Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 17-12-2010) 19-01-2011, n. 1408 Misure cautelari;

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 20 aprile 2010, il Tribunale di Napoli, investito ai sensi dell’art. 309 c.p.p., confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Napoli, nei confronti di D.C.M., per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., ordinanza non eseguita, perchè il medesimo era latitante.

Il menzionato veniva ritenuto membro dell’organizzazione camorristica dei casalesi, ed in particolare organico all’articolazione interna del gruppo facente capo a Z.M.. Veniva ritenuto integrato il compendio gravemente indiziario a carico del prevenuto, dalle indicazioni del collaboratore di giustizia D.C. E., appartenente al clan dei casalesi, frazione Bidognetti, secondo cui il ricorrente era un collaboratore indispensabile per il menzionato Z. ed a riprova riferiva taluni interventi del medesimo; in particolare, il collaboratore ricordava che nel 2001 egli ebbe ad incontrare D.C.M., insieme a Z. G., noti come emissari del clan Zagaria, per conoscere se fossero in atto estorsioni in danno della ditta che trasportava le eco balle di rifiuti e se fossero contrari ad un intervento del gruppo Bidognetti. Sempre il collaborante rappresentava che ottenne la risposta per conto di Z.M. ancora dai due; ricordava ancora che dopo qualche tempo gli venne consegnata dal ricorrente la somma di 50.000 Euro, quale quota spettante ai Bidognetti, per le attività estorsive condotte dagli Zagaria sul loro territorio.

Ancora veniva ricordato un intervento del ricorrente nel (OMISSIS), con esponenti della famiglia Maliardo, a cui D.C.M. chiese una percentuale sulle attività estorsive condotte nel territorio di Giugliano, di competenza dei Maliardo. Dette indicazioni venivano ritenute riscontrate non solo dall’esito di numerosi accertamenti di polizia che negli anni dal (OMISSIS) avevano comprovato la frequentazione del D.C. con i presunti sodali, ma dall’esito di operazioni di ascolto a distanza, che conclamavano come il ricorrente avesse un ruolo emergente nel gruppo e godesse di fiducia da parte del capo clan. Non solo, ma anche dalla voce di altro soggetto, tale F.S., presunto associato a sua volta ai clan Zagaria, risultato molto legato al D.C., ascoltato a distanza in una conversazione in cui emergeva che D.C. M. aveva il compito di tenere la contabilità per l’associazione, che doveva conoscere di percentuali, di appalti e di estorsioni, estorsioni che conduceva in prima persona, essendo impegnato nella raccolta del denaro derivante appunto da questo genere di attività.

Alla luce di queste emergenze il Tribunale del riesame di Napoli confermava la misura della custodia in carcere ritenendo il prevenuto uomo di fiducia del capoclan Z.M.. Le esigenza cautelari venivano ritenute sussistenti alla luce della gravità del reato ascritto e della latitanza del prevenuto.

2. Contro l’ordinanza Interponevano ricorso per Cassazione i due difensori di fiducia, con un unico atto, per dedurre con un unico motivo, la violazione dell’art. 192 c.p.p., l’erronea applicazione dell’art. 416 bis c.p. e la manifesta mancanza ed illogicità della motivazione. Viene lamentata l’unicità della fonte di prova e l’assenza di specificità della chiamata in correità; mancando indicazioni accusatorie da parte di altri collaboratori, il ruolo di vertice assegnato al D.C. verrebbe messo in seria discussione e quindi la motivazione sarebbe sul punto carente ed illogica. Quanto poi ai riscontri esterni, si fa rilevare che i controlli di polizia sono in numero minimo, se si considera il lasso temporale preso in esame e non possono essere significativi; inoltre, nelle conversazioni captate a seguito di intercettazioni ambientali non emergerebbe il ruolo apicale del D.C.. Mancherebbero dati oggettivi e conoscitivi attraverso cui procedere alla verifica della congruità motivazionale dell’assunto interpretativo, con il che anche a questo collegio sarebbe impedito il controllo di legittimità. Anche le conversazioni attribuite al F. non sarebbero decisive, poichè non è dato sapere se il M., a cui vien fatto riferimento, sia il ricorrente, ragion per cui la difesa denuncia un’ ennesima negazione del dovere di identificare i dati fattuali ed i criteri adottati per l’interpretazione del presunto valore indiziario delle singole emergenze. La condotta partecipativa necessita di azioni o contributi fattuali suscettibili di valutazione in termini di adesione all’accordo associativo, per cui il semplice richiamo alla conoscenza delle vicende del ricorrente, da parte di altri soggetti ritenuti intranei, si risolverebbe in una motivazione apparente. Per questo viene chiesto l’annullamento dell’ordinanza.

