Cons. Stato Sez. V, Sent., 17-01-2011, n. 199 Energia elettrica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A) – Per mezzo del gravame introdutivo, il comune di Caivano impugnava i seguenti atti:

a) decreto dirigenziale n. 85 del 2 maggio 2008 dell’Area generale di coordinamento 12 della regione Campania, con il quale era stata rilasciata alla C. – C.E.A. soc. coop. a r.l. l’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica, nel comune di Caivano, sui suoi terreni riportati in catasto al foglio 2 mappale 47, alimentato a biogas prodotto dalla fermentazione anaerobica controllata di biomasse, così come definite dall’art. 2, lett. a), d.lgs. n. 387/2003, composte da reflui zootecnici e scarti vegetali, come da dettaglio riportato nel progetto agli atti del procedimento e di seguito sinteticamente elencate: deiezioni bufaline, scarti mercatali, scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione della produzione delle conserve alimentari, scarti biodegradabili di cucine e mense, la frazione biodegradabile dei rifiuti;

b) nota dell G.r. Campania prot. n. 0399777 del 9 maggio 2008 di trasmissione del decreto di cui sopra;

c) verbali di conferenza dei servizi del 30.3.2007 e del 24.7.2007;

d) verbale e/o provvedimento conclusivo della conferenza dei servizi con esito positivo, di data e numero sconosciuti;

e) nota della giunta regionale della Campania prot. 2008.02.0397 del 6 marzo 2008, mai comunicata al ricorrente comune;

f) verbali di conferenza dei servizi successivi al 24 luglio 2007, cui il comune di Caivano non era stato invitato;

g) se ed in quanto lesive, le linee guida in materia di sviluppo sostenibile nel settore energetico approvate con delib. G.r. n. 4818 del 25 ottobre 2002, così come integrate con la delib. G.r. n. 3533 del 5 dicembre 2003;

h) atti dell’istruttoria compiuta dalla posizione organizzativa mercato elettrico – disinquinamento industriale, incardinata nell’A.g.c. 12 sviluppo economico, e risultanze degli atti richiamati nelle premesse, costituenti istruttoria a tutti gli effetti di legge, nonché della dichiarazione di regolarità della stessa, resa dal dirigente del Servizio 03 mercato energetico regionale, energy management, settore 04 della stessa A.g.c. 12;

i) pareri espressi da tutte le amministrazioni ed enti convocati alle conferenze di servizi, richiamati sub a), ovvero quelli contenuti nel provvedimento dirigenziale impugnato in via principale sub a) e recanti i diversi nullaosta, pareri favorevoli, pareri favorevoli con prescrizioni, dichiarazioni di incompetenza, quali intervenuti nel corso del procedimento, nonché (sempre per l’annullamento) della progettazione definitiva presentata dalla C. s.r.l.;

j) verbale d’inizio dei lavori;

k) pareri espressi da tutte le amministrazioni ed enti convocati alle conferenze di servizi e non indicati nel decreto di autorizzazione, se ed in quanto lesivi;

l) atti e provvedimenti presupposti, connessi e/o consequenziali, comunque lesivi.

A siffatta determinazione si sarebbe pervenuti a mezzo di un procedimento viziato sia per non esser stati chiamati a partecipare alla conferenza dei servizi (sulla cui scorta sarebbe stato adottato il provvedimento finale) più soggetti, invece istituzionalmente competenti ad esprimere il proprio assenso, sia per non essersi proseguita la procedura nei modi previsti dalla legge, in presenza del dissenso dal comune formulato, sia ancora per essersi pervenuti ad autorizzare realizzazione ed esercizio dell’impianto, senza prima acquisire una serie di valutazioni e di autorizzazioni invece necessarie, in particolare, quelle in materia ambientale ed urbanistico/edilizia.

