (si tratta invero di reato commesso prima del (OMISSIS), cfr. L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 40).

Ciò premesso, va qui ribadito, quanto al dedotto difetto del requisito della doppia incriminabilità, richiesto anche ai fini della concessione dell’estradizione per l’estero, dall’art. 13 c.p., comma 2 e, nel caso in esame, dall’art. 2 della Convenzione europea di estradizione, che è sufficiente ad integrare tale presupposto di legittimità dell’estradizione che il "fatto" per il quale è domandata la consegna sia previsto come reato da entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l’eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per la configurazione del reato.

Venendo la caso in esame, dalla sentenza di condanna in atti si evince che il (OMISSIS) il correo D.C. si era presentato ai rappresentanti di una ditta che commercializzava pneumatici sotto la falsa identità di delegato di una società e, avvalendosi di atti falsi, aveva acquistato una partita di copertoni.

Successivamente, la ditta venditrice apprendeva dall’istituto bancario presso il quale aveva presentato all’incasso il titolo consegnato in pagamento che il conto della società era stato chiuso un mese prima e che la firma apposta sull’ordine era diversa dallo specimen depositato, come diversi erano i caratteri del documento rispetto a quelli di solito usati dall’amministratore del conto. Le autorità giudiziarie rumene ritenevano all’esito del processo che gli imputati, tra i quali la F., si fossero accordati per mettere a punto la truffa e per poi smerciare i pneumatici.

In particolare, la F. si era occupata del trasporto della merce.

Il fatto così come ritenuto dalle autorità giudiziarie rumene appare pertanto correttamente inquadrato dalla sentenza impugnata nella fattispecie prevista dall’art. 640 c.p.. Trattandosi di titolo estradizionale, costituito da una sentenza definitiva di condanna, non spetta all’autorità giudiziaria italiana valutare il compendio probatorio sul quale è stata fondata la penale responsabilità della F. e quindi quale sia stato l’effettivo contributo partecipativo di costei nella complessiva vicenda criminosa.

2. Destituita di giuridico fondamento, oltre che generica, è la seconda doglianza, con la quale si denuncia l’omessa applicazione del particolare regime di consegna, previsto per le sentenze contumaciali dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 19, comma 1, lett. a), sul mandato di arresto europeo.

Pur volendo far riferimento a quanto stabilito in tema di sentenze emesse in absentia dalla Convenzione europea di estradizione del 1957 e dai relativi protocolli aggiuntivi, assorbente è il rilievo che il ricorso difetta di specificità, non indicando quali violazioni dei diritti della difesa sarebbero state compiute nel corso del processo celebrato in Romania, che giustificherebbero la prevista garanzia del "retrial". Dalle sentenze trasmesse dalle autorità rumene si evince al contrario che la F. ha avuto la possibilità di esercitare i diritti di difesa, appellando una prima volta nel 2002 la sentenza di primo grado, ottenendo così un nuovo giudizio sulla causa, e poi una seconda volta nel 2004. Risulta infine che avverso la sentenza di secondo grado la F. ha proposto ricorso per Cassazione.

Pertanto, non versandosi nell’ipotesi di processo in absentia, così come definito dall’art. 111 del secondo Protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea, che può giustificare la garanzia del nuovo giudizio di merito, nessun rilevo ha la connessa censura sulla prescrizione del reato.

3. Priva di fondamento è anche la richiesta avanzata dalla F. di eseguire in Italia la pena inflittale con la sentenza posta a fondamento della domanda di consegna.

Indipendentemente dalla quaestio iuris circa l’applicabilità alla procedura di estradizione dei cittadini comunitari del particolare regime riservato ai cittadini e ai residenti dello Stato richiesto dalla normativa sul mandato di arresto europeo, deve rilevarsi che la ricorrente non ha allegato alla richiesta la documentazione comprovante l’esistenza di un suo radicamento reale e non estemporaneo in Italia, essendosi limitata ad esibire le copie della certificazioni di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 4, relative agli anni 2008-2009 da cui si evince che la stessa ha lavorato solo per brevi periodi – lungamente distanziati – a far data dal primo ottobre 2008.

Pertanto, non avendo la ricorrente dimostrato di aver istituito in Italia, con continuità temporale e sufficiente stabilità territoriale, la sede principale, anche se non esclusiva, dei propri interessi affettivi, professionali od economici, non può trovare applicazione quella nozione di residenza che potrebbe giustificare la rilevanza della questione.

4. Inammissibile appare infine la richiesta di accertamenti istruttori circa la funzione svolta dalla F. all’epoca dei fatti, in quanto avanzata per la prima volta solo in questa sede.

In ogni caso, a riprova dell’infondatezza dell’assunto appare dirimente il rilievo che nessuna immunità è stata riconosciuta alla F. (ma neppure allegata dalla difesa) nel corso del processo svoltosi in Romania.

5. Sulla base delle ragioni esposte, il ricorso deve essere rigettato e condannata la ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. c.p.p..

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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