Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 02-12-2010) 20-01-2011, n. 1814 Applicazione della pena; Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Modena, in composizione monocratica, con sentenza in data 6/7/2010, emessa ex art. 444 c.p.p., ha applicato nei confronti di A.H., imputato del delitto p. e p. del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, la pena di mesi 6 di reclusione ed Euro 5.000,00 di multa, per la detenzione di 19 grammi circa di hashish.

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione per i seguenti motivi:

1. erronea applicazione del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5.

Il peso della sostanza sequestrata e gli altri elementi di fatto non giustificherebbero la qualificazione del fatto operata dal giudicante, in relazione all’ipotesi di cui al comma 1 della fattispecie. Deve anche essere considerato ormai superato quell’orientamento che riteneva quanto al parametro della qualità richiamato dal D.P.R. n. 309 del 1990, che esso dovesse essere individuato solo nella "purezza" della sostanza stupefacente, mentre era invece indifferente il tipo della sostanza stupefacente. Nel caso di specie, il fatto va considerato di lieve entità proprio perchè si tratta di derivato della cannabis, alla quale viene riconosciuta una minore pericolosità. 2. erronea applicazione dell’art. 129 c.p.p. e difetto di motivazione.

Il giudice avrebbe dovuto esaminare, prima di verificare la legittimità della proposta concordata di pena, gli atti del procedimento al fine di riscontrare l’eventuale esistenza di una causa di non punibilità, che impone il proscioglimento dell’imputato. L’eventuale giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p. dovrebbe essere accompagnato da una specifica motivazione in quanto la giurisprudenza ha ritenuto che il giudice in sede di patteggiamento può rilevare non solo l’esistenza di prove positive dell’innocenza dell’imputato, ma anche la mancanza di prove della colpevolezza. Il giudice di primo grado non avrebbe svolto tale valutazione o quanto meno non avrebbe dato adeguata motivazione della ritenuta non sussistenza dei presupposti richiesti per la pronuncia della sentenza di proscioglimento.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il ricorrente si duole che il giudicante abbia qualificato la fattispecie della detenzione a fini di spaccio di sostanza stupefacente nell’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1. Ma così non è, posto che nella richiesta concordata di pena le parti hanno previsto il riconoscimento della circostanza attenuante di cui al comma 5 del medesimo articolo ed il giudice ha ritenuto corretta tale configurabilità, come si evince dalla parte motiva della sentenza, in ragione della modesta quantità di principio attivo presente nella droga sequestrata.

2. Quanto al secondo motivo di ricorso, osserva la Corte che il ricorrente non ha indicato specificamente le risultanze delle indagini preliminari dalle quali emergerebbe l’assoluta inidoneità degli elementi di accusa a suo carico e la sussistenza, invece, di elementi dimostrativi dell’estraneità al fatto contestato, ma si è limitato ad una doglianza generica relativa alla qualificazione del fatto in relazione al tipo di sostanza stupefacente in sequestro (nel primo motivo di ricorso) ed alla mancanza di motivazione circa l’insussistenza di elementi per addivenire ad una pronuncia di proscioglimento.

Al riguardo, è principio pacifico in giurisprudenza (per tutte, Sez. 3, n. 1693 del 1/6/2000, Rv. 216583) che, nel giudizio definito ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è inammissibile, per genericità, l’impugnazione nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o comunque l’omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non punibilità, quando la censura non sia accompagnata dalla indicazione specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al giudice l’assoluzione o il proscioglimento ex art. 129 c.p.p. Infatti, nell’ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla parte, secondo lo schema procedimentale previsto dall’art. 444 c.p.p., l’esigenza di specificità delle censure deve ritenersi più pregnante rispetto ad ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la censura sul provvedimento che abbia accolto la richiesta di patteggiamento avanzata dall’impugnante, deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto in precedenza richiesto dalla stessa parte (Sez. Unite, n. 11493 del 24/6/1998, Rv. 211468).

Peraltro, deve aggiungersi che la sentenza impugnata risulta congruamente e diffusamente motivata, in quanto contiene una dettagliata descrizione degli specifici elementi di responsabilità raccolti nell’attività di indagine a carico dell’ A., dai quali il giudice monocratico del Tribunale di Modena ha ritenuto emergesse con evidenza la responsabilità dell’imputato per il delitto di detenzione di sostanza stupefacente, tipo hashish, a fini di spaccio.

Il presente ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile e a tale dichiarazione consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al pagamento di una somma a favore della Cassa delle Ammende nella misura che si stima equo determinare in Euro millecinquecento.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio e della somma di 1500 Euro alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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