B) – Queste le censure dedotte: violazione dell’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, dell’art. 174, trattato U.E., dell’art. 14 e ss., legge n. 241/1990, dell’art. 8, d.lgs. n. 281/1997, del d.lgs. n. 59/2005, del d.lgs. n. 152/2006, del principio di sussidiarietà e leale collaborazione in materia ambientale; incompetenza nella dichiarazione di non assoggettabilità a v.i.a. del progetto; violazione del d.lgs. n. 133/2005 di recepimento della direttiva 2000/1976/Cee, del d.lgs. n. 387/2003 attuativo della direttiva Cee 2001/77/Ce, del d.lgs. n. 152/1999, delle linee guida emanate dalla regione Campania per lo svolgimento del procedimento unico relativo alle installazioni di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, di cui alla delib. G.r. n. 1955/2006, della normativa sismica, di cui alle leggi n. 64/1974 e n. 1086/1971 ed al d.P.R. n. 380/2001, dello statuto A.s.i. della provincia di Napoli, della normativa in tema di verifica dell’idoneità ai fini della tutela dei luoghi di lavoro, di cui all’art. 2, comma 1, lettera n), del d.lgs. n. 81/2008, alla direttiva n. 2008/46 Ce, ai decretilegge n. 81/2008 e n. 123/2007 ed al d.lgs. n. 626/1994; infine, incompetenza, violazione del giusto procedimento ed eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, erronea presupposizione, carenza istruttoria, difetto di motivazione, manifesta ingiustizia e sviamento dalla funzione istituzionale.

La regione Campania si costituiva in giudizio, eccependo l’infondatezza e la tardività del gravame "in quanto la determinazione finale della conferenza dei servizi va considerata quale atto non avente carattere meramente endoprocedimentale ma con efficacia immediatamente esecutiva, pertanto immediatamente impugnabile alla data della sua conoscenza…".

Si costituiva in giudizio anche la provincia di Napoli, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, non avendo essa emanato alcun atto gravato né serbato alcuna competenza per un’eventuale esecuzione di giudicato, anche per la correlativa regolamentazione delle spese nella denegata ipotesi di accoglimento dell’avversaria domanda.

Si costituiva in giudizio anche l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, per i diversi Ministeri intimati, depositando documentazione relativa agli apporti procedimentali intervenuti da parte dei soggetti da essa rappresentati.

Altrettanto faceva anche la C., beneficiaria dell’autorizzazione, mediante un articolato controricorso, in cui eccepiva (l’irricevibilità o meglio) l’inammissibilità del ricorso per carenza d’interesse o, comunque, per difetto di legittimazione in capo al comune o acquiescenza da parte sua, non avendo l’ente espresso il proprio motivato dissenso costruttivo in seno alla conferenza di servizi; la mancata articolazione di censure compiute, risolvendosi il ricorso in una elencazione delle "normative più disparate nelle più diverse materie", mancando nel contempo un’articolazione di "singole censure con riferimento alle puntuali omissioni ritenute vizianti ed alle diverse disposizioni ritenute violate".

Veniva respinta un’istanza cautelare e disattesa la richiesta della provincia di Napoli di essere estromessa dal giudizio poiché non legittimata passiva, ritenendosi che essa non fosse stata chiamata in giudizio quale resistente, ma come controinteressata, ossia soggetto per il quale l’accoglimento del gravame avrebbe potuto comportare conseguenze sfavorevoli.

Veniva pure rigettata l’eccezione formulata dalla C. per sostenere che l’esame del merito sarebbe stato precluso dalla mancata articolazione in ricorso di censure compiutamente argomentate, risultando comunque assolto l’onere della specificità dei motivi di ricorso laddove, sul piano sostanziale, fosse stato possibile desumere dai suoi contenuti natura e portata delle doglianze prospettate (cfr. C.S., sezione V, dec. 4 maggio 2004 n. 2715).

C) – Nella specie, infatti, dette censure potevano essere così estrapolate e riassunte:

a) mancato invito alla conferenza di servizi, prevista dall’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, di più soggetti, obbligatoriamente tenuti a parteciparvi: consorzio A.s.i. della provincia di Napoli, Ministero dell’ambiente e della tutela del mare – Commissariato di Governo per l’emergenza bonifiche e tutela delle acque della regione Campania, Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti nella regione Campania, Comitato regionale di indirizzo dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale, Commissione v.i.a. – Comitato tecnico per l’ambiente (C.t.a.), I.n.e.a. (Istituto nazionale di economia agraria); E.n.e.a. (Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente); e ciò in presenza di un invito a partecipare rivolto invece all’E. (società che fornisce il controllo del traffico aereo ed altri servizi negli aeroporti) ed all’E.n.a.c. (Ente nazionale per l’aviazione civile), la cui competenza, rispetto ai profili ambientali, sarebbe stata circoscritta alle aree aeroportuali qui non in evidenza;

