Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-12-2010) 19-01-2011, n. 1330

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza, deliberata il 13 maggio 2010, la Corte di assise di appello di Genova ha confermato la condanna inflitta dal GIP del Tribunale di Massa, con sentenza 17 settembre 2009, all’appellante durar I., ritenuto colpevole del delitto di tentato omicidio commesso in (OMISSIS) in danno del cognato V. Z.M., aggravato dalla premeditazione e dall’avere l’imputato agito per futili motivi; delitto allo stesso contestato perchè, sferrando due colpi, armato con un coltello da cucina puntiforme avente lunghezza totale di cm 36,5 – di cui cm 23,5 di sola lama – attingendo quest’ultimo, dapprima, nella zona – posteriore della regione toracica di sinistra a circa 20 cm dalla regione deltoidea e quindi al palmo della mano sinistra (usata dalla vittima per parare il secondo colpo), così procurando al V. una ferita penetrante all’emitorace sinistro in corrispondenza dell’ascellare posteriore ed una ferita alla mano sinistra (tagliata dal palmo sino a crearsi un varco tra il secondo ed il terzo dito), compiva atti idonei diretti in modo non equivoco, a cagionare la morte della predetta persona offesa (nell’immediatezza ricoverata presso il reparto di Rianimazione dell’Ospedale di (OMISSIS) con prognosi riservata), non verificandosi l’evento per cause indipendenti dalla sua volontà (reazione della vittima che sebbene ferita riusciva con un bastone a disarmare l’aggressore ed intervento delle persone presenti che soccorrevano la persona offesa mentre il C. si dava alla fuga).

1.1 – Con riferimento ai motivi di appello proposti nell’interesse dell’imputato:

a) in ordine al mancato accoglimento, da parte del primo giudice, della richiesta di rito abbreviato condizionato all’esame della parte offesa, ritenuto necessario per il chiarimento di molti punti dell’episodio;

b) in ordine alla mancata valutazione di importanti elementi difensivi costituiti dalla denuncia sporta in carcere dall’imputato nei confronti della persona offesa, della documentazione medica e fotografica comprovante le lesioni alla schiena subite dallo stesso;

c) in ordine al mancato riconoscimento dell’esimente della legittima difesa o quanto meno dell’eccesso colposo di legittima difesa;

d) in ordine alla misura della pena, ritenuta eccessiva rispetto alla intensità del dolo, l’entità del danno ed il comportamento processuale leale del prevenuto;

la Corte territoriale ha così motivato:

aa) che la difesa dell’imputato, seppure inizialmente, avesse effettivamente avanzato richiesta di rito abbreviato condizionato, a seguito del provvedimento di rigetto del GIP, aveva poi rinunciato alla stessa, formulando istanza di rito abbreviato non condizionato, accolta dal giudice, sicchè, conformemente a quanto di recente affermato da questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 27183 del 3/7/2009, ric. Fabbricini Rv. 244249), l’avvenuta opzione per il rito abbreviato "secco", precludeva all’imputato ogni successiva possibilità di contestare la legittimità del provvedimento recettivo;

bb) che l’assunto del C. secondo cui la condotta a lui contestata costituiva una reazione all’aggressione subita dal V. Z., oltre a fondarsi unicamente sulla denuncia dello stesso imputato e sulla documentazione, anche fotografica, alla stessa allegata, divergeva altresì «in modo totale», non solo con la versione dei fatti fornita dalla persona offesa e con le dichiarazioni spontanee dello stesso appellante, ma anche con quelle rese da tutti i presenti ai fatti, tra cui una sorella dell’appellante, che non poteva ritenersi preconcettamente ostile al fratello, in assenza di elementi che inducevano a ravvisare nelle stesse una volontà calunniosa; che la frattura subita dall’imputato al radio del polso destro e le estese contusioni alla schiena segnalate dalla documentazione medica in atti, erano perfettamente compatibili con le dichiarazioni testimoniali secondo cui la persona offesa aveva colpito con una trave il C., oltre che al polso destro, facendo cadere il coltello che costui impugnava, anche alla schiena; che la indimostrata situazione di pericolo denunciata dall’appellante, in ogni caso, era stata originata da una condotta aggressiva dello stesso imputato, atteso che costui – dopo aver minacciato di morte la persona offesa, tramite telefono – si era poi recato nella zona dove abitava la vittima, armato di coltello; aveva minacciando nuovamente il cognato e si era diretto contro di lui sguainando il coltello, allorquando il V.Z.M. non aveva in mano alcuno strumento atto ad offendere (tant’è che parò il secondo colpo diretto al cuore con la mano nuda, riportando gravissime lesioni alla stessa), essendosi lo stesso armato di un asse di legno per colpire l’antagonista, solo successivamente, per scongiurare in qualche maniera il pericolo alla propria stessa vita;

