Cons. Stato Sez. VI, Sent., 17-01-2011, n. 247 Professori universitari associati

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1. Con il ricorso n. 4801 del 1993, proposto al Tribunale amministrativo del Lazio, sede di Roma, il prof. V.M.P., il quale aveva conseguito la nomina a professore associato ai sensi dell’art. 52 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, impugnava il D.M. 5 gennaio 1993 con il quale era stata confermata la sua nomina d’ufficio al posto di professore associato per la disciplina "letteratura greca" nella Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Bari, dopo che un precedente decreto, dello stesso contenuto, era stato annullato dallo stesso Tribunale (con la precedente sentenza n. 1739 del 1991), il quale aveva anche ordinato l’esecuzione del giudicato così formatosi (con la sentenza n. 247 del 1993).

2. Egli lamentava la violazione del giudicato e sentenza già emanata per la sua esecuzione, la violazione dell’art. 53 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, e dell’art. 2 della legge 13 agosto 1984, n. 478, eccesso di potere per difetto di motivazione ed illogicità, ingiustizia manifesta e mancanza del parere del Consiglio universitario nazionale, chiedendo quindi l’annullamento del provvedimento impugnato.

3. Con la sentenza in epigrafe n. 2694 del 1993, il Tribunale amministrativo del Lazio, sede di Roma, Sezione III, respingeva il ricorso.

4. Con l’appello in esame, il prof. V.M.P. ha impugnato la sentenza del TAR n. 2694 del 1993, contestando le argomentazioni che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituito in giudizio il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, chiedendo il rigetto dell’appello.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 30 novembre 2010.

5. L’appellante è stato nominato professore associato ai sensi dell’art. 52 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, ed è stato nominato d’ufficio dal Ministero della pubblica istruzione presso l’Università degli studi di Bari, in relazione alla cattedra di letteratura greca presso la facoltà di lettere e filosofia, con un primo decreto in data 11 gennaio 1988.

Egli ha impugnato il relativo provvedimento, sostenendo che l’Amministrazione aveva immotivatamente respinto la sua domanda di nomina presso l’Università di Napoli.

L’impugnazione era stata accolta dal Tribunale amministrativo del Lazio, sede di Roma, Sezione I, con la sentenza 14 ottobre 1992 n. 1739, che ha annullato il provvedimento impugnato espressamente facendo salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

La sentenza non è stata appellata.

Peraltro, il procedimento attivato in esito alla predetta sentenza non è stato portato a conclusione.

L’odierno appellante ha quindi proposto ricorso per l’esecuzione del giudicato, accolto dal Tribunale amministrativo del Lazio, Sezione III, con la sentenza 20 febbraio 1993, n. 247, ordinando al Ministero dell’Università di rinnovare in toto la procedura, comunicando il motivato esito della medesima entro settantacinque giorni dalla comunicazione della medesima sentenza.

In esecuzione di quest’ultima sentenza, in data 5 gennaio 1993 è stato emanato il provvedimento oggetto del presente giudizio, con il quale il Ministro dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica ha ribadito la nomina dell’appellante presso l’Università di Bari.

5. Col ricorso di primo grado, l’appellante ha contestato anche quest’ultimo provvedimento, sostenendo la sua contrarietà al comando dettato dalla sentenza di merito e da quella con la quale è stata ordinata l’esecuzione del giudicato formatosi sulla medesima, nonché la violazione dell’art. 53 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, e che il Ministero avrebbe dovuto disporre la sua nomina presso l’Università degli Studi di Napoli.

L’impugnazione è stata respinta dal primo giudice, con la sentenza n. 2694 del 2003.

6. Così riassunte le vicende che hanno preceduto il secondo grado del giudizio, ritiene la Sezione che l’appello sia infondato e vada respinto.

La sentenza 14 ottobre 1992, n. 1739, nell’annullare il primo provvedimento di assegnazione dell’odierno appellante all’Università di Bari aveva espressamente fatti salvi gli ulteriori provvedimenti.

Il Ministro, nel provvedere nuovamente sulla domanda dell’appellante, ha nuovamente acquisito l’avviso del Consiglio della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Napoli, il quale ha sottolineato come il primo parere negativo, già espresso nei confronti dell’appellante, non riguardava, in realtà, esclusivamente la sua istanza.

Il Consiglio di Facoltà ha infatti osservato come la chiamata dell’appellante, così come quella di qualsiasi docente dichiarato idoneo a seguito della procedura cui ha partecipato lo stesso appellante, sarebbe stata contraria alla programmazione didattica della Facoltà.

Osserva, di conseguenza, il Collegio che la vicenda dell’odierno appellante è inquadrata nell’ambito di una scelta organizzativa dell’Università degli studi di Napoli (della cui autonomia il Ministero ha doverosamente preso atto), la cui complessità trascende la considerazione specifica della sua domanda, ed osserva inoltre che in quest’ambito la domanda stessa è stata espressamente presa in considerazione, giungendo al suo espresso rifiuto con votazione quasi unanime (due astensioni).

Del tutto legittimamente, inoltre, il Ministro non ha acquisito un ulteriore parere del C.U.N., atteso che il suddetto Comitato si era già espresso favorevolmente sulle valutazioni a suo tempo formulate dall’Università, riconfermate a seguito della rinnovazione del procedimento..

Osserva, inoltre, il Collegio come la domanda dell’appellante non abbia ottenuto alcun parere favorevole nel corso del procedimento, in considerazione delle univoche e motivate determinazioni dell’Università degli studi di Napoli, che fanno escludere i profili di eccesso di potere dedotti dall’appellante.

6. L’appello deve, in conclusione, essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza, contenute nella misura indicata in dispositivo in ragione della complessiva attività svolta dalla parte appellata.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello n. 4742 del 2006, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore della controparte costituita, di spese ed onorari del presente grado del giudizio, che liquida in complessivi Euro 300,00 (trecento/00), oltre agli accessori di legge, se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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