T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, Sent., 14-01-2011, n. 29 Energia elettrica; Regioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Espone la ricorrente, operatore nazionale nel settore della progettazione, costruzione e gestione di impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile compresa quella eolica, di avere in corso lo sviluppo di iniziative eoliche in Sardegna tra le quali:

1) il Progetto del parco eolico di Suni in Provincia di Oristano;

2) il progetto del parco eolico di Bitti in provincia di Nuoro;

3) il progetto del Parco eolico di Siamaggiore in Provincia di Oristano.

La Regione Sardegna con la delibera della Giunta regionale 10/3 del 12.03.2010 ha sostanzialmente bloccato le iniziative di RGP in Sardegna ed in particolare l’iniziativa del progetto di parco Eolico in Suni.

Avverso gli atti indicati in epigrafe insorge, quindi, deducendo articolate censure riconducibili ad un unico motivo in diritto:

1) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 del PPR, dell’art. 18 della L.R. 2/2007, della delibera G.R. 28/56 e dell’art. 6 della L.R. 3/2009, violazione dell’art. 3 della L. 241 del 1990, eccesso di potere per irragionevolezza, violazione del vincolo di proporzionalità, violazione dell’art. 1 del d.lgs. 79/1999, degli artt. 41, 43, 97 e 3 Costituzione, violazione degli artt. 54, 56 e 66 del Trattato UE, violazione e falsa applicazione dell’art. 12 d.lgs. 387 del 2003.

Conclude per l’accoglimento del ricorso con conseguente annullamento degli atti impugnati previa concessione di idonea misura cautelare.

Si è costituita la Regione Sardegna contestando puntualmente le argomentazioni della ricorrente e chiedendo il rigetto del ricorso.

In data 3.09.2010 la ricorrente ha depositato atto di motivi aggiunti per l’annullamento:

della nota del 16.7.2010, prot. 16766, con la quale il Direttore del Servizio sostenibilità ambientale, valutazione impatti e sistemi informativi ambientali ha comunicato che, in attuazione della Deliberazione della Giunta della Regione Autonoma della Sardegna n. 25/40 del 1.7.2010, è interrotto, dichiarato improcedibile e conseguentemente archiviato il procedimento di VIA del parco eolico costituito da diciotto generatori della potenza, ognuno, di 2 MW, da realizzare nel comune di Suni;

della Deliberazione della Giunta della Regione Autonoma della Sardegna n. 25/40 del 1.7.2010 nella parte in cui prevede che i procedimenti di VIA di impianti eolici non ancora conclusi alla data del 12 marzo 2010 del. 103/3 devono essere interrotti, dichiarati improcedibili e archiviati e riapprova il testo delle linee guida del procedimento di autorizzazione unica per l’istallazione di impianti per la procedura di energia da fonti rinnovabili allegate alla Del. G.R. 10/3.

In data 1.10.2010 la Regione Sardegna ha depositato memoria difensiva.

Alla udienza pubblica del 13.10.2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

I. Viene all’esame del Collegio la controversia proposta da R.G.P. per l’annullamento:

– a) con il ricorso introduttivo del giudizio

– a1) della Deliberazione della Giunta della Regione Autonoma della Sardegna n. 10/3 del 12.3.2010 di "Applicazione della L.R. n. 3/2009, art. 6, comma 3 in materia di procedure autorizzative per la realizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. Atto di indirizzo e linee guida", compreso l’allegato;

– a2) della Deliberazione della Giunta della Regione Autonoma della Sardegna n. 10/1 del 12.3.2010, di approvazione del disegno di legge sulla "Costituzione della Società S.E. SPA";

– b) con i motivi aggiunti:

– b1) della nota del 16.7.2010, prot. 16766, con la quale il Direttore del Servizio sostenibilità ambientale, valutazione impatti e sistemi informativi ambientali ha comunicato che, in attuazione della Deliberazione della Giunta della Regione Autonoma della Sardegna n. 25/40 del 1.7.2010, è interrotto, dichiarato improcedibile e conseguentemente archiviato il procedimento di VIA del parco eolico costituito da diciotto generatori della potenza, ognuno, di 2 MW, da realizzare nel comune di Suni;

– b2) della Deliberazione della Giunta della Regione Autonoma della Sardegna n. 25/40 del 1.7.2010 nella parte in cui prevede che i procedimenti di VIA di impianti eolici non ancora conclusi alla data del 12 marzo 2010 del. 10/3 devono essere interrotti, dichiarati improcedibili e archiviati e riapprova il testo delle linee guida del procedimento di autorizzazione unica per l’istallazione di impianti per la procedura di energia da fonti rinnovabili allegate alla Del. G.R. 10/3.

II. Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla difesa della Regione autonoma della Sardegna.

In particolare la Regione eccepisce la carenza di interesse al ricorso attesa la mancanza di un atto applicativo della impugnata delibera 10/3.

Inoltre, la Regione asserisce che il ricorso sarebbe inammissibile in quanto la delibera 10/3 non sarebbe autonomamente lesiva e la ricorrente avrebbe dovuto denunciare l’inerzia dell’Amministrazione (che, rispetto al progetto del parco eolico di Suni, non ha rispettato il termine di 180 giorni per la conclusione del procedimento di cui all’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003) mediante un autonomo e preventivo procedimento giurisdizionale volto a far accertare l’illegittimità del silenzio fino ad allora serbato sulla domanda.

Le eccezioni sono infondate.

La delibera 10/3 è, con tutta evidenza, immediatamente ed autonomamente lesiva.

Essa laddove dispone in particolare:

o di limitare l’installazione di impianti nel territorio regionale, in quanto fortemente impattanti sotto l’aspetto paesaggistico – ambientale, ai soli impianti destinati a soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda (autoproduzione e autoconsumo) e di riservare alla Regione autonoma della Sardegna la partecipazione al processo produttivo di tale energia attraverso enti strumentali o societari a capitale interamente pubblico;

o di rendere procedibili solo le istanze per le quali sia stata conclusa positivamente la valutazione di impatto ambientale antecedentemente all’adozione della presente deliberazione, nel rispetto comunque di tutte le norme vigenti in materia,

perviene al chiaro risultato di bloccare indistintamente sia i procedimenti autorizzativi in corso (per cui non sia stata conclusa positivamente la valutazione di impatto ambientale) sia i procedimenti futuri. La piena ed immediata lesività della delibera non può essere revocata in dubbio.

Tali eccezioni sono, quindi, infondate.

E’ invece fondata l’eccezione volta a far rilevare la carenza di interesse della censura di illegittimità della previsione che esclude la realizzazione degli impianti nelle aree agricole.

E’ la stessa ricorrente ad affermare che i parchi progettati ricadono in zona industriale e, in sostanza, a riconoscere la carenza di un interesse attuale sul punto.

Va poi rilevato, in relazione alla impugnazione della delibera 10/1,che l’adozione dello schema di disegno di legge concernente la "Costituzione della Società S.E. s.p.a." da parte della Giunta Regionale costituisce una fase legislativamente regolata del processo di formazione della legge regionale. La stessa, in quanto espressione di esercizio della potestà legislativa dell’Ente Regione, è sottratta al sindacato giurisdizionale.

Il soggetto interessato, in casi come quello all’attenzione, non ha azione giurisdizionale diretta per far valere gli eventuali vizi degli atti concorrenti al procedimento formativo della legge, vizi che – se sussistenti – possono tradursi in vizi dell’atto conclusivo del procedimento stesso, e cioè della legge regionale.

Agli interessati, pertanto, è consentito ricorrere, secondo l’ordinario riparto della giurisdizione, contro gli atti amministrativi emessi dall’organo locale in attuazione della legge regionale, non contro il disegno di legge.

Il ricorso è, in definitiva, inammissibile nella parte in cui è rivolto a censurare la legittimità della delibera 10/1.

III. Esso deve, a questo punto, essere esaminato nel merito.

Una sintesi delle censure della ricorrente è necessaria ai fini della risoluzione della controversia.

La ricorrente contesta quanto segue:

che le previsioni di cui alla delibera 10/3 oggetto di impugnazione sarebbero illegittime:

se intese quali norme funzionali ad assicurare il corretto inserimento degli impianti eolici nel paesaggio e nell’ambiente;

se intese quali norme funzionali a introdurre un regime di riserva regionale dell’attività di produzione di energia da fonte eolica.