cc) che la pena inflitta dal primo giudice, incontestate le aggravanti della provocazione rectius premeditazione e dei motivi abietti, riconducibili alla vendita di un essere umano e per ciò indicativa dell’assenza nell’imputato di qualsiasi valore morale e sociale, doveva ritenersi del tutto adeguata, escludendo in particolare la gravità del fatto – che solo la disperata difesa della persona offesa, che aveva « parato » la coltellata diretta al cuore, aveva impedito sfociasse nell’esito mortale – l’assenza di resipiscenza o pentimento e la particolare violenza dell’episodio, diretto oltretutto contro un affine, la possibilità di concessione delle attenuanti generiche, dovendo escludersi, altresì, che il comportamento processuale dell’imputato, contrariamente a quanto sostenuto nei motivi di appello, potesse qualificarsi come corretto, attesa anche la presentazione da parte dello stesso di una denuncia dai contenuti calunniosi, dopo la parziale ammissione dei fatti in sede di spontanee dichiarazioni.

2. – Ricorre per cassazione il C., col ministero del difensore di fiducia, avvocato Gianfranco Pagano, mediante atto recante la data del 9 giugno 2010, depositato l’11 giugno 2010, con il quale sviluppa tre motivi.

2.1 – Con il primo, il ricorrente dichiara di denunziare, à sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), inosservanza delle norme processuali, in relazione al mancato accoglimento della richiesta di rito abbreviato condizionato, risultando tale decisione non rispettosa del diritto dell’imputato, riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale, a fruire di una diminuzione di pena anche in caso di richiesta di un’integrazione probatoria (esame della persona offesa), della quale si ribadisce la indispensabilità, sussistendo l’esigenza di un chiarimento in merito alle dichiarazioni rese da V.Z.M. in sede d’indagini, divenuto necessario, in seguito all’acquisizione di nuove fonti di prova, anche al fine di ricostruire più esattamente la dinamica dei fatti e saggiarne l’attendibilità. 2.2 – Con il secondo ed il terzo motivo, tra loro strettamente connessi, il ricorrente dichiara di denunziare, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e c) – inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 55 c.p. e art. 59 c.p., comma 4 nonchè mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione al mancato riconoscimento della esimente della legittima difesa, anche solo putativa, ricorrendone nel caso in esame tutti i presupposti (aggressione ingiusta; reazione legittima;

proporzione tra difesa ed offesa) dovendo considerarsi priva di attendibilità la versione dei fatti fornita sia dalla persona offesa che dalle persone informate dei fatti, i quali non avevano fatto alcuna menzione dell’aggressione all’emitorace posteriore (sinistro e destro) subita dal ricorrente ad opera del V.Z.M., in concorso con B.I., emersa invece dalla documentazione acquisita – illogicamente trascurata dai giudici di appello, nonostante la sua pacifica rilevanza – la quale delinea una dinamica totalmente diversa.

2.3 – Nel terzo motivo, da parte del ricorrente si denunzia l’Illogicità della motivazione anche relativamente alla parte in cui si conferma la decisione di primo grado in punto di sussistenza delle contestate aggravanti in ragione della pretesa assenza di contestazioni al riguardo, evidenziandosi che la contestazione delle aggravanti emergeva implicita dagli atti, ed in primo luogo dall’allegazione della denuncia sporta dall’imputato nei confronti dei suoi aggressori, corredata da altre fonti di prove inserite nel fascicolo del GUP.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’interesse del C. è basata su motivi non specifici ovvero infondati e va quindi rigettata.