b) mancata fissazione, come invece imposto dall’art. 14ter, legge n. 241/1990, di un termine per la conclusione della conferenza dei servizi, peraltro protrattasi ben oltre il termine massimo di 180 giorni fissato, per la specifica procedura, dall’art. 12, d.lgs. n. 387/2003;

c) mancato prosieguo della procedura mediante attivazione dei meccanismi sostitutivi previsti dalla legge (art. 14quater, legge n. 241/1990, ed art. 9, d.lgs. n. 281/1997), pur imprescindibile in presenza del dissenso espresso dal comune di Caivano, fino a pervenire ad una sostanziale necessitata "intesa", da trasfondersi poi "nei procedimenti convogliati nella conferenza dei servizi";

d) mancata sottoposizione del progetto alla valutazione di impatto ambientale ex d.lgs. n. 152/2006, ovvero ai sensi del d.m. 5 settembre 1994, emanato in applicazione dell’art. 216 del t.u. leggi sanitarie, fermo restando che la non assoggettabilità dell’impianto a procedura di v.i.a. avrebbe dovuto esser dichiarata dall’organo deputato a tanto, e cioè dalla Commissione v.i.a., nemmeno invitata alla conferenza dei servizi;

e) mancata acquisizione della a.i.a. (autorizzazione integrata ambientale) di cui al d.lgs. n. 59/2005, ai fini del contenimento e della valutazione circa le emissioni in atmosfera;

f) violazione dello statuto A.s.i. della provincia di Napoli, essendo stati assegnati i suoli in ragione di un’attività assolutamente diversa da quella per la quale la C. avrebbe ottenuto l’autorizzazione;

g) violazione della normativa in tema di inquinamento acustico;

h) assenza di titoli autorizzativi allo scarico delle acque reflue;

i) violazione della normativa antisismica;

l) violazione della normativa inerente alla sicurezza sul lavoro.

D) – L’esposta elencazione delle doglianze dedotte risultava, per i primi giudici, funzionale alla valutazione dell’eccezione d’inammissibilità del gravame, proposta dalla società controinteressata: eccezione preliminare ritenuta in prima istanza condivisibilmente fondata e capace di permettere una pronta decisione circa la controversia.

Il comune di Caivano soccombente impugnava detta sentenza per errore di procedura e di giudizio, violazione dell’art. 112, c.p.c., extra ed ultrapetizione, erronei thema decidendum e thema probandum, errata prospettazione dei dati di fatto sostanziali e giuridici, eccesso di potere per contraddittorietà.

La regione appellata si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, insistendo nelle sue eccezioni, come faceva pure la C., mentre le varie amministrazioni statali appellate si costituivano per resistere in giudizio, pur non avendo fatto altro che partecipare alla discussa conferenza di servizi.

L’appellata provincia di Napoli si costituiva in giudizio e resisteva al gravame.

All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, (dopo il rigetto di un’istanza cautelare con ampiamente motivata ordinanza n. 2238/2010 del giudice d’appello), con immediato deposito e contestuale pubblicazione del dispositivo.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e va respinto, il che permette di tralasciare il vaglio delle varie questioni preliminari, come pure delle censure di merito qui dedotte.

I) – L’autorizzazione in esame era stata richiesta ai sensi e per gli effetti dell’art. 12, d.lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, recante l’attuazione della direttiva 2001/77/Ce, relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità, e teso a promuovere un maggior contributo di dette fonti alla produzione di elettricità, favorendo lo sviluppo d’impianti dalle stesse alimentati (art. 1) ed il conseguimento degli obiettivi indicativi nazionali (art. 3) anche a mezzo della "razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative", di cui al citato art. 12, che definisce le opere per la realizzazione degli impianti, quelle connesse e le relative infrastrutture "di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti" (comma 1), assoggettandole ad un’autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate da essa (comma 3), a seguito di "un procedimento unico, al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990 n. 241 e successive modifiche ed integrazioni"(comma 4), il cui "termine massimo di conclusione non può essere superiore a centottanta giorni" (comma 4, parte finale).

