T.A.R. Sicilia Catania Sez. I, Sent., 14-01-2011, n. 44 Demolizione di costruzioni abusive; Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

La vicenda in esame è strettamente connessa dal punto di vista soggettivo, e parzialmente oggettivo, all’altra, trattata nella medesima odierna udienza nell’ambito del ricorso n. 2013/95 R.G. proposto dal ricorrente R.M. avverso il nulla osta condizionato rilasciato dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA. di Siracusa in relazione al procedimento di sanatoria edilizia avviato a domanda del ricorrente stesso.

Si richiama, quindi, tutta la descrizione delle circostanze di fatto e delle argomentazioni in diritto contenuta nella sentenza che ha definito quel contenzioso, aggiungendo solo – per quanto attiene strettamente alla questione qui in esame – che con il ricorso ed i motivi aggiunti in epigrafe il ricorrente ha impugnato: a) il successivo provvedimento prot. gen. 30124/86 del 5.06.2001 con il quale è stata respinta, limitatamente al terzo piano dell’edificio, la domanda di sanatoria edilizia presentata dal ricorrente; b) l’ordinanza n. 437 del 23.07.2001 con la quale è stata ingiunta la demolizione parziale dell’opera abusiva.

Il ricorrente solleva le stesse censure che costituiscono oggetto del connesso ricorso n. 2013/95, ed in particolare continua a rivolgere critiche al provvedimento della Soprintendenza con il quale è stato rilasciato il nulla osta paesaggistico a condizione che fosse demolito il terzo piano dell’edificio e sostituiti gli infissi.

Si è costituito in giudizio per resistere l’intimato Comune di Siracusa.

1. Il Collegio ritiene che il ricorso sia inammissibile.

Va rilevato, infatti, che il gravame è stato nominalmente proposto avverso il provvedimento comunale che – preso atto del parere solo parzialmente positivo espresso dalla Soprintendenza ai BB.CC.AA. in ordine alla sanabilità dell’edificio – ha concluso per il rigetto della sanatoria limitatamente al terzo piano del manufatto.

Va, altresì, sottolineato che il provvedimento comunale impugnato non esprime una valutazione autonoma sulla pratica di sanatoria, in quanto si limita a richiamare l’art. 23 della L.R. 37/1985 (norma che richiede necessariamente il rilascio del nulla osta da parte dell’ente di tutela nelle aree vincolate), ed il nulla osta condizionato (dunque, parzialmente negativo) rilasciato dalla Soprintendenza in relazione alla sanatoria in esame. Si tratta, in definitiva, di un provvedimento vincolato che prende le mosse dal parere espresso dalla Soprintendenza ed è a questo consequenziale.

Orbene, risulta evidente l’inammissibile riproposizione – in questa sede – delle censure in punto di diritto già sollevate nell’altro ricorso proposto avverso il nulla osta della Soprintendenza, dal momento che il ricorrente non deduce l’illegittimità propria, o derivata, del provvedimento comunale impugnato, ma denuncia gli stessi vizi già oggetto di censura nel precedente gravame prendendo di mira ancora una volta il nulla osta della Soprintendenza.

Si deve, quindi, concludere per l’infondatezza delle censure sollevate, per quanto chiarito nella sentenza emessa sul ricorso n. 2013/95 R.G., e comunque per l’inammissibilità del presente ricorso in quanto proposto in violazione del principio del ne bis in idem avverso un atto già impugnato con altro gravame.

2. Con motivi aggiunti, poi, il ricorrente impugna l’ingiunzione di demolizione del terzo piano decretata dal Comune di Siracusa. Anche in questo caso vengono in parte riproposte le censure già sollevate nell’originario ricorso nei confronti del nulla osta della Soprintendenza; sicchè i motivi aggiunti sono da dichiarare in parte qua inammissibili per le stesse ragioni indicate al punto precedente.

Nella restante parte, viene dedotto eccesso di potere, irragionevolezza, difetto di istruttoria e violazione di legge, in quanto la demolizione ingiunta sarebbe una misura non incondizionatamente applicabile all’abuso in questione, a causa della sua scarsa rilevanza e della limitata incidenza sull’edificio complessivamente considerato. La censura appare, per un verso, apodittica e generica; in quanto non indica alcun referente normativo alla stregua del quale sarebbe inibita (o comunque, non obbligatoria) l’irrogazione della misura della demolizione. Né è individuabile una forma di eccesso di potere, dato che il potere esercitato dal Comune resistente non costituisce espressione di attività discrezionale, quanto piuttosto di attività vincolata.

Per altro verso, poi, qualora il ricorrente avesse voluto riferirsi alla sanzione pecuniaria, sostitutiva di quella demolitiva, prevista dall’art. 9 della L. 47/1985 (oggi riprodotto nell’art. 33 del D.P.R. 380/2001), va precisato che la deroga alla regola generale della demolizione degli abusi è in quella norma prevista con riguardo alle sole "ristrutturazioni edilizie" eseguite in assenza o difformità dal titolo edilizio, ed a condizione che l’impossibilità di ripristinare lo stato dei luoghi per mezzo della demolizione sia certificata "sulla base di motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale". Come si vede, sono necessari due presupposti di fatto che nel nostro caso non ricorrono. E comunque, tale astrattamente ipotizzabile sanzione alternativa non potrebbe aver luogo in questa prima fase procedimentale, nella quale il Comune si è limitato ad ingiungere la demolizione. A tal proposito è sufficiente richiamare quanto affermato in giurisprudenza: "L’ingiunzione di demolizione costituisce la prima ed obbligatoria fase del procedimento repressivo, in quanto ha natura di diffida e presuppone solo un giudizio di tipo analitico- ricognitivo dell’abuso commesso, mentre il giudizio sinteticovalutativo, di natura discrezionale, circa la rilevanza dell’abuso e la possibilità di sostituire la demolizione con la sanzione pecuniaria (disciplinato dall’art. 33 comma 2, e 34 comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001) può essere effettuato soltanto in un secondo momento, cioè quando il soggetto privato non ha ottemperato spontaneamente alla demolizione e l’organo competente emana l’ordine (questa volta non indirizzato all’autore dell’abuso, ma agli uffici e relativi dipendenti dell’Amministrazione competenti e/o preposti in materia di sanzioni edilizie) di esecuzione in danno delle ristrutturazioni realizzate in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire o delle opere edili costruite in parziale difformità dallo stesso; pertanto, soltanto nella predetta seconda fase non può ritenersi legittima l’ingiunzione a demolire sprovvista di qualsiasi valutazione intorno all’entità degli abusi commessi e alla possibile sostituzione della demolizione con la sanzione pecuniaria, così come previsto dagli artt. 33 comma 2, e 34 comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001. Valutazione che deve essere effettuata mediante apposito accertamento da parte dell’Ufficio Tecnico Comunale, d’ufficio o su richiesta dell’interessato." (Tar Campania Napoli, 14156/2010).

Per quanto fin qui esposto, in conclusione, il ricorso ed i motivi aggiunti non possono essere accolti.

Parte ricorrente, sopporterà, dunque, in base alla regola della soccombenza, le spese processuali liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, dichiara inammissibili e/o infondati secondo quanto chiarito in motivazione.

Spese a carico del ricorrente nella misura di Euro 1.500, oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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