Tali previsioni, se considerate norme di tutela dell’ambiente e del paesaggio, si porrebbero in contrasto non soltanto con la normativa statale di riferimento, ma anche con le norme regionali che per assicurare un corretto inserimento degli impianti eolici nel territorio regionale, prevedono criteri oggettivi per l’individuazione dei progetti compatibili con il paesaggio e l’ambiente.

La delibera 10/3, a dire della ricorrente prevede un illegittimo criterio soggettivo di individuazione dei progetti eolici compatibili con il paesaggio e l’ambiente con riferimento alla natura pubblica del proponente o alla destinazione dell’energia prodotta (autoconsumo).

Si tratta, sempre a dire della ricorrente, di regole illogiche ed in contrasto con:

l’art. 112 del PPR il quale prevede che le iniziative eoliche possono essere realizzate (quindi indifferentemente ad iniziativa di soggetti privati o di soggetti pubblici) in aree individuate dalla Regione mediante uno studio specifico in relazione al loro "basso valore paesaggistico";

l’art. 12 della L.R. 2/2007, il quale prevede che "in base alle indicazioni del Piano paesaggistico regionale la realizzazione di nuovi impianti eolici è consentita nelle aree industriali, retroindustriali e limitrofe, anche se ricadenti negli ambiti di paesaggio costieri oltre la fascia dei 300 metri, o in aree già compromesse dal punto di vista ambientale, da individuarsi puntualmente nello studio specifico di cui all’art. 112 delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale;

la delibera G.R. 28/56 che individua le aree deputate alla realizzazione di impianti eolici;

l’art. 6 comma 6 della L.R. 3/2009.

La delibera 10/3 sarebbe in particolare illogica. La Regione infatti, da un lato ritiene gli impianti fortemente impattanti dal punto di vista ambientale e paesaggistico e ne blocca i procedimenti autorizzativi, dall’altro decide di realizzarli essa stessa per il tramite di una società.

Le censurate previsioni della deliberazione 10/3 si porrebbero poi in contrasto anche con le norme statali di riferimento ed in particolare con l’art. 12 comma 10 del d.lgs. 387 del 2003.

La delibera sarebbe poi intrinsecamente contraddittoria in quanto con una norma asseritamente di tutela del paesaggio e dell’ambiente, la Regione ha introdotto un regime di riserva dell’attività di produzione di energia elettrica da fonte eolica che invece per la disciplina statale e comunitaria costituisce una libera attività d’impresa da esercitare sulla base di un’autorizzazione.

Sempre secondo la ricorrente, l’inibizione allo svolgimento dell’attività eolica si pone in contrasto:

1) con l’art. 1 comma 1 del d.lgs. 79/1999 che ha liberalizzato l’attività di produzione di energia elettrica;

2) con l’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003;

3) con l’art. 6 della direttiva 2001/77/CE;

4) con l’art. 41 della Costituzione;

5) con l’art. 43 della Costituzione;

6) con gli artt. 54, 56, 59 e 66 del Trattato UE.

Continua la ricorrente censurando la delibera 10/3 e segnatamente alcune previsioni della stessa che fissano alcuni criteri restrittivi rispetto all’autorizzazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

In particolare sarebbe illegittima la previsione secondo cui gli impianti eolici possono essere realizzati soltanto in aree industriali o retroindustriali con esclusione di quelle agricole. Tale previsione non è destinata a trovare applicazione nei procedimenti di autorizzazione dei parchi eolici progettati da RGP nei territori dei Comuni di Suni, Bitti e Siamoggiore in quanto i siti interessati ricadono tutti in area industriale.

Tuttavia, a dire della ricorrente, si tratta di una previsione idonea a limitare l’attività della società in quanto illegittimamente impedisce la realizzazione di iniziative eoliche su gran parte del territorio regionale, arrecando una grave lesione agli interessi della società.

Tale previsione sarebbe in contrasto con l’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 che consente espressamente la realizzazione degli impianti in area agricola e, in secondo luogo, rimette alla Conferenza Stato Regioni l’adozione delle linee guida per assicurare il corretto inserimento degli impianti eolici nel territorio regionale.

A dire della ricorrente, la norma in questione della delibera G.R. 10/3 trova una copertura nell’art. 18 della L.R. 2/2007 che contiene un’analoga previsione. Ne consegue che la ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 L.R. 2/2007 per violazione dell’art. 12 comma 7 e 10 del d.lgs. 387 del 2003 con riferimento all’art. 117 della Costituzione e all’art. 4 dello Statuto della Regione Sardegna.

