Cass. civ. Sez. II, Sent., 11-02-2011, n. 3415 Accertamento, opposizione e contestazione Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il direttore della ASL di (OMISSIS) in data 16/1/2004 emetteva, nei confronti di F.F., l’ordinanza ingiunzione prot.

N. 28639 per l’importo di Euro 30.984,00 notificata a mezzo di plico postale ricevuto il 24/4/2004.

L’ordinanza era emessa sulla base di due distinti verbali ci accertamento a titolo di sanzione per avere somministrato sostanza anabolizzante vietata a 4 bovini di proprietà della società AL.PI. allevamenti di Basso Romanda s.a.s., ma detenuto in soccida presso il suo allevamento.

F.F. in proprio e in qualità di legale rappresentante della Azienda Agricola F.F. proponeva opposizione avverso tale ordinanza eccependo: – la decadenza L. n. 689 del 1981, ex art. 14, per la mancata notifica della violazione entro 90 giorni dall’accertamento e il decorso del termine di prescrizione e, nel merito:

l’inopponibilità delle risultanze del procedimento penale celebrato a suo carico presso il Tribunale di Cuneo per violazione della L. n. 283 del 1962, art. 5, lett. a) non essendo stata contestata in quella sede la violazione amministrativa per la quale era stata irrogata la sanzione di cui all’opposta ordinanza;

– la mancata prova dell’illecito;

la difformità dei metodi di prelievo e di analisi rispetto a quelli vigenti in ambito comunitario;

– la mancanza di responsabilità rispetto alla illecita somministrazione dell’anabolizzante, considerate le mansioni esercitate da esso ricorrente e la mancanza di interesse all’aumento ponderale dei bovini.

L’ASL (OMISSIS) si costituiva, contestava le eccezioni di decadenza e di prescrizione e, nel merito, richiamava le risultanze del processo penale celebratosi contro la stessa Basso e conclusosi con sentenza di condanna definitiva.

Il Tribunale di Cuneo, con sentenza del 12/2/2005, respingeva l’opposizione proposta per i seguenti motivi:

l’eccepita decadenza doveva essere esclusa perchè l’accertamento della violazione era stato (necessariamente) preceduto dall’analisi dei campioni; l’esito delle analisi era stato trasmesso con raccomandata A.R. al F., in data 22/4/1999 e il 15/5/99; la ASL aveva avuto notizia dell’esito dello analisi in data 22/4/1999 e il 13/5/1999;i verbali di contestazione n. 21/99 e 22/99 erano stati notificati in data 1/7/1999;

– la prescrizione non era maturata perchè interrotta ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 28, con le richieste di pagamento del 27 (per il verbale n. 21 del 28/6/99) e del 28 (per il verbale n. 22 della stessa data)Settembre 2001; il giudice rilevava che non era necessario, ai fini dell’interruzione della prescrizione, un atto tipico del procedimento amministrativo essendo sufficienti a tal fine, anche atti atipici, ma preordinati proprio allo scopo di interrompere la prescrizione; richiamava, per l’affermazione di tale principio, Cass. 13/7/2001 n. 9520;

– le contestazioni di merito erano infondate perchè la prova della somministrazione delle sostanze vietate era raggiunta attraverso il materiale istruttorio raccolto nel giudizio penale conclusosi con la condanna dello stesse ricorrente e avente ad oggetto fatti materiali, rilevanti ai fini della decisione penale, dai quali, scaturiva, secondo il primo giudice, la prova dell’illecito amministrativo; in ordine alla specifica responsabilità del F., detentore dei bovini eguale soccidario, richiamava le valutazioni del giudice penale che aveva escluso che gli illeciti trattamenti dei bovini potessero essere avvenuti senza il concorso o il consenso del F. in quanto egli aveva la disponibilità dei locali nei quali gli animali erano stabulati e in quanto il suo compenso era correlato all’incremento ponderale degli animali, secondo il contratto prodotto nel processo. Il giudice a quo, inoltre, dopo avere – richiamato il materiale probatorio già acquisito nel processo penale celebratosi nei confronti del F. e conclusosi con sentenza irrevocabile di condanna;

rilevata l’attendibilità e utilizzabilita ai fini della decisione delle analisi eseguite, che non furono neppure oggetto di richiesta di revisione;

– richiamate e condivise le considerazioni del giudice penale secondo le quali doveva escludersi che i trattamenti illeciti potessero essere effettuati senza i ‘. concorso e il consenso del F. perchè quest’ultimo aveva interesse all’aumento ponderale dei bovini (in quanto, secondo il contratto in atti, il suo compenso era correlato all’aumento ponderale dei bovini) e perchè aveva la disponibilità dei locali ove gli animali erano stabulati, riteneva inutili e non ammetteva i mezzi istruttori richiesti dal ricorrente.

Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione F. F. in proprio e nella detta qualità deducendo quattro motivi.

