Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso principale al T.A.R. Palermo, la ricorrente sig.ra Grcar Cammarata Ruzica, allora proprietaria del complesso immobiliare adiacente alla Torre Roccella, impugnava i seguenti atti: – diffida soprintendentizia, prot. n. 5148/T.U. del 18.10.2005, a dare avvio ai lavori di ristrutturazione della Torre Roccella, ad eccezione del recupero conservativo della Torre;
– nota soprintendentizia, prot. n. 5105 del 21.10.2005, di sospensione dei lavori che non riguardino il recupero della Torre;
– nota soprintendentizia prot. 3360/T.U. del 15.6.2005;
con i quali la Soprintendenza ai BB.CC. ed AA. di Palermo le aveva impedito la realizzazione di opere diverse da quelle di mero recupero conservativo della Torre.
Premesso di avere conseguito nell’anno 2000 l’approvazione soprintendentizia di un progetto per il recupero e ripristino dell’antico borgo medievale – stante la preesistenza di un vincolo monumentale sulla Torre e di un vincolo paesaggistico-ambientale sulla zona – e nell’anno 2005 la concessione edilizia del Comune di Campofelice di Roccella per la realizzazione delle dette opere, deduceva avverso i suddetti provvedimenti censure di eccesso di potere sotto molteplici profili, violazione degli artt. 151 e 23 D.Lgs. n. 490/1999 e 16 del Regolamento n. 1357/1940, violazione degli artt. 169, co. 1, lett. A), e 28 del D.Lgs. n. 42/2004, incompetenza e violazione degli artt. 7 ed 8 L. n. 241/1990 e degli artt. 8 e segg. L.R. n. 10/1991.
L’attività provvedimentale posta in essere dalla Soprintendenza sarebbe risultata in evidente contraddizione con la precedente approvazione del progetto di recupero e ripristino del borgo medievale a suo tempo rilasciata. Parimenti illegittima sarebbe stata la pretesa della Soprintendenza di imporre al Comune di Campofelice l’adozione di provvedimenti di natura urbanistico-edilizio (zonizzazione) esulanti dalla propria competenza ed incidenti negativamente sulla realizzabilità del detto progetto.
L’Amministrazione regionale intimata si costituiva in giudizio.
Con ricorso per prosecuzione e motivi aggiunti, la soc. Di Vita ing. Pietro s.r.l., in qualità prima di comproprietaria e successivamente di proprietaria esclusiva del complesso immobiliare, si costituiva nel giudizio ed impugnava con motivi aggiunti il D.D.le 23.3.2007 n. 5455 con il quale il "Castello" ed il "Baglio", facenti parte del "Complesso della Roccella", venivano dichiarati di notevole interesse storico, artistico ed architettonico ed erano state dettate prescrizioni per le aree adiacenti a detti immobili.
Deduceva le seguenti censure:
1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 12 e 14 D.Lgs. n. 42/2004; eccesso di potere, per avere proceduto alla dichiarazione di notevole interesse storico, artistico ed architettonico di beni di nessun pregio, parzialmente diruti ed in condizioni tali da non potervi riscontrare alcuno dei pretesi pregi storici e qualità culturali.
2) Violazione sotto altro profilo degli artt. 10, 12 e 14 D.Lgs. n. 42/2004 e degli artt. 3 L. n. 241/1990 e L.R. n. 10/1991 per assenza di alcuna motivazione in ordine all’imposizione di vincolo indiretto su di un’area di 28.000 mq circostanti il complesso immobiliare sui quali era prevista la realizzazione del progetto di recupero e ripristino già assistito da autorizzazione soprintendentizia e concessione edilizia.
La società articolava, inoltre, domanda risarcitoria per un importo superiore agli undici milioni di euro.
Si costituiva in giudizio anche l’Amministrazione comunale di Campofelice.