Sarebbero poi illegittime le norme che riservano solo agli imprenditori agricoli lo svolgimento dell’attività di produzione di energia da fonti rinnovabili in aree a destinazione agricola.

Queste ultime censure, sono, come già rilevato dal Collegio, inammissibili per carenza di interesse posto che i parchi eolici progettati dalla ricorrente insistono in zona industriale.

Si può quindi passare all’esame delle censure non interessate dalla pronuncia di inammissibilità.

La delibera 10/3 parte dalla condivisibile esigenza di perseguire il fine della salvaguardia ambientale; essa però lo persegue per mezzo di un sostanziale blocco generalizzato di tutto il settore dell’energia eolica (tranne alcune eccezioni). Tale misura non è consentita nel nostro ordinamento. Non lo è in linea generale e non lo è in particolare nel modo qui concretamente realizzato.

Queste le ragioni.

Va anzitutto ricordato, pur nella diversità delle fattispecie considerate che la questione della cosiddetta "moratoria eolica" si era già posta all’attenzione, a seguito dell’adozione, nella Regione Puglia, della L.R. 11 agosto 2005, n. 9, recante "Moratoria per le procedure di valutazione d’impatto ambientale e per le procedure autorizzative in materia di impianti di energia eolica" (là si trattava di sospensione, qui, in sostanza, di vero e proprio arresto del settore in attesa della costituzione della società prevista dalla delibera G.R. 10/1 del 12.03.2010, là si trattava di disposizioni legislative, qui di una semplice delibera della Giunta regionale, in quel caso si trattava di un intervento disposto da una Regione a Statuto ordinario, in questo di misure disposte da una Regione ad autonomia speciale).

L’art. 1, comma 1, di tale normativa, prevedeva la sospensione, fino all’approvazione del Piano energetico ambientale regionale, di tutte le procedure autorizzatorie per la realizzazione di impianti eolici sul territorio, salvo talune specifiche esclusioni concernenti impianti per autoconsumo ovvero di piccola taglia.

La Corte costituzionale, chiamata alla verifica di legittimità del citato comma 1, ne aveva dichiarato l’incostituzionalità sotto il profilo della violazione dell’art. 12, comma 4, del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387, e, per tale via, dell’art. 117, comma 3, Costituzione (sentenza n. 364 del 2006).

La Consulta aveva puntualizzato come il settore dell’energia eolica fosse da ritenere afferente alla specifica materia della "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia", e, pertanto, ai sensi del comma 3 dell’art. 117 Cost., rientrasse nell’ambito della legislazione regionale concorrente, in relazione alla quale, lo Stato pone i "principi fondamentali della materia" e ciò al fine di garantire quella uniformità ed unitarietà di sistema che tali settori richiedono, stante la loro natura e la tipologia degli interessi coinvolti mentre le Regioni sono chiamate all’adozione della disciplina di dettaglio, nel rispetto dei principi quadro dettati dal legislatore nazionale.

Nel contesto suddetto, la Corte costituzionale aveva riconosciuto la valenza di principio fondamentale della materia eolica all’indicazione contenuta nel comma 4 dell’art. 12 del d.lgs. 29 dicembre n. 2003, n. 387, relativa al termine massimo di centottanta giorni per la conclusione del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e gestione di aerogeneratori.

Non è superfluo poi osservare che la cosiddetta "moratoria" eolica si pone anche in contrasto con i principi posti dalla disciplina comunitaria in materia; basti qui ricordare che la direttiva 27 settembre 2001, 2001/77/CE "direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità" ha individuato tra gli obiettivi che gli Stati membri sono chiamati a conseguire, in particolare, quelli di "ridurre gli ostacoli normativi all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili", nonché di "razionalizzare e accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo" come anche di "garantire che le norme siano oggettive, trasparenti e non discriminatorie e tengano pienamente conto delle particolarità delle varie tecnologie per le fonti energetiche rinnovabili".

Un blocco generalizzato nel settore eolico si pone poi in stridente contrasto con lo spirito di favor per gli impianti di tale tipologia che traspare, da un lato, dalla stessa direttiva CE cui il d.lgs. 387/2003 ha dato attuazione e, dall’altro, dagli accordi internazionali (così, il Protocollo di Kyoto) tesi alla valorizzazione e incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili.

