Cons. Stato Sez. V, Sent., 17-01-2011, n. 190 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A) – L’impresa artigiana attuale appellata presentava alla provincia autonoma di Trento, ex legge prov. n. 17/1993, domanda di contributo in relazione all’acquisizione di servizi forniti dalla società di consulenza M. s.r.l..

Il dirigente del Servizio artigianato, con apposita determinazione, concedeva alla società richiedente, ai sensi dell’art. 10, citata legge n. 17/1993, il contributo in questione, somma che veniva poi liquidata con relativo mandato di pagamento.

Con successiva determinazione dirigenziale veniva, peraltro, revocata la concessione del contributo in parola, chiedendosi la restituzione della somma erogata, comprensiva d’interessi e spese.

Avverso tale provvedimento proponeva ricorso l’impresa interessata, chiedendone l’annullamento (anche solo parziale) e formulando a tale proposito una serie di osservazioni giuridiche, secondo cui il provvedimento in parola non sarebbe stato conforme alla vigente normativa provinciale.

Si costituiva in giudizio la provincia di Trento, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione e contestando, nel merito, la fondatezza dello stesso, per cui ne chiedeva il rigetto.

Con apposita ordinanza veniva respinta l’istanza cautelare.

I primi giudici disattendevano l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa provinciale e fondata sulla ritenuta sussistenza di un diritto soggettivo dell’originaria ricorrente scaturente dal potere di revoca della p.a., esercitato in funzione di un asserito inadempimento da parte del beneficiario, nel contesto della disciplina regolante il rapporto già instaurato.

Pur in presenza, nella materia, di una non sempre precisa linea di demarcazione tra situazioni di diritto soggettivo e d’interesse legittimo, in rapporto rispettivamente alla fase procedimentale concernente l’ammissione al beneficio contributivo ed a quella successiva riferita all’erogazione dello stesso, nella specie non ci si sarebbe trovati di fronte ad un’ipotesi di inadempimento, come affermato dalla provincia resistente, ma ad un intervento in autotutela (revoca), rapportabile sempre alla fase procedimentale del finanziamento, sotto i profili della verificazione dei presupposti del medesimo e della sua consistenza: situazione, anche alla luce della più recente giurisprudenza (cfr. Cass. civ., sez. un., sentenza 20 settembre 2004 n. 18844), d’interesse legittimo e dunque, di pertinenza del giudice amministrativo.

Nel merito, il Tribunale di prima istanza accoglieva parzialmente il gravame, poiché la ditta originaria ricorrente aveva contestato il provvedimento impugnato (e, quindi, in parte qua annullato) per violazione di legge, affermando di aver prodotto tutta la documentazione richiesta dalla normativa e, quanto all’effettiva sopportazione della spesa, di aver posto in essere una separata operazione commerciale, non vietata in alcun modo dalla normativa provinciale di riferimento; inoltre, lo stesso provvedimento sarebbe risultato in ogni caso illegittimo, perché l’art. 20, legge prov. n. 17/1993, prevedeva la proporzionale riduzione delle agevolazioni nel caso di spesa inferiore.

B) – A seguito di sentenza (poi, comunque, annullata) del g.u.p. del Tribunale di Trento, emessa a carico di soggetti consulenti della ditta M. s.r.l. incaricati dell’effettuazione dell’intervento, anche presso la società originaria ricorrente, era emerso come quest’ultima avesse percepito indebitamente (donde il reato d’indebita percezione di contributi a danno dello Stato, peraltro, poi escluso con la formula più ampia: v. sentenza g.u.p. Tribunale penale di Trento, emessa a seguito di rinvio, dopo l’annullamento della precedente pronuncia di cui sopra) contributi a valere sulla legge prov. n. 17/1993, in relazione a spese per la realizzazione di alcuni servizi di consulenza di fatto non sostenute, con una palese riduzione del costo della prestazione per l’imprenditore, nonché una diminuzione del costo a carico del percettore del finanziamento, di cui la provincia erogante era rimasta all’oscuro: donde il corretto esercizio del suo potere di autotutela, intervenendo a salvaguardia dell’interesse pubblico perseguito con il provvedimento di concessione dei contributi e garantito nel corso dell’erogazione di questi.

Risultava, peraltro, che l’impegno sostenuto dall’impresa ricorrente aveva, in pratica, subìto un abbattimento del 30% del costo dichiarato per il servizio in questione, per l’assenza di un effettivo esborso di denaro da parte dell’impresa in relazione al comportamento della ditta di consulenza, determinante il contenimento della spesa preventivata nella misura suindicata.