Siffatte previsioni sono in tutto armoniche con quelle della direttiva, il cui art. 6 impone agli Stati membri di "ridurre gli ostacoli normativi e di altro tipo all’aumento della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili" e di "razionalizzare ed accelerare le procedure all’opportuno livello amministrativo"; e con quelle della sopravvenuta direttiva Ce 13.7.2009, pubblicata nella G.u.U.e. 14 agosto 2009 n. 211, che, nell’abrogare con decorrenza 1° aprile 2010, fra gli altri, detto art. 6 della direttiva del 2001, per conseguire le descritte e perduranti finalità ne aveva ampliato la portata a mezzo del suo art. 13, recante la sostanziale reiterazione dei descritti obblighi mediante maggiori specificazioni di dettaglio (previsione di calendarizzazioni dei processi decisori ed introduzione di procedure ancor più semplificate e meno gravose, anche tramite semplice notifica per piccoli progetti).

II) – In sede comunitaria e/o nazionale i descritti interventi costituiscono (parte della) produzione normativa necessitata dalla sottoscrizione, da parte della Comunità europea e dei suoi Stati membri, del protocollo di Kyoto del 1997 e degli impegni ivi assunti, finalizzati alla riduzione delle emissioni inquinanti: per quanto attiene all’Italia, nel periodo 2008/2012, del 6,5% rispetto ai livelli registrati nel 1990, con impegno, per il raggiungimento del risultato, fra gli altri, di "accelerazione delle iniziative….. per la realizzazione di impianti per la produzione di energia con biomasse……" (cfr. legge 1°.6.2002 n. 120, recante la ratifica ed esecuzione del protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, fatto avvenuto a Kyoto l’11 dicembre 1997).

In sede nazionale, ancor prima della ratifica del protocollo, a mezzo del d.lgs. n. 79/1999 (c. detto decreto Bersani, attuativo della prima direttiva Ce in materia di elettricità) era stato introdotto l’obbligo di immissioni nel sistema elettrico nazionale di "energia pulita": il che aveva condotto gli economisti a parlare di "domanda obbligata" di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili (f.e.r.), al fine di sostenere le iniziative imprenditoriali del settore, così conferendo alla realizzazione di nuovi impianti alimentati da dette fonti, fra i quali quello qui in esame, connotati di "necessarietà" per il sistema.

III) – Da tutto quanto sopra si traggono le ragioni che hanno presieduto alla dichiarazione, operata dall’art. 12, d.lgs. n. 387/2003, di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza della realizzazione dei ripetuti impianti e delle opere ed infrastrutture connesse, nonché della previsione del descritto procedimento unico che, quale strutturato dalla norma, in riferimento alle modalità del suo dispiegarsi ed alla fissazione del termine entro il quale deve concludersi, costituisce "principio fondamentale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, in quanto tale disposizione risulta ispirata alle regole della semplificazione amministrativa e della celerità…", come statuito dalla Corte costituzionale in occasione della dichiarazione d’incostituzionalità di più normative regionali che vi si erano poste in contrasto, vanificandone la portata (soprattutto) attraverso previsioni di moratorie in attesa di piani energetici ambientali regionali e/o a mezzo dell’introduzione di ulteriori limiti di tipo quantitativo, il cui raggiungimento avrebbe precluso il rilascio di nuove autorizzazioni (cfr. Corte cost., sentenze n. 383/2005, n. 336/2005, n. 364/2006 e n. 282/2009).

Dopo un primo intervento nel settore nel 2002 (con delib. G.r. n. 4818), con delib. G.r. n. 1955 del 30 novembre 2006, la regione Campania aveva dettato le "linee guida per lo svolgimento del procedimento unico relativo alla installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile", emanate nelle more delle linee guida da dettarsi in sede nazionale, ex art. 12, comma 10, d.lgs. n. 387/2003, stante la previsione del precedente comma 9, secondo cui "il procedimento unico va attivato anche in assenza delle linee guida".

IV) – Del tutto legittimo, quindi, era stato l’intervento regionale, ossia del soggetto chiamato dal legislatore nazionale a rilasciare l’autorizzazione unica, "finalizzato ad esplicitare le modalità organizzative ed i riferimenti tecnici per l’esercizio delle funzioni amministrative che la legge attribuisce alle regioni" (art. 1), mentre le linee guida emanate riproducevano le previsioni del ripetuto art. 12, d.lgs. n. 387/2003, ovvero prescrivano anch’esse l’obbligo di procedere secondo le modalità fissate dalla legge 7 agosto 1990 n. 241, dettagliando, agli artt. 11 e 12, la procedura da seguirsi.