L’Azienda Sanitaria Locale n. (OMISSIS) resiste con controricorso notificato il 24/6/2005 e depositato il 11/7/2005.

Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., e sentenza penale della Corte di Appello di Torino del 15/4/1998 passata in giudicato nei confronti del F. il 31/5/1998.

Motivi della decisione

1.1 Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa l’intervenuto decorso dei termini, di decadenza e di prescrizione, in relazione alla L. n. 689 del 1981, artt. 14, 15 e 28; al riguardo deduce:

– che deve essere applicato la L. n. 689 del 1981, art. 15 e che la comunicazione dell’esito delle analisi (che non contesta di avere ricevuto) doveva essere l’equipollente della contestazione immediata e doveva, per questo motivo, assolvere la funzione di, informare l’interessato e di consentirgli il pagamento immediato o la di fesa;

detta comunicazione, invece, non aveva raggiunto,in concreto, tali scopi perchè priva di elementi utili per portare a conoscenza quale fosse la semina da pagare e con quali modalità e termini;

che alla data della successiva notifica della convocazione personale L. n. 689 del 1981, ex art. 18, erano decorsi i 90 giorni dall’accertamento e pertanto la sanzione doveva considerarsi estinta ai sensi della L. n. 689 del 1981 cit., art. 14 u.c.;

che non era intervenuto alcun valido atto i riterruttivo della prescrizione quinquennale, perchè solo gli atti tipici del procedimento amministrativo sono idonei a interrompere la prescrizione (richiama al riguardo Cass. 5798/05; 5799/05; 5800/05) e tali non potevano essere considerate le raccomandate con richiesta di pagamento, ritenute invece idonee dal primo giudice; il motivo è ribadito nella memoria di replica;

1.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto con riferimento alla ritenuta applicabilità dell’art. 654 c.p.p. deducendo che gli accertamenti del pregresso procedimento penale non sarebbero opponibili e utilizzabili nel procedimento di opposizione all’ordinanza ingiunzione in quanto il procedimento penale avrebbe riguardato fatti (detenzione di bovini trattati con anabolizzanti non consentiti)che, a dire del ricorrente, sarebbero diversi da quelli integranti l’illecito amministrativo contestato (somministrazione di tali sostanze); anche questo secondo motivo è ribadito nella memoria di replica;

1.3 Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa la mancata ammissione dei mezzi istruttori dedotti, in particolare prove per testi (i cui capitoli ritrascrive) e richiesta di consulenza tecnica di ufficio; al riguardo deduce che la sintetica affermazione di superfluità e inutilità dell’istruttoria si fonda sul contestato e infondato presupposto della opponibilità e utilizzabilità degli accertamenti del processo penale, in realtà inidonei a dimostrare che proprio essa opponente avrebbe somministrato le illecite sostanze.

1.4 Con il quarto motivo il ricorrente deduce il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione riguardante l’affermazione della propria, soggettiva responsabilità.

Produce due sentenze (anteriori rispetto a quella impugnata) pronunciate dallo stesso giudice su procedimenti di opposizione a ordinanze ingiunzione, relativi a identica materia, ma riguardanti diversi verbali di contestazione e, in un caso, anche un diverso contravventore.

Rileva la contraddittorietà della decisione del giudice il quale, pur in presenza di fattispecie analoghe (accomunate dalla circostanza che gli opponenti detenevano, per effetto di un contratto di soccida animali risultati trattati con anabolizzanti), nei primi due processi, aveva escluso che il soccidario avesse somministrato le sostanze vietate, mentre con la sentenza impugnata era giunto ad opposte conclusioni.

Con la memoria ex art. 378 c.p.c., produce altra sentenza penale, relativa a vicenda analoga, ma concernente un diverso contratto di soccida, intervenuto con altro soggetto e la somministrazione di anabolizzanti a bovini diversi da quelli per cui è processo.

Il ricorrente, inoltre, contesta il percorso motivazionale della sentenza impugnata nella parte in cui per affermare la responsabilità fa riferimento a considerazioni svolte dal giudice penale in una sentenza relativa ad un procedimento le cui risultanze non gli sarebbero opponibili.

2.1 Il primo motivo è infondato quanto all’eccezione di intervenuta decadenza.

Lo stesso ricorrente riconosce l’applicabilità della L. n. 689 del 1981, art. 15, come del resto riconosciuto anche nella sentenza gravata; tale norma al comma 1 stabilisce che, laddove l’analisi dei campioni sia necessaria per l’accertamento dell’illecito amministrativo, il dirigente del laboratorio deve comunicare all’interessato con raccomandata A.R.,l’esito delle analisi e al comma 2 stabilisce che la comunicazione equivale alla contestazione di cui all’art. 14, comma 1 (contestazione della violazione). Questo adempimento risulta regolarmente e tempestivamente effettuato, ma il ricorrente si duole che il giudice non abbia considerato che nella comunicazione delle analisi mancavano i riferimenti necessari per procedere al pagamento in misura ridotta e sostiene che per tale mancanza quella comunicazione non avrebbe potuto essere considerata equivalente all’immediata contestazione. La doglianza è totalmente destituita di fondamento perchè la comunicazione non deve necessariamente contenere l’indicazione relativa alla facoltà del trasgressore di procedere al pagamento in misura ridotta, trattandosi di facoltà già prevista espressamente dalla legge (L. n. 689 del 1981, art. 16) e, in ogni caso, perchè tale informazione non nè è prevista ne prescritta nella disciplina della forma e dei contenuti della contestazione a seguito di accertamenti mediante analisi (cfr.