1.1 – Ed invero, quanto alle argomentazioni difensive sviluppate nel primo motivo, dirette a sostenere l’illegittimità del rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato, è agevole rilevare che le stesse, limitandosi a ribadire, in termini invero apodittici, l’indispensabilità dell’integrazione probatoria sollecitata – per altro già motivatamente esclusa, dal giudice di prime cure – difettano di specificità, prescindendo le stesse totalmente dalle motivazioni fornite dalla Corte territoriale sul punto, che si fondavano invece – come già evidenziato al paragrafo 1.1 lett. aa) dell’esposizione in fatto – sul preliminare ed assorbente rilievo in rito, che all’opzione della difesa per il rito abbreviato secco, formulata dopo il rigetto della richiesta di rito abbreviato condizionato, doveva riconoscersi un effetto preclusivo rispetto alla possibilità di una eventuale contestazione successiva della legittimità del provvedimento di rigetto (in tal senso, da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 27183 del 5/6/2009, dep. 3/07/2009, imp. Fabbricini, Rv. 248477).

1.2 – Quanto poi al secondo e terzo motivo di impugnazione, ritiene il Collegio che tutte le argomentazioni ivi sviluppate per confutare la decisione di escludere l’esimente della legittima difesa, anche putativa, lungi dal denunziare lacune ed incongruenze effettivamente sussistenti nel percorso argomentativo sviluppato dai giudici di appello, si limitano a riproporre, in sede di legittimità, senza prospettare alcun rilevante elemento di novità, una questione già esaminata e decise dai giudici di merito, con argomentazioni immuni da vizi logici o giuridici. Ed Invero – contrariamente a quanto sostenuto in ricorso – i giudici di merito hanno fornito più che adeguate e logiche motivazioni circa la sussistenza, nel caso in esame, di tutti gli elementi costitutivi, sia oggettivi che soggettivi, della contestata fattispecie e delle ragioni per cui al C. non poteva riconoscersi l’invocata esimente, ricollegando le proprie statuizioni sul punto a precise risultanze processuali:

quella, emersa dalle dichiarazioni della persona offesa e di tutte le persone che assistettero all’episodio, tra cui anche la sorella del ricorrente, che era stato proprio quest’ultimo a minacciare prima ed aggredire poi con un coltello il V.Z., inizialmente disarmato, e che le ferite riportate dall’imputato erano in realtà conseguenza della condotta difensiva posta in essere dall’aggredito.

Considerazioni queste, rispetto alle quali, la deduzione in fatto secondo cui il C. si sarebbe invece limitato a reagire ad un’aggressione ingiusta portatagli dal cognato, spalleggiato da tal B.I., non può ritenersi argomento sufficiente per ritenere lacunoso o illogico il percorso argomentativo, circostanziato e del tutto coerente, sviluppato dai giudici di merito, in riferimento al tema della legittima difesa anche putativa, non superando la soglia della ricostruzione alternativa e meramente congetturale.

1.3 – Quanto infine al terzo motivo di impugnazione, con il quale, sempre con riferimento alla ricostruzione alternativa dell’episodio delittuoso prospettata dalla difesa, si contesta anche l’affermazione dei giudici di appello secondo cui il riconoscimento delle contestate aggravanti da parte del giudice di prime cure non aveva formato oggetto di impugnazione in grado di appello, dovendo la stessa ritenersi implicita, invece, nella richiesta di applicazione della causa di giustificazione della legittima difesa, è agevole rilevare, che anche volendo ritenere che la prospettazione nei motivi di appello della sussistenza dell’esimente contenesse effettivamente una richiesta inequivoca di esclusione delle aggravanti contestate della premeditazione e dei motivi abietti, che afferiscono per altro ad un tema d’indagine, anche cronologicamente, antecedente a quella meramente esecutiva dell’azione delittuosa, va in ogni caso osservato, che una volta esclusa la sussistenza dell’invocata causa di giustificazione, vengono meno anche le ragioni, per altro assolutamente generiche, per annullare la decisione assunta dal primo giudice, in riferimento alla sussistenza della aggravanti.

2 – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen. in ordine alla spese del presente procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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