Ai fini di causa rilevava, in particolare, la previsione secondo la quale "la procedura di verifica o di valutazione ambientale si svolge…. come endoprocedimento della conferenza dei servizi, in tempi e con modalità compatibili con l’esigenza di concludere il procedimento unico entro centottanta giorni" (art. 11, comma 3) e le altre dello stesso art. 11, rinvianti alle procedure di cui "all’art. 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990", e quindi, fra l’altro, sia a quella recata dall’art. 14ter, secondo cui, a conferma della sua peculiare natura, "Nei casi in cui sia richiesta la v.i.a., la conferenza dei servizi si esprime dopo aver acquisito la valutazione medesima…", sia, infine, a quella di cui all’art. 14quater, comma 1, di cui appresso.

Le riportate prescrizioni erano contenute, con maggiori dettagli procedurali, anche nelle "Nuove lineeguida per lo svolgimento del procedimento di autorizzazione unica relativo alla costruzione e all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili. Modifiche ed integrazioni alla delib. G.r. n. 1955/2006" approvate con delib. G.r. 20 marzo 2009 n. 500, il cui art. 12, comma 9, prescriveva che "A far data dal giorno successivo alla pubblicazione sul Bollettino ufficiale della regione Campania delle presenti lineeguida procedurali, la delib. G.r. 30 novembre 2006 n. 1955 è annullata, facendo salvi gli effetti dalla stessa prodotti".

Riguardo alla legge n. 241/1990 ed alle sue previsioni più significative, all’epoca dei fatti di causa (istanza della C. dell’ottobre 2006 e prosieguo procedimentale negli anni 2007/2008), esse avevano già subìto le modifiche apportate dal legislatore del 2005 e non anche quelle ultime di cui alla legge 18 giugno 2009 n. 69: donde i riferimenti argomentativi concernenti il testo normativo al tempo vigente.

V) – Non è un caso, dunque, che il primo adempimento richiesto dal coacervo delle singole previsioni inserite nell’art. 14ter sia quello di procedere, da parte dei soggetti chiamati a partecipare alla conferenza, a dettare "a maggioranza dei presenti" le regole organizzative del procedere dei lavori, con la previa verifica "dei propri poteri" o, se si preferisce, del "quorum strutturale", indispensabile anche in presenza di collegi imperfetti, e quindi dell’avvenuta convocazione di tutti i soggetti a presenza obbligatoria, non potendo in difetto assumersi, dagli eventuali soggetti presenti, alcuna valida determinazione organizzativa.

Ed invero, se il legislatore aveva ritenuto di dover imporre con apposita norma l’obbligo, di per sé esistente, di dettare immediatamente, in via preliminare, le regole del procedere dei lavori e di specificarne le modalità, in tutta evidenza ciò aveva fatto, oltre che per evitare forme di ostruzionismo, anche per escludere che potesse in prosieguo (e quindi a maggior ragione a procedimento concluso o, ancora, come qui è accaduto, a provvedimento adottato) farsi emergere alcun vizio procedurale capace di rimettere in discussione le attività già svolte e/o le conclusioni nel frattempo raggiunte, avuto presente l’arco temporale assegnato per l’esaurirsi dei lavori, tanto più essendo previsto "a pena di inammissibilità" che il dissenso "motivato" dovesse essere espresso all’interno della conferenza dei servizi (di natura istruttoria) dal soggetto legittimato a manifestare in modo definitivo la volontà della p.a., essendo pervenuto a siffatta qualificazione (cfr. C.S., sezione VI, dec. 10 settembre 2008 n. 4333 e dec. 4 giugno 2004 n. 3502), ai cui sensi: "il legislatore ha quindi previsto non una decisione pluristrutturata, tipica della conferenza di servizi decisoria, in cui il provvedimento finale concordato sostituisce i necessari assensi delle amministrazioni partecipanti, ma una decisione monostrutturata, in cui vi è un’unica amministrazione competente che deve acquisire l’avviso di altre amministrazioni").

VI) – La conferenza di servizi si era riunita una prima volta in data 30 marzo 2007; nel verbale della seduta si era in primo luogo dato atto dei soggetti partecipanti e di quelli assenti: analiticamente, uno per uno, indicati; vi si era aggiunta l’indicazione degli atti (pareri, dichiarazioni di incompetenza e così via) già intervenuti e fra questi, "della nota del comune di Caivano 28 marzo 2007 con la quale esprime l’indisponibilità ad ospitare l’impianto per la presenza sul territorio di altre fonti inquinanti".

