Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-12-2010) 20-01-2011, n. 1816 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Catania, sezione distaccata di Adrano, con sentenza del 17/6/09, dichiarava L.C.M. colpevole dei reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), art. 93, comma 1, art. 95 e art. 94, commi 1 e 4, art. 95, e la condannava alla pena di mesi 3 di arresto ed Euro 9.000,00 di ammenda.

La Corte di Appello di Catania, pronunciandosi sull’appello avanzato dalla prevenuta, ha confermato la decisione di prime cure.

Propone ricorso per cassazione la L.C. a mezzo del proprio difensore, con i seguenti motivi:

– omessa motivazione in ordine agli elementi che hanno determinato il decidente a ritenere l’imputata responsabile dei reati ad essa ascritti;

– le contravvenzioni di cui ai capi b) e c) dovevano essere dichiarate estinte per prescrizione, maturata antecedentemente alla pronuncia impugnata;

– la Corte territoriale ha errato nell’individuare temporalmente la commissione dell’illecito: il manufatto fu edificato in data anteriore al (OMISSIS), per cui il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), risulta ampiamente prescritti.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.

La argomentazione motivazionale, svolta dalla Corte di Appello di Catania, si palesa del tutto logica e corretta.

Il giudice di merito ha evidenziato che dalla istruttoria dibattimentale è emerso che in data 28/6/2006 il geometra dell’ufficio tecnico del Comune di (OMISSIS), P.P., accertava la realizzazione di una copertura con tetto a falde, con struttura portante in legno e posa di tegole, su un preesistente edificio, a due elevazioni, in proprietà a L.C.M., con conseguente creazione di un nuovo corpo di fabbrica di circa mq. 70, mentre, di contro, presso l’ufficio tecnico risultava agli atti una comunicazione di inizio lavori per manutenzione ordinaria, relativa al piano primo, con relazione a firma di tecnico abilitato.

A giusta ragione il giudice di merito ha ritenuto che l’appello fosse immeritevole di accoglimento, in quanto la prospettata buona fede della prevenuta non poteva desumersi dalla comunicazione di inizio lavori di manutenzione ordinaria, riguardanti spicconatura pareti e soffitti, rifacimento intonaci, snellimento pavimento con posa in opera del nuovo, adeguamento impianti, sostituzione infissi, rifacimento servizi igienici e ballatoi, nonchè tinteggiatura, interventi questi del tutto differenti dalle opere realmente edificate. Tale diversità, dovuta alla consistenza e natura del nuovo manufatto, rispetto a ciò che risulta in comunicazione di inizio lavori, necessitante del permesso di costruire, non poteva essere ignorato dalla imputata.

Del pari privi di fondamento si palesano gli ulteriori motivi di ricorso, relativi alla eccepita estinzione dei reati contestati, in quanto il termine prescrizionale da applicare nel caso de quo è quello disposto con la L. n. 251 del 2005, cioè di anni 5, visto che la sentenza di primo grado è stata resa il 17/6/09, per cui detto termine andrà a compiersi alla fine del corrente anno 2010; la individuazione della data del commesso reato è stata, a giusta ragione, individuata dal decidente, con puntuale richiamo alla deposizione del teste R.V., il quale ha dichiarato che i lavori de quibus si erano definiti alla fine del mese di dicembre dell’anno (OMISSIS).

Osservasi, peraltro, che le censure mosse in ricorso si rivelano in fatto, sostanziandosi in una rivalutazione delle emergenze istruttorie, oggetto di analisi valutativa da parte del giudice di merito, sulle quali, pertanto, questa Corte vede precluso ogni riesame estimativo.

Tenuto conto, poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la L.C. abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la stessa, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., deve essere, altresì, condannata al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente determinata, in ragione dei motivi dedotti nella misura di Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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