Con sentenza n. 538/09, il T.A.R. adito ha dichiarato inammissibile il ricorso principale e respinto nel merito quello per motivi aggiunti.
Con l’appello in epigrafe, la società ricorrente, ribadendo quanto dedotto con il ricorso per motivi aggiunti proposto innanzi al T.A.R. Palermo, ha articolato, in particolare, le seguenti censure.
L’interesse della ricorrente all’annullamento del vincolo non riguarderebbe né la torre, peraltro non più di sua proprietà, e neppure il castello, relativamente ai quali non ha mai presentato alcun progetto volto a modificare lo stato dei luoghi, bensì il baglio ed i locali ad esso adiacenti.
Relativamente a questi ultimi beni, il vincolo imposto con i provvedimenti impugnati non risulterebbe adeguatamente motivato in ordine ai presupposti della dichiarazione di intereresse particolarmente importante.
Sarebbe altresì illogica e non motivata l’opposizione del vincolo indiretto su un territorio di 28.000 mq. di superficie, a fronte della descrizione contenuta nella relazione, concernente soli 7 ambienti.
Il provvedimento di vincolo risulterebbe illogicamente ed incongruamente motivato in quanto non v’è traccia del necessario contemperamento tra la tutela del bene culturale, da un lato, e gli altri interessi pubblici (iniziativa privata ed occupazione) nonché il sacrificio imposto al privato, dall’altro.
Non sarebbe stata tenuta in considerazione la circostanza che l’odierno appellante avrebbe presentato un progetto conforme alle prescrizioni della Soprintendenza impartite prima nel 1997 e poi nel 2000, da cui deriva la dedotta contraddittorietà dei provvedimenti impugnati.
Infine, non si sarebbe tenuto conto dell’affidamento riposto dal ricorrente nelle autorizzazioni della Soprintendenza del 1997 e del 2000 e nella concessione edilizia rilasciata dal Comune nel 2005.
Conclusivamente, l’appellante ha chiesto l’annullamento del provvedimento di vincolo, perché illegittimo, e dei provvedimenti impugnati con il ricorso originario, nonché la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.
Si è costituito il Comune di Campofelice di Roccella per sostenere la legittimità dei provvedimenti ex adverso impugnati e per chiedere, conclusivamente, il rigetto dell’appello perché infondato.
Ha replicato la ricorrente per dedurre, preliminarmente, la mancanza di legittimazione da parte del Comune di Campofelice di Roccella in ordine al giudizio in argomento e per ribadire la richiesta di annullamento dei provvedimenti impugnati nonché la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.
Si è costituito, a sua volta, l’Assessorato appellato con apposita memoria difensiva con la quale, a conferma della sentenza impugnata, ha chiesto il rigetto dell’appello in quanto infondato in fatto ed in diritto.
Alla pubblica udienza del 27 aprile 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Preliminarmente, va respinta l’eccezione, sollevata dalla ricorrente, sul presunto difetto di legittimazione in capo al Comune in ordine al presente giudizio.
Invero, il Comune effettivamente ebbe a rilasciare nel 2005 una concessione edilizia agli originari proprietari dell’immobile in questione e ciò fece legittimamente in quanto detta concessione riguardava un bene all’epoca sottoposto a vincolo paesaggistico ambientale, in relazione al quale la competente Soprintendenza, con nota prot. n. 7021/17, aveva rilasciato il proprio nulla osta condizionato all’osservanza di alcune prescrizioni. Tuttavia, poiché con successivo D.D.le n. 5455/07 il casamento, denominato "Baglio", ricadente nell’area interessata, venne dichiarato di notevole interesse storico artistico ed architettonico e sull’area circostante venne imposto un vincolo indiretto, ben si può riconoscere in capo all’Amministrazione comunale – posto che non era ancora mutato lo stato dei luoghi oggetto della precedente concessione – un interesse alla tutela e conservazione dei suddetti beni ricadenti sul suo territorio e, quindi, una legittimazione ad intervenire nel presente giudizio, a nulla rilevando la censura circa la mancata adozione di un provvedimento di revoca in autotutela della concessione precedentemente rilasciata.