L’art. 12 del d.lgs. 387/2003 identifica poi espressamente gli impianti eolici quali "di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti". Anche questa qualificazione collide palesemente con il blocco generalizzato del settore previsto dalla delibera 10/3.

Tutto quanto finora esposto sarebbe sufficiente ad argomentare l’accoglimento del ricorso.

Ma, data l’importanza della questione, non è superfluo ulteriormente puntualizzare alcuni principi di fondo dai quali l’Amministrazione non può discostarsi.

La Corte costituzionale è stata più volte chiamata a pronunciarsi sulla materia.

In particolare con la pronuncia n. 124 del 24 marzo 2010, che dichiara l’illegittimità costituzionale di numerose previsioni adottate dalla regione Calabria, la Corte è intervenuta nuovamente per rilevare il contrasto di una disciplina regionale con il d.lgs. n. 387 del 2003 volto alla promozione della produzione di elettricità da fonti rinnovabili.

Le censure mosse dalla Corte con la sentenza 124 sono riconducibili a due aspetti fondamentali: il contrasto con le esigenze di semplificazione amministrativa e l’introduzione di ingiustificate restrizioni all’accesso al mercato.

Con riferimento al primo aspetto, la pronuncia della Corte ha confermato che la previsione di un termine massimo di centottanta giorni per la conclusione del procedimento unico volto al rilascio di un’autorizzazione unica (delineato dall’art. 12, comma 4, del d.lgs. n. 387) costituisce un principio fondamentale della materia, in quanto ispirata alle regole della semplificazione e della celerità amministrativa (come già evidenziato con la sent. n. 364 del 2006, concernente la disciplina della regione Puglia degli impianti eolici, e la sentenza n. 282 del 2009, relativa alle previsioni della regione Molise in tema di impianti eolici e fotovoltaici). Viene, quindi, considerata incostituzionale sia la proroga della sospensione del rilascio dei titoli autorizzatori che porti al superamento di tale termine massimo, sia la proroga della sospensione della realizzazione degli impianti autorizzati.

La Corte individua, poi, numerose previsioni regionali suscettibili di tradursi in restrizioni dell’accesso al mercato. La Corte ricorda che la disciplina internazionale e comunitaria è informata ad un favor per lo sviluppo delle fonti rinnovabili prevedendo, a questo fine, anche percentuali specifiche di incremento.

Viene espressamente riconosciuta come contraria al "libero mercato" ed alla libera circolazione di servizi la disciplina regionale che definisce requisiti ingiustificati per i soggetti legittimati ad ottenere parte della potenza autorizzabile definendo una preferenza per il partenariato calabrese e imponendo di indirizzare una parte degli investimenti nel territorio regionale.

Non sfugge al Collegio la peculiarità del settore dell’energia eolica caratterizzato dalla compresenza di molteplici interessi, pubblici e privati, aventi tutti dignità costituzionale; da un lato la tutela del paesaggio, dall’altro la tutela dell’ambiente, della salute, dello sviluppo sostenibile e dell’iniziativa economica privata che si intendono perseguire mediante lo sfruttamento delle fonti di energia rinnovabili e non inquinanti quali anche l’energia eolica.

Ma non può d’altro canto sfuggire che il d.lgs. 387 del 2003 è stato varato in ossequio a precisi impegni internazionali e comunitari, ed è ispirato a principi di semplificazione e accelerazione delle procedure finalizzate alla realizzazione e gestione degli impianti di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili e, segnatamente, da fonte eolica. In particolare, l’art. 12, rende palese l’intento del legislatore di favorire le iniziative volte alla realizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, semplificando il relativo procedimento autorizzativo e concentrando l’apporto valutativo di tutte le Amministrazioni interessate nella conferenza dei servizi ai fini del rilascio di una autorizzazione unica. All’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 va quindi riconosciuto valore di principio fondamentale, ai sensi e per gli effetti dell’art. 117, comma 3, Cost., vincolante per le Regioni nella materia di legislazione concorrente di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, cui è da ascrivere la realizzazione e gestione degli impianti di energia da fonte eolica (cfr. Cons. Stato Sez. VI, 22022010, n. 1020).

