Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-12-2010) 20-01-2011, n. 1818 Testimoni; Violenza sessuale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Campobasso, con sentenza del 6 ottobre del 2009, in parziale riforma di quella pronunciata con il rito abbreviato dal giudice dell’udienza preliminare presso il tribunale di Larino, riduceva ad anni due e mesi sei di reclusione la pena che era stata inflitta a L.C.L., quale responsabile di abuso sessuale continuato e di lesioni personali continuate in danno di M.A.D..

Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nel provvedimento impugnato M.A.D., dopo avere avuto per oltre tre anni una relazione sentimentale con L.C.L., aveva deciso di interrompere il rapporto avendo appreso che il suo amante era coniugato con prole. La cessazione del rapporto non era stata accettata dall’uomo, il quale aveva continuato a presentarsi nell’abitazione della M. e con urla incontenibili aveva preteso di entrare in casa. Per evitare reclami da parte dei condomini la donna lo faceva entrare. In tali occasioni l’imputato con percosse costringeva la M. a subire rapporti sessuali. In un’occasione stava persino per strangolarla se non fosse tempestivamente intervenuto tale P.L., proprietario dell’appartamento. In altra circostanza era intervenuta la polizia Ad alcuni litigi aveva assistito anche V.T., la quale prima della denuncia aveva altresì ricevuto le confidenze della donna in merito ai rapporti sessuali violenti.

L’affermazione di responsabilità si fondava sulle dichiarazioni della donna le quali erano state ritenute intrinsecamente attendibili e riscontrate,relativamente alle lesioni, dalle dichiarazioni rese dal P. e, quanto alla violenza sessuale, anche da quelle della V., destinataria delle confidenze della parte lesa.

Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore sulla base di due motivi.

Con il primo lamenta la violazione degli artt. 597 e 192 c.p.p..

Sotto il primo profilo sostiene che, mentre il tribunale aveva ritenuto che le dichiarazioni della parte lesa dovessero essere riscontrate a norma dell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, perchè la vittima era indagata per calunnia su denuncia sporta dal prevenutola corte aveva invece affermato che non dovessero essere riscontrate da elementi esterni. In tal modo secondo il difensore era stato violato il principio di cui all’art. 597 c.p.p.. Sotto il secondo profilo ribadisce che le dichiarazioni della persona lesa dovevano essere riscontrate da elementi esterni a norma dell’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 e che non può considerarsi riscontro esterno individualizzante la deposizione della V. in ordine alle confidenze ricevute dalla parte lesa.

Con il secondo motivo deduce la violazione della norma incriminatrice in merito alla mancata concessione dell’attenuante della minore gravità del fatto e comunque mancanza di motivazione sul punto per avere i giudici omesso di considerare che il prevenuto aveva intrattenuto una lunga relazione con la parte lesa.

Motivi della decisione

Il ricorso al limite dell’ammissibilità perchè si ripetono censure già puntualmente esaminate dal giudice del merito va comunque respinto perchè infondato.

Il divieto della reformatio in peius va riferito solo al dispositivo della sentenza e non alla motivazione che nel complesso potrebbe essere anche più sfavorevole ed in ogni caso per espresso dettato normativo non copre la diversa qualificazione giuridica del fatto e a fortiori l’applicabilità di norme diverse da quelle applicate dal giudice di primo grado se non incidono sulla misura della pena e se non comportino la pronuncia di una formula di proscioglimento meno favorevole.

Secondo l’orientamento prevalente di questa Corte le regole dettate dall’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 non sono applicabili alla persona offesa. Inoltre la regola di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4 è di stretta interpretazione e perciò non è suscettibile di applicazione analogica. Pertanto essa non rileva quando si tratti di persone non inquadrabili nelle categorie di cui all’art. 192, commi 3 e 4. Nel caso in esame tra il delitto ascritto al prevenuto e la denuncia per calunnia sporta da quest’ultimo nei confronti della parte lesa non esisteva alcuna connessione a norma dell’art. 12 o art. 371 c.p.p., comma 2, lett. b).

In ogni caso nella fattispecie le dichiarazioni della parte lesa sono state persino riscontrate da elementi esterni.

Invero, in questa materia, proprio perchè al fatto solitamente non assistono testimoni, acquistano valori di riscontro esterno anche le confidenze rese dalla vittima a terzi in periodi non sospetti Le stesse aggressioni alle quali hanno assistito i testimoni costituiscono riscontri esterni perchè non giustificate da un fine diverso da quello di non accettare la rottura del rapporto da parte dell’imputato.

Con riferimento al secondo motivo, si osserva che, secondo l’orientamento di questa corte,(cfr per tutte Cass. n 2001 del 2007), in tema di reati sessuali, deve escludersi la concedibilità dell’attenuante speciale prevista dall’art. 609 bis c.p., comma 3 (casi di minore gravità) ove gli abusi perpetrati in danno della vittima si siano protratti nel tempo.

P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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