L’appello è, altresì, infondato nel merito e, pertanto, va respinto.
La controversia in oggetto riguarda l’impugnativa proposta dalla Di Vita ing. Pietro s.r.l., proprietaria del casamento, denominato "Baglio", facente parte del "Complesso della Roccella", avverso gli atti che, in virtù di un vincolo di notevole interesse storico, artistico ed architettonico imposto sullo stesso e di un vincolo indiretto imposto sull’area ad esso circostante, risultano del tutto ostativi al rilascio di concessione edilizia volta alla realizzazione del progetto di recupero e ripristino del "Baglio" suddetto e degli immobili circostanti.
La ricorrente deduce che, relativamente a questi beni, il vincolo imposto con i provvedimenti impugnati non risulterebbe adeguatamente motivato in ordine ai presupposti della dichiarazione di intereresse particolarmente importante.
Inoltre, sarebbe illogica e non motivata l’opposizione del vincolo indiretto su un territorio di 28.000 mq. di superficie, a fronte dei soli 7 ambienti considerati nella relazione alla base dell’impugnato provvedimento di imposizione del vincolo. Il provvedimento di vincolo risulterebbe illogicamente ed incongruamente motivato in quanto in esso non v’è traccia del necessario contemperamento tra la tutela del bene culturale, da un lato, e gli altri interessi pubblici (iniziativa privata ed occupazione) nonché il sacrificio imposto al privato, dall’altro.
Non sarebbe stata in alcun modo considerata la circostanza che l’odierno appellante avrebbe presentato un progetto conforme alle prescrizioni della Soprintendenza impartite prima nel 1997 e poi nel 2000, da cui deriva la dedotta contraddittorietà dei provvedimenti impugnati.
Infine, non sarebbe stato opportunamente valutato l’affidamento che il ricorrente avrebbe riposto nelle autorizzazioni della Soprintendenza del 1997 e del 2000 e nella concessione edilizia rilasciata dal Comune nel 2005.
Le superiori doglianze non possono essere condivise.
Premesso che l’impugnato decreto del Dirigente generale del Dipartimento regionale dei Beni Culturali ed Ambientali, n. 5455/ 2007, si basa su un giudizio espresso dalla competente Soprintendenza BB.CC.AA. di Palermo, che attiene alla discrezionalità tecnica dell’Amministrazione ed è sindacabile in sede di legittimità solo per difetto di motivazione, illogicità manifesta ed errore di fatto (cfr. ex multis Cons. St., VI Sez., n. 1766/01), va osservato che nel caso di specie il contenuto della relazione storico-tecnica a corredo del provvedimento impugnato dà compiutamente ragione del valore storico, artistico ed architettonico dei beni in questione – valore che, in realtà, l’appellante non è in grado di mettere in discussione – e ne riporta le fonti scientifiche di riferimento. Ne consegue che, avendo il provvedimento compiutamente dato atto della situazione, ogni altra valutazione circa il rilievo storico-artistico ed architettonico degli immobili e dell’area su cui essi insistono, nella sua attuale consistenza, appartiene alla discrezionalità della competente Amministrazione, non spettando al giudice amministrativo (tranne i casi di macroscopica illogicità, che qui non ricorrono) il giudizio di merito circa il valore di detti beni e circa l’interesse pubblico conseguente alla tutela.