In definitiva, la delibera 10/3, laddove dispone la procedibilità delle sole domande che hanno ultimato positivamente la procedura di V.I.A, determina un sostanziale e generalizzato quanto illegittimo, per tutto quanto sopra esposto, blocco della installazione di impianti eolici nel territorio regionale.

In particolare sono, per le ragioni sinora ampiamente esposte, condivisibili e decisive le argomentazioni contenute nel primo motivo di ricorso con particolare riguardo alla dedotta violazione dell’art. 12 del d.lgs. 387 del 2003 e del d.lgs. 79/99.

Ma va anche rilevato che in base all’art. 18 della legge regionale n. 2 del 2007 "in base alle indicazioni del Piano paesaggistico regionale la realizzazione di nuovi impianti eolici è consentita nelle aree industriali, retroindustriali e limitrofe, anche se ricadenti negli ambiti di paesaggio costieri oltre la fascia dei 300 metri, o in aree già compromesse dal punto di vista ambientale, da individuarsi puntualmente nello studio specifico di cui all’articolo 112 delle norme tecniche di attuazione del Piano paesaggistico regionale".

Il contrasto tra le statuizioni contenute nella delibera 10/3 e la citata disposizione regionale è flagrante.

L’impugnata delibera si pone in palese conflitto con la disciplina legislativa sopra riportata poiché, nello stabilire indiscriminate preclusioni all’installazione di impianti viola la citata disposizione che consente in zone ben individuate la realizzazione degli stessi, realizzazione che invece viene bloccata da un atto amministrativo. Anche in questo caso la violazione di legge è palese e non merita ulteriore approfondimento.

Ma anche le ulteriori argomentazioni contenute nel primo ed unico motivo di ricorso sono condivise dal Collegio. Invero, la violazione dei principi comunitari in materia di liberalizzazione del mercato elettrico e di promozione delle fonti rinnovabili, già descritta in sede di disamina della disciplina legislativa e degli orientamenti della giurisprudenza costituzionale in materia è anch’essa palese.

Né possono essere chiamate, a difesa della legittimità della delibera 10/3 le (si ribadisce) condivisibili esigenze di tutela del paesaggio. Ciò in quanto l’ordinamento predispone idonei strumenti volti alla valutazione della compatibilità paesaggistica degli impianti di produzione di energia eolica in ordine ai quali non vanno trascurate le finalità di interesse pubblico come la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra attraverso la ricerca, promozione, sviluppo e maggiore utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili e di tecnologie avanzate e compatibili con l’ambiente, oggetto di precisi impegni internazionali assunti dallo Stato italiano e recepiti nell’ordinamento statale dalla l. 1 giugno 2002 n. 120, concernente "Ratifica ed esecuzione del Protocollo di Kyoto alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, fatto a Kyoto l’11 dicembre 1997".

Va ancora ricordato che, in virtù del quadro normativo di riferimento, costituito dall’art. 41 della Costituzione, dal d.lgs. n. 79/1999, dalla Direttiva 2001/77/CE e dal più volte citato d.lgs. n. 387/2003, la produzione di energia anche da fonti rinnovabili avviene in regime di libero mercato concorrenziale, incompatibile sia con riserve e monopoli pubblici, sia con privative industriali. Si tratta, in altre parole, di una attività libera, soggetta ad autorizzazione e non di una attività riservata ai poteri pubblici.

Solo per completezza di esposizione va rilevata anche la recente approvazione delle "Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili" ad opera del D.M. 10.09.2010, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 18 settembre 2010, n. 219, con particolare riferimento agli allegati 3 e 4, che non fa altro che corroborare quanto sinora esposto in ordine ai molteplici profili di illegittimità che inficiano la delibera 10/3 oggetto di impugnazione.

Il ricorso è in definitiva fondato nei sensi di quanto finora esposto.

IV. Deve essere esaminato a questo punto il ricorso per motivi aggiunti.

L’esame del ricorso passa obbligatoriamente per una accurata ricostruzione dei rapporti tra la delibera 10/3 e la delibera 25/40 (oggetto di impugnazione con l’atto di motivi aggiunti).

