Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 17-01-2011, n. 22 Procedimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al T.A.R.S. Palermo il sig. Fe.Da., premesso di avere partecipato al concorso, indetto con D.D. 6.4.1999, per l’accesso al ruolo della scuola materna statale, superando la prova scritta ma non quella orale, ha impugnato il decreto n. 3154 del 7.2.2000, nella parte in cui nomina il Presidente della 17° Sottocommissione del concorso predetto, ed il decreto n. 4767 del 22.2.2000, limitatamente alla parte in cui, nel modificare la composizione della 17° Sottocommissione (dalla quale è stato esaminato), ne conferma il Presidente nominato con il suddetto decreto n. 3154/2000, nonché il giudizio negativo sulla prova orale, deducendo le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 7 del bando, dell’art. 404 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, dell’O.M. n. 307 del 5.11.1994 e del D.M. n. 275 del 16.6.1998, per la nomina a Presidente della 17° Sottocommissione di un’insegnante di ruolo di scuola materna, anziché di un professore universitario, un ispettore tecnico o un direttore didattico, come prescritto dalle norme calendate e dalle relative disposizioni attuative.

Dall’illegittima composizione, sotto il profilo predetto, della Sottocommissione conseguirebbe l’illegittimità derivata di tutti gli atti da essa posti in essere;

2) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, "perché nel verbale relativo alla prova orale del ricorrente è apposto soltanto un voto senza alcuna motivazione".

Il ricorrente ha conclusivamente chiesto l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensione, e vinte le spese.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata.

Con ordinanza n. 140 del 24 gennaio 2001 è stata accolta l’istanza cautelare.

In vista dell’udienza, entrambe le parti hanno prodotto memorie: la difesa dell’Amministrazione per chiedere il rigetto del ricorso, col favore delle spese di giudizio; il ricorrente, insistendo per l’accoglimento, con particolare riguardo all’addotta censura di difetto di motivazione.

Con sentenza n. 27/05, il T.A.R. adito ha respinto il ricorso, ritenendo che il sig. Fe.Da. avrebbe dovuto impugnare non solo i provvedimenti contestati, ma anche quello di cui alla nota 5518/99, con la quale il Ministero della P.I. ha autorizzato il Provveditore agli Studi di Palermo a nominare a presidente di sottocommissione soggetti sprovvisti dei requisiti richiesti.

Inoltre, il Giudice di prime cure ha ritenuto infondato l’altro motivo di ricorso, concernente il difetto di motivazione del giudizio negativo della prova orale in quanto espresso con il voto numerico, richiamando l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, nelle prove di concorso, è invece sufficiente l’espressione di un voto numerico. Con l’appello in epigrafe, l’odierno ricorrente ha impugnato detta sentenza n. 27/05 chiedendo, in riforma della stessa, l’annullamento dei provvedimenti impugnati in primo grado.

In via subordinata, ha chiesto volersi ritenere non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio l’eccezione di legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 98 e 113 Cost., sospendendo il presente giudizio e rimettendo gli atti alla Corte Costituzionale.

In ulteriore subordine, sospendere il presente giudizio, salva riassunzione dopo che interverrà la sentenza della Corte Costituzionale sulla legittimità dell’art. 3 della legge n. 241/1990 sollevata dal TAR Lecce, sez. I, con ord. n. 1045 del 22.9.2002 e del TAR Bologna, sez. II, con ord. n. 2 del 4.1.2005.

Alla pubblica udienza del 3 febbraio 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

Preliminarmente, va dichiarata inammissibile la costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato, in difesa delle Amministrazioni appellate, per tardività.

Invero, il termine di dieci giorni prima dell’udienza di discussione, prescritto per la costituzione in giudizio e per il deposito di memorie, è perentorio, e non può subire deroghe nemmeno con il consenso delle parti, essendo esso previsto non solo a tutela del contraddittorio tra le parti, ma anche a tutela del corretto svolgimento del processo e della adeguata e tempestiva conoscenza degli atti di causa da parte del collegio giudicante (Cons. Stato, sez. IV, n. 3930/2008; C.G.A. n. 574/2008).

L’odierno ricorrente ha proposto appello avverso la sentenza, meglio indicata in epigrafe, con la quale il T.A.R. adito ha respinto il suo ricorso per l’annullamento, da un lato, dei provvedimenti con i quali, nell’ambito del concorso in argomento, per l’accesso al ruolo della scuola materna statale, è stato nominato Presidente della 17° sottocommissione un’insegnante di ruolo di scuola materna, anziché un professore universitario, un ispettore tecnico o un direttore didattico, come prescritto dall’art. 7 del bando, dall’art. 404 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, dall’O.M. n. 307 del 5.11.1994 e dal D.M. n. 275 del 16.6.1998, nonché, dall’altro, del giudizio sulla prova orale, sulla base del prevalente ed assorbente motivo della insufficienza della valutazione negativa espressa unicamente mediante il criterio numerico.

Con il primo motivo d’appello, il ricorrente sostanzialmente sostiene che nella fattispecie all’esame, essendo fissati con disposizione di legge (art. 404 del D.Lgs. n. 297/94) e con l’art. 7 del bando di concorso i requisiti per la nomina a Presidente di commissione e di sottocommissione, l’autorizzazione a derogare alla norma di legge testé richiamata, di cui alla nota 5518/1999, è assolutamente al di fuori di ogni principio dell’ordinamento giuridico.

Il Collegio ritiene, invero, che con tale motivo di ricorso l’appellante abbia sostanzialmente lamentato l’illegittimità della nota 5518/99, con la quale il Ministero della P.I. ha autorizzato il Provveditore agli Studi di Palermo a conferire la nomina a Presidente di sottocommissione anche a soggetti privi dei requisiti prescritti.

Ciò comporta che inevitabilmente il Collegio deve confermare la sentenza impugnata nella parte in cui il Giudice di prime cure ha statuito che l’omessa impugnativa dell’autorizzazione, di cui alla nota 5518/99, ha determinato l’intangibilità del provvedimento di nomina provveditoriale.

Con riferimento, poi, al secondo motivo di ricorso, il Collegio ribadisce anche in questa sede il consolidato orientamento di questo Consiglio di Giustizia Amministrativa che, sull’obbligo di motivazione nella valutazione delle prove di esame, con particolare riferimento all’art. 3 della L. 7 agosto 1990, n. 241, ha ritenuto sufficiente il ricorso al criterio numerico. Il convincimento in parola è espressione del prevalente orientamento del giudice di appello amministrativo, univoco nel ritenere che dopo l’entrata in vigore dell’art. 3 della richiamata legge n. 241/1990, i provvedimenti della commissione esaminatrice – che affermano il mancato superamento della prova orale – vanno di per sé considerati adeguatamente motivati, quando si fondano su voti numerici (Cons. Stato, sez. IV, 19 settembre 2008, n. 4512; 7 luglio 2008, n. 3383; 12 maggio 2008, n. 2190; 19 febbraio 2008, n. 540; 4 febbraio 2008, n. 294; 31 ottobre 2006, n. 7284; 7 marzo 2005, n. 900; 27 maggio 2002, n. 29).

Nelle more del presente giudizio di appello, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 20/2009 del 30 gennaio 2009 – chiamata ad esprimersi sul problema della legittimità costituzionale delle norme che, negli esami di accesso alla professione forense, prevedono che la valutazione sia espressa sulla sola base del punteggio numerico – ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 9, del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 1934 n. 36, sostituito dall’art. 1-bis, del decreto-legge 21 maggio 2003, n. 112 (Modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense), convertito con modificazioni dalla legge 18 luglio 2003, n. 180; nonché degli artt. 17-bis, 22, 23 e 24, comma 1, del regio decreto-legge 23 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e di attuazione del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578 sull’ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore), sollevata, con riferimento agli artt. 23, commi 1 e 2, 111, 113, comma 1, e 117 comma 1, della Costituzione, dal Tribunale Regionale di giustizia amministrativa di Trento con ordinanze del 2 maggio (n. 2 ordinanze) e del 3 giugno 2008.

Con successiva ordinanza n. 78/2009 del 20 marzo 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 25 marzo 2009, la Corte Costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza di analoga questione sollevata dalla Sezione distaccata di Brescia del Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, con ordinanza del 15 aprile 2008;

Con le superiori pronunce, il giudice delle leggi, superando la differente impostazione, espressa in altre precedenti decisioni (si vedano per tutte le ordinanze della Corte n. 466 del 2000, n. 233 del 2001, n. 419 del 2005 e, da ultimo, n. 28 del 2006) ha riconosciuto, al prevalente e consolidato orientamento del giudice di appello sopra riferito (ancorché contraddetto da qualche isolata pronuncia), dignità di "diritto vivente", sintetizzato nella formula secondo cui "nel vigente ordinamento, non sussiste un obbligo di motivazione dei punteggi numerici attribuiti in sede di correzione degli elaborati di esame, in quanto i suddetti punteggi sono sufficienti, da soli, a rappresentare un valida motivazione dei provvedimenti di inidoneità".

Non pare che tale statuizione possa essere legittimamente superata sol perché nel caso in esame si discute del giudizio su una prova orale.

Su tale base, la Corte ha esaminato le norme sopra riportate e sospettate di illegittimità costituzionale ed ha negato il contrasto con i parametri di legittimità costituzionale con i quali è stata chiamata a confrontarle.

Il Collegio, pertanto, non può che attenersi, nella decisione del caso in esame, alla condivisa esegesi dalla quale muove il giudizio della Corte, rilevante ed assorbente.

Conclusivamente, in forza di quanto precede, l’appello va respinto perché infondato.

Ritiene il Collegio che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Nulla si dispone per le spese di giudizio, non potendosi ritenere legittimamente costituite le Amministrazioni appellate per il motivo sopra indicato.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, respinge l’appello in epigrafe.

Nulla spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 3 febbraio 2010, con l’intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Paolo D’Angelo, Gabriele Carlotti, Filippo Salvia, Pietro Ciani, estensore, componenti.

Depositata in Segreteria il 17 gennaio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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