Inoltre, per quel che concerne l’area complessivamente vincolata, nella quale rientrano i beni di interesse della ricorrente e che, a parere della stessa risulterebbe, nella superficie considerata, sproporzionata rispetto al valore culturale che si vuole tutelare, si osserva che essa è stata vincolata secondo le indicazioni catastali contenute nel suddetto decreto n. 5455/07 e per i motivi illustrati nella relazione storico-tecnica allo stesso allegata, che escludono la rilevanza di distinzioni all’interno dell’area vincolata, atteso che il vincolo tende a valorizzare l’unitarietà dell’area stessa come momento di sintesi dello storico insediamento urbano che si intende tutelare. D’altro canto, l’individuazione e la determinazione dell’ampiezza della zona di rispetto sono, per un verso, frutto di apprezzamento discrezionale e, per altro verso, non possono essere valutati astrattamente, ma in rapporto all’ubicazione, alla natura e alle caratteristiche dei beni costituenti l’insieme da preservare, risolvendosi il giudizio di logicità della scelta in un giudizio di congruità e di proporzione in relazione ai presupposti oggettivi (Cons. St., VI Sez., n. 4762/03).
Altrettanto infondato si rivela il motivo di appello circa l’eccesso di potere per mancata comparazione fra l’interesse pubblico all’intangibilità dello stato dei luoghi e l’interesse privato al godimento e all’utilizzazione dei beni, atteso il vincolo imposto sull’area in questione.
Orbene, costituisce principio affermato in giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, VI sez. n. 4658/00) che l’imposizione di vincolo di notevole interesse storico-artistico ed architettonico non è condizionato ad una ponderazione dell’interesse culturale con altri interessi, pubblici e privati, dovendosi riconoscere al primo, in conformità all’art. 9 Cost., un valore assoluto e, quindi, una prevalenza istituzionale.
Neppure può essere condivisa la doglianza della ricorrente circa una presunta contraddittorietà dei provvedimenti impugnati, in quanto il progetto sarebbe stato proposto per l’approvazione avendo tenuto conto delle prescrizioni della Soprintendenza impartite prima nel 1997 e poi nel 2000.
Orbene, il fatto che in precedenza, sulla base di un preesistente vincolo paesaggistico ambientale, siano stati rilasciati alla ricorrente provvedimenti favorevoli, ma pur sempre condizionati, per la realizzazione di un progetto di recupero dei beni oggetto del presente giudizio, ciò non può costituire legittimo impedimento all’adozione di provvedimenti di segno opposto giustificati dalla dichiarazione, da parte dell’organo competente, di un interesse storico, artistico ed architettonico di notevole valore riconosciuto ai beni in argomento.
Invero, se è pur vero che il vincolo suddetto è stato imposto successivamente all’adozione dei suddetti provvedimenti favorevoli alla ricorrente, è altrettanto vero che detto vincolo è stato imposto allorché lo stato dei luoghi non aveva subito alcuna modifica.
Quest’ultima circostanza esclude, altresì, che in capo alla ricorrente possa legittimamente riconoscersi l’invocato affidamento dalla stessa riposto nelle autorizzazioni della Soprintendenza del 1997 e del 2000 e nella concessione edilizia rilasciata dal Comune nel 2005.
Tanto premesso, non si ravvisano motivi per prendere in considerazione l’istanza di risarcimento di danni proposta dalla ricorrente.
Conclusivamente l’appello va rigettato perché infondato e, per l’effetto, viene confermata la sentenza di primo grado.
Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Poiché soccombente, parte ricorrente viene condannata a rimborsare all’Amministrazione appellata ed al Comune controinteressato le spese della presente fase di giudizio, liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.
Condanna la Di Vita ing. Pietro s.r.l., soccombente, al pagamento delle spese della presente fase di giudizio, determinate in complessivi Euro 8.000,00, in favore dell’Assessorato regionale Beni Culturali ed Ambientali e della P.I., appellato, e del Comune di Campofelice di Roccella, controinteressato, nella misura del 50% per ciascuno di essi.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 27 aprile 2010, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Chiarenza Millemaggi Cogliani, Gabriele Carlotti, Filippo Salvia, Pietro Ciani, estensore, componenti.
Depositata in Segreteria il 17 gennaio 2011.
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