Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 17-11-2010) 20-01-2011, n. 1790 Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici; Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Confermando la decisione del primo Giudice, la Corte di appello di Roma, con sentenza 10 febbraio 2010, ha ritenuto gli imputati N. M. ed O.L. responsabili dei reati previsti dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. c, (T.U.), D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 li ha condannati alla pena di giustizia.

Per quanto concerne la revoca della ammissione dei testi della difesa e l’epoca della edificazione (unici punti coinvolti nei motivi di ricorso), la Corte territoriale ha rilevato che, prescindendo dalla legittimità della relativa ordinanza, l’escussione era irrilevante.

Ciò in quando la presenza di ponteggi all’interno del manufatto alla epoca dello accertamento del reato ((OMISSIS)) escludeva la tesi difensiva, che i testi avrebbero dovuto provare, secondo la quale la edificazione risaliva allo anno (OMISSIS).

Per l’annullamento della sentenza, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione deducendo violazione dei diritti della difesa garantiti dal nostro ordinamento e dall’art. 6 Cedu.

Fanno presente come il Tribunale abbia illegittimamente ritenuto che la mancata citazione di un teste ne comportasse la inammissibilità e che la assenza dibattimentale non giustificata degli altri testimoni comportasse la impossibilità per gli imputati di farli escutere in giudizio. Lamentano che la Corte di Appello, altrettanto illegittimamente, abbia reputato inutile le audizioni richieste soprapponendo alla sollecitata prova storica di un fatto le proprie valutazioni e convinzioni.

Concludono rilevando che, comunque, le prove documentali acquisite e la audizione dell’unico teste confermavano l’assunto difensivo sulla epoca della edificazione con conseguente necessità di declaratoria di prescrizione (quanto meno in virtù del principio in dubio pro reo).

Le censure sono manifestamente infondate.

Dagli atti di causa (che la Corte è facoltizzata a compulsare essendo stato dedotto un vizio processuale), si rileva che alla udienza dibattimentale del 14 novembre 2008 il Giudice ha revocato l’ammissione dei testi a difesa; dal verbale risulta che il legale che assisteva gli imputati nulla ha eccepito sulla violazione del diritto alla prova.

La nullità a regime intermedio, consumata alla presenza della parte, avrebbe dovuto essere eccepita immediatamente dopo la lettura della ordinanza di revoca dei testi come prescritto dall’art. 182 c.p.p., comma 2; di conseguenza, la deduzione circa la violazione dei diritti della difesa sollevata con l’atto di appello è tardiva per mancata osservanza del termine endoprocessuale.

Inoltre, la Corte territoriale ha correttamente giustificato il mancato esercizio del potere discrezionale conferito dall’art. 603 c.p.p., comma 1 rilevando come il richiesto supplemento istruttorio fosse inconferente in quanto l’epoca della edificazione era già aliunde accertata.

Sul punto, è corretta la deduzione della difesa secondo la quale il Giudice non può non ammettere una prova nella presunzione che apporterà elementi inutili alla decisione, in tale modo, anticipando una valutazione che deve essere successiva al suo espletamento.

Tuttavia tale principio, valevole per il primo grado e per le nuove prove in appello, deve essere correlato alla regola inserita nell’art. 603 c.p.p., comma 1 secondo la quale la rinnovazione del dibattimento è possibile solo se la Corte non è in grado di decidere allo stato degli atti.

La norma esplicita che la assunzione di prove non nuove in appello è una facoltà eccezionale, in coerenza con la presunzione di completezza della istruzione compiuta in primo grado, che la Corte può attivare solo se indispensabile ai fini decisori.

Nel caso concreto, i Giudici hanno esplicitato la ragione per la quale la prova richiesta non fosse indispensabile per risolvere dubbi in relazione alla prospettiva di una modifica della decisione impugnata;

la decisione sul tema (e la conseguente conclusione sull’epoca della edificazione) non merita censure.

Per le esposte considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna di ciascun proponente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma – che la Corte reputa congruo fissare in Euro mille – alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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