Di conseguenza, se appariva legittima una riduzione del finanziamento entro il limite del 30%, altrettanto non poteva dirsi per l’eccedenza (70%) costituente per l’originaria ricorrente un effettivo costo del servizio in parola, in conformità all’art. 20, legge prov. n. 17/1993, che, al secondo comma, prevedeva appunto che "le agevolazioni sono proporzionalmente ridotte nel caso in cui la spesa realizzata risulti di importo inferiore a quello ammesso", in tal modo dovendosi escludere una completa revoca del contributo per il semplice fatto dell’avvenuto ridimensionamento della spesa preventivata (come nella specie), dovendo lo stesso essere rapportato proporzionalmente all’effettivo esborso, ogni diversa interpretazione apparendo in contrasto con le finalità della predetta legge provinciale n. 17/1993.

C) – Detta sentenza veniva poi impugnata dalla provincia di Trento, parzialmente soccombente in prime cure, che deduceva il comportamento fraudolento dell’impresa interessata, con correlativa correttezza della revoca, integralmente disposta per motivi non di mera autotutela ma sanzionatori (cfr. C.S., sezione V, dec. n. 202/2006), con conseguente situazione di diritto soggettivo azionabile in sede civile, donde il difetto di giurisdizione amministrativa.

La parte appellata non si costituiva in giudizio ed all’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione, dopo il deposito di una tardiva memoria riepilogativa da parte della provincia di Trento.

Motivi della decisione

L’appello è infondato e va respinto.

I) – Nella specie, il provvedimento impugnato in primo grado, determinato da uno specifico comportamento tenuto in violazione della normativa regolante la concessione degli aiuti (in quanto diretto ad ottenere un contributo maggiore di quello concedibile mediante una dichiarazione non veritiera), aveva disposto la decadenza della parte interessata dal contributo già accordato ed il recupero dello stesso: si sostiene, non condivisibilmente, che il provvedimento determinato da uno specifico comportamento antigiuridico non avrebbe natura di atto di autotutela provvedimentale ma di atto sanzionatorio e, pertanto, la controversia avente per oggetto tale atto esulerebbe dalla giurisdizione amministrativa, incidendo su una posizione di diritto soggettivo e rientrando in quella civile.

Ne deriva, invece, la correttezza dell’impugnata pronuncia e la sicura sussistenza della giurisdizione amministrativa, avendo i destinatari di contributi o di sovvenzioni pubbliche, nei confronti della p.a., una posizione d’interesse legittimo, ove la controversia riguardi una fase procedimentale precedente l’assegnazione del contributo o della sovvenzione, ovvero nel caso in cui il provvedimento attributivo del beneficio sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto con l’interesse pubblico coevi alla sua emanazione, ravvisandosi, invece, una posizione di diritto soggettivo in ordine alle controversie relative alla successiva erogazione del contributo o della sovvenzione e/o in caso di ritiro di detti benefici con provvedimenti di revoca, decadenza o risoluzione per inadempimenti o fatti sopravvenuti ostativi al loro mantenimento (Cass. civ., sez. un., sent. n. 758/1999; C.S., sezione IV, dec. n. 2999/2002).

Sulla questione oggetto di controversia questo Consiglio di Stato ha un orientamento costante (cfr. sezione VI, dec. n. 5415/2008), non difforme da quello della Corte di cassazione, che – in materia di provvedimenti a contenuto revocatorio incidenti su contributi, sussidi, sovvenzioni e finanziamenti erogati da pubbliche amministrazioni – utilizza un criterio generale, in tema di riparto di giurisdizione, fondato sulla individuazione del segmento procedurale interessato dal provvedimento oggetto di vaglio giurisdizionale e sulla causale dell’iniziativa revocatoria.

II) – In particolare, occorre tenere distinto (anche in rapporto ai provvedimenti di revoca) il momento statico della concessione del contributo rispetto a quello dinamico, individuabile nell’impiego del contributo medesimo.

Al primo settore – spettante alla giurisdizione amministrativa – appartengono i provvedimenti, comunque denominati (revoca, decadenza, etc.) – di ritiro del finanziamento, anche susseguenti all’erogazione, ove costituiscano manifestazione del potere di autotutela amministrativa.

Viceversa, ogni altra fattispecie, concernente le modalità di uso del contributo e il rispetto degli impegni assunti, coinvolge posizioni di diritto soggettivo, relative alla conservazione del finanziamento, spettanti alla giurisdizione ordinaria.

Nel caso in esame la revoca s’inquadra, dunque, nelle fattispecie di decadenza per violazione degli obblighi incombenti sul beneficiario dei contributi, espressione di poteri autoritativi del contraente pubblico, ma di natura privatistica, secondo un modello piuttosto frequente nei contratti e nei rapporti negoziali della p.a..

Né potrebbe applicarsi la giurisdizione esclusiva in materia di concessione di beni, data l’espressa riserva alla giurisdizione ordinaria (art. 5, legge n. 1034/1971) d’indennità, canoni ed altri corrispettivi.

Conclusivamente, l’appello va respinto, mentre l’impugnata sentenza va, dunque, confermata integrandone come sopra la motivazione e nulla disponendosi per spese ed onorari del giudizio di seconda istanza, in cui la parte appellata non si è costituita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, respinge l’appello e nulla dispone per spese ed onorari del giudizio di secondo grado.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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