Motivi della decisione

Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

I giudici di merito non hanno operato alcuna forzatura dell’art. 192 c.p.p., avendo valorizzato una convergenza di più elementi. In particolare sono state considerate le indicazioni del collaborante D.C.E., facente parte del clan Bidognetti – che ebbe rapporti d’affari con lo Z. – che ha offerto indicazioni precise sull’attività svolta dal ricorrente D.C. – individuato in fotografia – a favore del gruppo facente riferimento al latitante Z.M., gruppo notoriamente infiltrato nei tessuti sociale e produttivo della (OMISSIS), agente con la forza intimidatoria derivante dal vincolo tra gli associati, per il raggiungimento di finalità di profitto. La congruenza delle indicazioni del collaborante è stata correttamente ritenuta, in considerazione del dettaglio narrativo, avendo il prevenuto spiegato ragioni e circostanze in cui ebbe ad individuare i soggetti indicati come affiliati del clan Zagaria.

Le obiezioni difensive sono state attentamente vagliate e superate con argomentazioni immuni da vizi logici, avendo il Tribunale ritenuto, con motivazione assolutamente plausibile, che l’errata indicazione della ditta che vinse la gara d’appalto per fornire il calcestruzzo per la costruzione di una piazzola a (OMISSIS), ovvero della ditta a cui fu appaltato il lavoro di costruzione della caserma a (OMISSIS), non vadano ricondotte ad un cattivo ricordo del dichiarante, bensì al fatto che è prassi di subappaltare l’effettiva esecuzione dei lavori, senza la stipula di regolare contratto, con il che non vi è sovrapposizione tra chi esegue i lavori ed il vincitore della commessa. Nè risulta incongrua la motivazione sul fatto che il D.C. non sia stato chiamato in causa dal pentito P.R., avendo opinato il Tribunale che il P. precisò di aver avuto solo sporadici rapporti con le persone del clan Zagaria. Anche sulla mancata registrazione di contatti telefonici da parte del D.C. con altri affiliati è stato ritenuto plausibilmente che quel che conta sono gli accertati contatti personali conclamati dai controlli di polizia. La valutazione operata sul profilo intrinseco della dichiarazione accusatoria di D.C.E. è quindi corretta e non si presta a censure. I contributi informativi del prevenuto sono stati ritenuti estrinsecamente accettabili, perchè supportati non solo dai dati desumibili dalle annotazioni di polizia, ma da indicazioni provenienti da conversazioni captate a distanza, in alcune delle quali il riferimento al D.C. è incontrovertibile, quali le conversazioni di F.S. che – ignaro di essere controllato- lo indicava come soggetto delegato a tenere la contabilità del gruppo e poco dopo la perquisizione domiciliare che venne eseguita presso il ricorrente, descrisse un particolare significativo che rendeva inequivoco il riferimento al prevenuto, quanto al ritrovamento di intercapedine con porta scorrevole (che effettivamente fu rinvenuta nella casa del perquisito).

I giudici di merito hanno fatto buon governo dell’art. 192 c.p.p.;

atteso che le indicazioni accusatorie sono state valutate unitamente agli altri elementi di prova, elementi che nel caso di specie avevano carattere pregnante, provenendo dalla voce di altro associato, ignaro però di essere sottoposto a controllo, che tracciò il profilo del D.C. nell’ambito dell’associazione; profilo che nettamente configura un ruolo di affiliato, con il che nessuna forzatura neppure del dato normativo sostanziale (art. 416 bis c.p.), così come lamentato dalla difesa, è apprezzabile.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *