Cons. Stato Sez. VI, Sent., 17-01-2011, n. 248 Professori universitari; Personale ospedaliero

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di appello n. 10147/06, notificato il 27.11.2006, l’Università degli Studi di Milano chiedeva l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Milano, sez. II, n. 575/06 del 3.3.2006 (che non risulta notificata), con la quale era stato accolto il ricorso proposto dal professor A.M. per l’accertamento del proprio diritto a percepire le differenze retributive dovute (comprensive di interessi e rivalutazione monetaria), per le funzioni assistenziali svolte in qualità di Responsabile della Divisione di Medicina Interna presso il Padiglione Sacco dell’Ospedale Maggiore di Milano, nel periodo 1.11.1998 – 31.5.2000.

Nella citata sentenza si rilevava come – a norma dell’art. 102 del D.P.R. n. 382/1980 (ma anche di disposizioni normative precedenti) – al personale docente universitario, esplicante attività assistenziale presso cliniche o istituti di ricovero e di cura, convenzionati ex art. 39 della legge n. 833/1978, spettasse l’equiparazione rispetto al trattamento economico del personale delle Unità Sanitarie Locali di pari funzioni, mansioni e anzianità. Nella situazione in esame, essendo stata affidata al citato prof. M., con delibera n. 1701/1998, la direzione della Divisione di Medicina Interna dell’Ospedale Maggiore di Milano, non avrebbe potuto porsi in dubbio l’obbligo dell’Amministrazione universitaria di corrispondere gli emolumenti richiesti, senza che su tale obbligo incidesse la provenienza delle somme dovute dall’Azienda sanitaria. Tenuto conto, infatti, del rapporto di impiego instaurato dai medici universitari con gli Atenei, in cui i medesimi svolgono attività didattica, ogni emolumento – anche perequativo ed aggiuntivo – non avrebbe potuto che gravare sull’Ente datore di lavoro, in applicazione dell’art. 31, commi 1 e 2 del D.P.R. n. 761/1979, come interpretato dalla più recente giurisprudenza.

In sede di appello le conclusioni in precedenza sintetizzate venivano contestate, dovendo l’Ente ospedaliero corrispondere all’Università i fondi necessari per il pagamento dell’indennità in questione e risultando non versate, nella fattispecie, le somme da erogare, nonostante i solleciti inoltrati all’Ospedale Maggiore di Milano. In tale situazione la medesima Università non sarebbe stata in grado di anticipare le somme occorrenti, "non potendosi imputare ai fondi del bilancio universitario l’onere di spesa", fino a che non fossero "incamerate e iscritte a bilancio le somme….vincolate alla cennata destinazione, previo versamento da parte dell’Ente ospedaliero".

Il prof. M., costituitosi nella presente fase di giudizio, chiedeva viceversa la conferma della sentenza appellata.

Motivi della decisione

Il Collegio rileva in via pregiudiziale (senza entrare nella problematica connessa alla data di deposito dell’appello, in quanto antecedente all’entrata in vigore dell’art. 9 del D.Lgs. 2.7.2010, n. 104) la sussistenza di giurisdizione del Giudice Amministrativo per il personale medico delle cliniche universitarie, investito anche di funzioni docenti, in quanto la compenetrazione fra attività didattiche e assistenziali non elimina lo status giuridico di professore universitario degli appartenenti al personale stesso, il cui rapporto di impiego rientra nella cognizione esclusiva del predetto Giudice a norma degli articoli 3 e 63, comma 4 del D.Lgs. 30.3.2001, n. 165 (cfr. anche, in tal senso, Cass.SS.UU., 5.4.2005, n. 7000, 30.3.2005, n. 6635 e 11.3.2004, n. 5054; Cons. St., sez. VI, 9.3.2005, n. 977.

Ancora in via preliminare, deve essere osservato che le ragioni difensive esposte in primo grado di giudizio – e contestate in appello – riguardavano non la spettanza o l’entità dell’indennità di perequazione, di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 761/1979, ma l’individuazione del soggetto gravato dal correlativo obbligo di corresponsione, anche in presenza di inadempienze rispetto al convenzionamento fra Università e Regione, a tale riguardo previsto dal D.Lgs. n. 517/1999.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello non possa trovare accoglimento.

Risulta pacifico infatti – nel sistema delineato dall’art. 6 del D.Lgs n. 517/1999, nonchè, antecedentemente, dall’art. 3 del D.P.R. n. 761/1979 e dall’indennità cosiddetta "D.M.", di cui all’art. 102 del D.P.R. n. 382/1980 – che la disposta equiparazione del trattamento economico del personale medico universitario, rispetto a quello del personale medico ospedaliero, non determini la formazione di un comparto unitario della dirigenza sanitaria, poiché i medici che esercitano attività sia assistenziale che di docenza universitaria non mutano il proprio status giuridico ed economico di base, per la già ricordata compenetrazione tra funzioni didattiche e assistenziali (cfr. anche, sul punto, Corte Cost., n. 126/1981). Le rilevate disparità di trattamento di tali medici, rispetto al corrispondente personale del servizio sanitario nazionale, hanno però giustificato – ex art. 31 del D.P.R. 20.12.1979, n. 761 (stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali) – la corresponsione agli stessi di "una indennità…nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello delle unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianità"; analoga integrazione è corrisposta sui compensi per lavoro straordinario e per le altre indennità, previste dall’accordo nazionale unico". Il carattere perequativo dell’indennità in questione, dunque, implica un tendenziale allineamento della posizione economica del docente universitario, operante nelle cliniche ospedaliere, rispetto al personale medico inquadrato nel S.S.N., pur senza automatica estensione di ogni voce stipendiale o indennità, data la persistente separatezza dei rispettivi rapporti di lavoro.

Anche se, pertanto, sono state previste convenzioni fra Regioni e Università, con assunzione di obblighi delle prime nei confronti delle seconde, in corrispondenza della fruizione del servizio assistenziale di cui trattasi, la perequazione del trattamento retributivo del personale medico deve ritenersi operante anche indipendentemente dalle convenzioni stesse, derivando dal sistema normativo sopra citato diritti soggettivi del personale in questione nei diretti confronti del proprio datore di lavoro (cfr. anche, per il principio, Cons. St., sez. VI, 15.10.1996, n. 1342, 16.5.1995, n. 447, 3.11.1998, n. 1506, 28.1.2000, n. 407 e 29.1.2010, n. 389).

Le amministrazioni universitarie pertanto – in considerazione del più volte richiamato carattere inscindibile delle funzioni assistenziali, rispetto a quelle didattiche – debbono ritenersi tenute al pagamento dell’intera retribuzione spettante al personale docente, investito di entrambe le predette funzioni, in corrispondenza di un capitolo di bilancio obbligatorio e da istituire con la necessaria capienza, a prescindere dalla separata (benché connessa) gestione dei rimborsi, che tali amministrazioni abbiano titolo a percepire – quale voce attiva del bilancio stesso – nei confronti delle Regioni, in forza dei rapporti convenzionali con queste ultime instaurati: rapporti, ai quali non possono che restare estranei i singoli dipendenti.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto; le spese giudiziali, da porre a carico della parte soccombente, vengono liquidate nella misura di Euro. 2000,00 (Euro duemila/00).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, RESPINGE il ricorso in appello indicato in epigrafe; CONDANNA l’appellante al pagamento delle spese giudiziali, nella misura di Euro. 2000,00 (Euro duemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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