Cass. civ. Sez. II, Sent., 11-02-2011, n. 3416 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.R. in proprio e quale legale rappresentante della AL.PI Allevamenti s.a.s proponeva opposizione avverso l’ordinanza ingiunzione prot. N. 28633 della ASL n. (OMISSIS) per l’importo di Euro 23.238,00, notificata a mezzo di plico postale ricevuto il 24/4/2004 ed emessa per la violazione del D.Lgs. n. 118 del 1992, art. 3, commi 2 e 3, per avere somministrato a tre bovini sostanza anabolizzante vietata la ricorrente eccepiva:

– l’incompetenza per territorio dell’autorità amministrativa che aveva accertato la violazione, indicando, quale autorità competente, il servizio veterinario presso il macello Industria Alimentare Bergomi con sede in (OMISSIS) invece del servizio veterinario dell’ASL (OMISSIS);

– l’insussistenza dell’illecito contestato e comunque la mancanza di prova per inattendibilità delle analisi;

– l’inopponibilità e l’inutilizzabilità delle risultanze del processo penale celebrato nei confronti di essa ricorrente, tenuto conto che nel processo non era stato contestato anche l’illecito amministrativo per il quale era stata comminata la sanzione contestata.

L’ASL (OMISSIS) si costituiva, contestava l’eccezione di incompetenza e, nel merito, richiamava le risultanze del processo penale conclusosi con sentenza di condanna definitiva della stessa B., il Tribunale di Cuneo, con sentenza del 12/2/2005, respingeva l’opposizione proposta per i seguenti motivi:

– non erano state violate le regole di competenza Territoriale in quanto l’organo accertatole aveva legittimamente operato non già di iniziativa, ma su delega del P.M., legittimamente conferita ex art. 58 c.p.p.;

– erano infondate le contestazioni di merito perchè la prova della somministrazione delle sostanze vietate era raggiunta attraverso il materiale istruttorio raccolto nel giudizio penale conclusosi con la condanna della stessa B. e avente ad oggetto fatti materiali, rilevanti al fine della decisione penale, dai quali scaturiva, secondo il primo giudice, la prova dell’illecito amministrativo.

Il giudice a quo, inoltre, dopo avere – richiamato il materiale probatorio già acquisito nel processo penale celebratosi nei confronti della B.;

– rilevato l’assenza di censure al momento del prelievo e l’insussistenza di elementi dai quali desumere irregolarità nella conservazione e nel confezionamento dei campioni;

– richiamato l’accertamento penale circa i ripetuti ed estesi illeciti trattamenti diretti a conseguire il lucro derivante dalla vendita degli animali trattati, riteneva inutili e non ammetteva i mezzi istruttori richiesti dalla ricorrente.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione B.R. in proprio e nella detta qualità deducendo tre motivi.

L’Azienda Sanitaria Locale n. (OMISSIS) resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1.1 Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto circa la competenza dell’autorità amministrativa che ha elevato il verbale di accertamento, ribadendo l’eccezione di incompetenza per territorio e contestando la decisione impugnata sul rilievo che, essendosi proceduto in sede penale per fatti diversi, la delega del P.M. non poteva autorizzare anche l’accertamento dell’illecito amministrativo.

1.2 Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto con riferimento alla ritenuta applicabilità dell’art. 654 c.p.p.;. deducendo che gli accertamenti del pregresso procedimento penale non sarebbero opponibili e utilizzabili nel procedimento di opposizione all’ordinanza ingiunzione in quanto il procedimento penale avrebbe riguardato fatti (detenzione di bovini trattati con sostanze anabolizzanti non consentite) che, a dire della ricorrente, sarebbero diversi da quelli integranti l’illecito amministrativo contestato (somministrazione di tali sostanze).

1.3 Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la omessa, insufficiente o contraddittori a motivazione circa la mancata ammissione dei mezzi istruttori dedotti, in particolare delle prove per testi (i cui capitoli ritrascrive) e della richiesta di consulenza tecnica di ufficio; al riguardo deduce che la sintetica affermazione di superfluità e inutilità, dell’istruttoria si fonda sul contestato e infondato presupposto della opponibilità e utilizzabilità degli accertamenti del processo penale, in realtà inidonei a dimostrare che proprio essa opponente avrebbe somministrato le illecite sostanze.

2.1 Il primo motivo, relativo alla competenza territoriale dell’organo accertatore, è destituito di fondamento apparendo immune da censure di legittimità di motivazione del giudice a quo.

L’illecito amministrativo è stato regolarmente accertato da funzionari appartenenti al servizio veterinario (della Regione Piemonte) nell’espletamento di funzioni delegate dal P.M. e pertanto nella veste di ufficiali di polizia giudiziaria; in particolare, occorre osservare che la L. n. 689 del 1981, art. 13, comma 4, specificamente attribuisce il potere di accertamento dell’illecito amministrativo agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria e che la delega era riferita ad accertamenti nell’ambito di un processo penale riguardante la detenzione di bovini destinati al consumo umano trattati con sostanze vietate. L’accertamento che ai bovini fossero state somministrate sostanze vietate era l’indispensabile presupposto sia dell’illecito penale costituito dalla detenzione in azienda di animali destinati al consumo alimentare trattati con sostanze vietate (reato L. n. 283 del 1962, ex art. 5, lett. a)) sia dell’illecito amministrativo di somministrazione delle stesse sostanze vietate ai suddetti bovini (illecito amministrativo di cui alla D.Lgs. n. 336 del 1999, art. 3 lett. b)).

2.2 Il secondo motivo è infondato.

La ricorrente non contesta che i fatti accertati nel precedente procedimento penale siano idonei a provare l’illecito amministrativo, ma si duole che il giudice li abbia utilizzati ai fini della decisione. La doglianza è infondata perchè confonde l’effetto vincolante (il far stato) che discende dall’applicazione dell’art. 654 c.p.p. (pur richiamato in motivazione del giudice a quo) con l’utilizzabilità e opponibilità del materiale probatorio acquisito nel procedimento penale svoltosi nei confronti della stessa ricorrente e con le relative garanzie difensive; l’utilizzabilità e l’opponibilità non sono precluse perchè il materiale probatorio è stato acquisito nel procedimento penale che si era svolto nei confronti dell’attuale ricorrente, quale imputata, conclusosi con condanna definitiva.

All’esito di tale procedimento era stato accertato un fatto decisivo per la condanna (la presenza di sostanze vietate nei bovini oggetto di analisi) probatoriamente collegato con l’illecito amministrativo oggetto dell’ordinanza ingiunzione.

Questa Corte ha già ripetutamente affermalo che la possibilità per il giudice civile, di accertare autonomamente i fatti dedotti in giudizio e di pervenire a soluzioni e qualificazioni non vincolate all’esito del processo penale, "non comporta alcuna preclusione … nella possibilità di utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale già definito con sentenza passata in giudicate e di fondare il proprio giudizio su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, procedendo a tal fine a diretto esame del contenuto del materiale probatorio ovvero ricavandoli dalla sentenza penale o, se necessario, dagli atti del relativo processo …" (Cass. n. 11483 del 21/06/2004, seguita da altre conformi: Cass. n. 2409 del 07/02/2005; Cass. 18288 del 30/08/2007; v. anche Cass. 26/6/2007 n. 14766: "Le risultanze di un procedimento penale possono essere utilizzate dal giudice civile sia come indizio, sia come prova esclusiva del proprio convincimento, anche quando non vi abbiano partecipato le parti del giudizio civile").

Il giudice a quo, pur impropriamente richiamando l’art. 654 c.p.p., ha altresì richiamato i principi, giurisprudenziali testè menzionati e ha fondato il suo convincimento richiamando specificamente gli clementi di prova raccolti nel processo penale e l’attendibilità e utilizzabilità delle analisi eseguite sui bovini, che non furono neppure oggetto di richiesta di revisione; su queste motivazioni manca una contestazione specifica in quanto la ricorrente si è limitata a contestar e,senza alcun fondamento, la non opponibilità delle prove senza criticare, nel merito, la motivazione del primo giudice.

2.3 Il terzo motivo, concernente il vizio motivazionale dell’ordinanza reiettiva dei mezzi istruttori dedotti dall’odierna ricorrente, è infondato perchè il giudice ha congruamente motivato la reiezione delle richieste istruttorie sotto il profilo della loro superfluità e inutilità dopo avere ampiamente illustrato la decisività delle provo raccolte nel procedimento penale.

Le spese di questo giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della ricorrente.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente nella duplice qualità al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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