I lavori erano proseguiti con l’esposizione da parte della C. dell’illustrazione del progetto, con diversi interventi dei partecipanti e del rappresentante del comune di Caivano, il quale "confermando quanto scritto nella nota scritta del 28 marzo 2007, aveva dichiarato l’indisponibilità comunale ad ospitare l’impianto per la presenza sul territorio di altre fonti inquinanti, come l’impianto C.d.r., il depuratore di Orta di Atella ed altre".

La seduta veniva sciolta, nella conclusione che "l’amministrazione procedente prende atto dell’impossibilità di poter ritenere, già in questa conferenza, il procedimento definito in senso positivo, visti i rilievi mossi dai vari enti e visto che alcuni non sono ancora in possesso del progetto da valutare e, nell’auspicio che l’iter possa perfezionarsi quanto prima, chiude i lavori aggiornandoli ad una seconda e definitiva riunione della conferenza dei servizi".

Il verbale si concludeva quindi con la precisazione che lo stesso sarebbe stato inviato alle amministrazioni non presenti, a quelle eventualmente invitate alla successiva conferenza conclusiva ed a quelle presenti (come poi avvenuto).

VII) – La seconda e definitiva riunione della conferenza aveva avuto luogo il 24 luglio 2007 ed era iniziata, ancora una volta, con la puntuale annotazione dei soggetti presenti e di quelli assenti.

Venendo immediatamente al punto qui interessante, "Il Sindaco del Comune comunica che, seppure non contrario all’iniziativa, ha l’esigenza di approfondire il progetto, anche con la collaborazione della società proponente, al fine di coinvolgere il territorio e l’accettazione della comunità locale. Pertanto si riserva di emettere il proprio parere a valle dei necessari approfondimenti. La società proponente si è mostrata collaborativa offrendo la propria disponibilità per gli approfondimenti richiesti dal Sindaco".

Il verbale si chiudeva con la dichiarazione che "L’amministrazione procedente prende atto delle dichiarazioni e delle note pervenute e recepite in conferenza dei servizi; pertanto chiede al proponente di risolvere le problematiche ancora in essere, restando in attesa di ricevere i relativi pareri che, laddove esaustivi, porteranno alla chiusura del procedimento con l’adozione del provvedimento conclusivo".

Anche questo verbale veniva rimesso ad assenti e presenti, fra cui il comune, come incontroverso fra le parti, mentre non risultava chiaro se al comune stesso fosse pervenuta o meno la successiva nota del 6 marzo 2008, recante la ulteriore comunicazione "della positiva conclusione del procedimento".

VIII) – Era stato poi notificato al comune di Caivano il decreto autorizzatorio n. 85/2008, ma né nella prima, doverosa, fase di congiunta definizione delle procedure organizzatorie dei lavori, né poi, in seno alle due ricordate conferenze il comune di Caivano aveva denunciato il mancato invito a partecipare ai lavori a quei soggetti pubblici, la cui presenza a suo avviso doveva ritenersi imprescindibile, e quindi obbligatoria, come poi esposto in ricorso.

Se un simile rilievo era stato fatto in riferimento al solo Commissariato per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania, pur tuttavia ad esso era mancato il supporto di un’adeguata motivazione, tanto più necessaria visto che l’amministrazione procedente aveva immediatamente dopo espresso un diniego in proposito, compiutamente esplicitandone le ragioni, di fronte alle quali il rappresentante del comune non aveva però insistito nella richiesta, facendo formalmente inserire a verbale il dissenso sul punto (così prestando acquiescenza a quanto rappresentatogli); mai, come invece sempre e solo in ricorso sostenuto, detto comune aveva denunciato la necessità della v.i.a., fase endoprocedimentale all’interno della conferenza condizionante il prosieguo dei lavori; infine, mai detto comune aveva espresso un dissenso motivato o recante non la dichiarazione di una mera indisponibilità per ragioni metagiuridiche, ma quelle concrete denunce poi formulate in sede processuale, che – pacificamente – avrebbero dovuto sostenere il motivato dissenso costruttivo imposto dalla legge.