La delibera 25/40 del 1 luglio 2010 pubblicata sul BURAS del 12 agosto 2010 reca "chiarimenti" relativi all’applicazione della delibera 10/3, talune modifiche, nonché la "riapprovazione" delle linee guida del procedimento di autorizzazione unica che costituivano parte integrante di quest’ultima.

La portata lesiva delle statuizioni contenute nella delibera 10/3 viene confermata da quelle contenute nella delibera 25/40. La prima dichiarava "procedibili le istanze per le quali sia stata conclusa positivamente la valutazione di impatto ambientale antecedentemente all’adozione della predente deliberazione", la seconda, al suo punto 8 stabilisce "di disporre, ai sensi dell’art. 21 comma 4 della L.R. 31/1998, che i procedimenti di valutazione di impatto ambientale relativi ad impianti eolici iniziati e non conclusi alla data di adozione della delibera G.R. 10/3 del 2010, sono interrotti e dichiarati improcedibili. Sono altresì dichiarate improcedibili le istanze di V.I.A relative a impianti eolici presentate successivamente alla data di adozione della delibera G.R. 10/3 che non rispondono ai requisiti in essa previsti".

E’ evidente la conferma con diverso tenore letterale delle statuizioni contenute nella delibera 10/3 con conseguente illegittimità della delibera 25/40 per le ragioni già ampiamente esposte.

Parimenti illegittima per i medesimi motivi è la nota prot. 16766 del 16 luglio 2010.

La domanda di annullamento degli atti impugnati va quindi accolta nella parte in cui:

la delibera 10/3 dispone: "di limitare l’installazione di impianti eolici nel territorio regionale, in quanto fortemente impattanti sotto l’aspetto paesaggistico – ambientale ai soli impianti destinati a soddisfare il fabbisogno energetico dell’azienda (autoproduzione e autoconsumo) e di riservare alla R.A.S. la partecipazione al processo produttivo di tale energia attraverso enti strumentali o societari a capitale interamente pubblico. Restano, tuttavia, procedibili le istanze per le quali sia stata conclusa positivamente la valutazione di impatto ambientale antecedentemente all’adozione della presente deliberazione, nel rispetto comunque di tutte le norme vigenti in materia";

la delibera 25/40 dispone: "ai sensi dell’art. 21 comma 4 della L.R. 31/1998 che i procedimenti di valutazione di impatto ambientale relativi a impianti eolici iniziati e non conclusi alla data di adozione della delibera G.R. 10/3 del 2010, sono interrotti e dichiarati improcedibili. Sono altresì dichiarate improcedibili le istanze di VIA relative a impianti eolici presentate successivamente alla data di adozione della delibera G.R. 10/3 che non rispondono ai requisiti in essa previsti".

Va altresì accolta la domanda di annullamento della nota prot. 16766 del 16 luglio 2010.

V. Quanto alla domanda della ricorrente volta ad ottenere la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno, il Collegio ricorda che nel processo amministrativo, la domanda di risarcimento del danno deve essere accompagnata dalla dimostrazione dell’effettivo pregiudizio patrimoniale e del necessario nesso eziologico con i provvedimenti dei quali si assume l’illegittimità, essendo invece inammissibile la domanda formulata in modo generico e senza alcuna concreta dimostrazione degli elementi probatori a fondamento della pretesa fatta valere sia avuto riguardo all’effettiva sussistenza di un danno, sia avuto riguardo al suo ammontare.

Essa è dunque inammissibile.

VI. Le spese seguono la regola della soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, in parte li dichiara inammissibili ed in parte li accoglie come di seguito specificato:

dichiara inammissibile il ricorso nella parte in cui è volto all’impugnazione della delibera 10/1 del 12.03.2010;

accoglie il ricorso e i motivi aggiunti nella parte in cui sono volti all’impugnazione delle delibere 10/3 del 12.03.2010 e 25/40 del 1 luglio 2010 e per l’effetto annulla in parte gli atti impugnati come da motivazione;

accoglie il ricorso per motivi aggiunti nella parte in cui è volto all’impugnazione della nota del 16.7.2010, prot. 16766 e per l’effetto annulla l’atto impugnato.

Dichiara inammissibile la domanda risarcitoria.

Condanna l’amministrazione alle spese in favore della ricorrente che liquida in Euro 5.000/00 (cinquemila/00) oltre I.V.A., C.P.A. e restituzione contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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