Potestà dunque di esprimere "un dissenso motivato" nei sensi precisati che vanno esplicate nella sede dovuta e nei tempi dovuti proprio al fine, voluto dalla legge, di concorrere al giusto e corretto dispiegarsi dei lavori e della loro definizione e di evitare, dunque, una conclusione del procedimento difforme dalla legge, fermo il correlato effetto di porre la conferenza di fronte alla responsabilità (nelle diverse gradazioni fra amministrazione procedente e restanti soggetti) di proseguire i lavori o chiuderli illegalmente.

IX) – Invece, il comune aveva ritenuto di poter denunciare l’illegittimità della realizzazione dell’impianto solo in via giudiziaria, a mezzo del gravame proposto nel giugno del 2008, a quasi un anno dalla definizione delle fase riservata alla conferenza di servizi e ben consapevole della sussistenza di un termine di centottanta giorni (a nulla rilevando che poi non sia stato rispettato) per l’emissione del provvedimento, discutendosi di un soggetto pubblico – il comune nel cui ambito territoriale era prevista l’allocazione dell’impianto – titolare degli obblighi di legge specificamente sopra chiariti (dissenso motivato e sua immediata esternazione in rapporto alle diverse fasi procedimentali), tra cui quello di leale collaborazione, vincolante non solo Stato e regioni, ma tutti i soggetti istituzionali, tanto più dopo la riforma (del 2001) del Titolo V della Costituzione, con la carica di autonomia e di devoluzione di funzioni da essa recata.

Conseguentemente, doveva negarsi l’ammissibilità di un’impugnativa giurisdizionale postuma, vòlta a denunciare l’illegittimità di un provvedimento alla cui formazione si sia concorso con comportamenti indifferentemente commissivi od omissivi.

Eventuali ulteriori approfondimenti si sarebbero resi necessari solo in presenza di una conferenza di natura decisoria, che non avesse quindi comportato una traslazione delle competenze decisionali spettanti alle singole amministrazioni in favore (qui) delle regioni, in capo alle quali si sarebbe concentrata soltanto la titolarità del potere di formalizzazione provvedi mentale: tesi che, in ogni caso, avrebbe dovuto comunque confrontarsi con quella giurisprudenza secondo cui "nel caso di dissenso da parte del comune interessato non opera la previsione di cui alla L. 241 del 1990, posto che il dissenso dell’amministrazione preposta alla tutela degli interessi sensibili ivi menzionati è da intendersi riferito alle amministrazioni statali" (cfr. C.S., sezione vi, dec. n. 4333/2008, cit.), oltre che con la circostanza che non potrebbe essere ritenuto casuale che soltanto per gli impianti di potenza superiore a 300 MW (v. legge n. 55/2002) sia contemplato un duplice coinvolgimento dei comuni nel cui territorio sia prevista la realizzazione degli impianti.

X) – Nell’affrontare poi la questione della portata della contrarietà espressa dalla regione (ma lo stesso potrebbe dirsi per i comuni), appare evidente come il parere favorevole in precedenza reso dalla stessa (qualificabile come intesa) avesse già prodotto i propri effetti quale atto endoprocedimentale, fondante il provvedimento finale di autorizzazione.

Dopo la conclusione del procedimento la revoca di un atto endoprocedimentale non può in alcun modo essere idonea a travolgere il provvedimento finale, che quindi resta valido e pienamente efficace, con la piena validità ed efficacia del provvedimento finale che, da parte dei soggetti che abbiano concorso alla sua adozione, può essere eventualmente messo in discussione, in tal caso provocando un riesame nella sede amministrativa delle questioni di merito preesistenti ed a tempo debito non evidenziate, con consumazione del potere, anche di reazione giudiziaria.

La situazione ricorda per certi aspetti quella dei consiglieri comunali che intendano impugnare gli atti consiliari (o degli assessori che desiderino reagire agli atti giuntali): non è possibile utilizzare presunte irregolarità nel procedimento formativo dell’atto promanante dall’organo collegiale per sostenere un’impugnativa dello stesso fondata su vizi sostanziali di merito della deliberazione che si voglia gravare.

Conclusivamente, il ricorso introduttivo non poteva che risultare inammissibile, il che implica il rigetto del presente appello, con salvezza dell’impugnata sentenza e spese ed onorari del giudizio di secondo grado integralmente compensati per giusti motivi tra tutte le parti ivi costituite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, respinge l’appello (ricorso n. 3194/2010) e compensa spese ed onorari del giudizio di secondo grado.

Ordina che il presente dispositivo sia eseguito dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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