Cass. 29/3/1989 n. 1494: "la comunicazione della positività dell’analisi, prevista dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 15, integra contestazione della violazione, senza che sia necessaria l’indicazione in essa, in relazione alla facoltà del trasgressore di chiedere la revisione di tale analisi, dell’esborso occorrente e del laboratorio all’uopo designato").

La doglianza relativa alla mancata declaratoria della prescrizione della sanzione è fondata sulla critica della motivazione per la quale le richieste di pagamento da parte dell’amministrazione non sarebbero idonee a interrompere il corso della prescrizione; al riguardo la ricorrente invoca i principi affermati da Cass. 17/3/2005 n. 5798/05 che, sul presupposto per il quale "la pubblica amministrazione può realizzare la propria pretesa sanzionatoria, in relazione agli illeciti accertati, soltanto attraverso il procedimento amministrativo previsto dalla legge, mentre altri atti che tipicamente manifestino la relativa intenzione sono irrilevanti", giunge alla conclusione che "non può riconoscersi efficacia interruttiva della prescrizione all’invito al pagamento…trattandosi di atto estraneo a procedimento sanzionatorio".

Il motivo attiene, dunque, alla asseritamente erronea attribuzione di effetto giuridico interruttivo ad un fatto non controverso (le lettere raccomandate in data 27/9/2001 con le quali l’amministrazione ha richiesto il pagamento della sanzioni dovute in base ai verbali di contestazione n. 21 e n. 22 del 1/7/1999), per effetto di falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 28, in quanto il giudice a quo avrebbe considerato atto interruttivo della prescrizione ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 28, un atto estraneo al procedimento di irrogazione della sanzione.

Il motivo è inammissibile in quanto l’efficacia o l’inefficacia interruttiva delle richieste alle quali il giudice a quo ha attribuito efficacia interruttiva della prescrizione non costituisce un fatto decisivo per il giudizio perchè non accompagnata dalla contestazione dell’efficacia interruttiva di altri atti del procedimento sanzionatorio, pure richiamati in sentenza e dalla stessa ASL resistente e non contestati, sicuramente idonei a interrompere la prescrizione, successivi alla comunicazione dell’esito delle analisi, costituiti dalle notifiche dei verbali di contestazione avvenute in data 1/7/1999 (v. pag 5 riga 14 della sentenza impugnata) ossia non oltre cinque armi prima della notifica dell’ordinanza ingiunzione (che, secondo quanto dichiarato dallo stesso ricorrente risulta notificata a mezzo di plico postale ricevuto il 24/4/2004;

2.2 Il secondo motivo è infondato.

Il ricorrente non contesta che i fatti accertati nel precedente procedimento penale siano idonei a provare l’illecito amministrativo, ma si duole che il giudice abbia utilizzati ai fini della decisione.

La doglianza è infondata perchè confonde l’effetto vincolante (il far stato)che discende dall’applicazione dell’art. 654 c.p.p. (pur richiamato in motivazione del giudice a quo) con l’utilizzabilità del materiale probatorio acquisito nel procedimento penale svoltosi nei confronti della stessa ricorrente e con le relative garanzie difensive; l’utilizzabilità non è preclusa perchè il materiale probatorio è stato acquisito nel procedimento penale che si era svolto nei confronti dell’attuale ricorrente, quale imputata, conclusosi con condanna definitiva.

All’esito di tale procedimento era stato accertato un fatto decisivo per la condanna (la detenzione di animali destinati al consumo umano trattati con sostanze vietate) strettamente connesso con l’illecito amministrativo oggetto dell’ordinanza ingiunzione.

Questa Corte ha già ripetutamente affermato che la possibilità per il giudice civile, di accertare autonomamente i fatti dedotti in giudizio e di pervenire a soluzioni e qualificazioni non vincolate all’esito del processo penale, "non comporta alcuna preclusione … nella possibilità di utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale già definito con sentenza passata in giudicato e di fondare il proprio giudizio su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge m quella sede, procedendo a tal fine a diretto esame de contenuto del materiale probatorio ovvero ricavando dalla sentenza penale o, se necessario, dagli atti del relativo processo …" (Cass. n. 11483 del 21/06/2004, seguita da altre conformi: Cass. n. 2409 del 07/02/2005; Cass. 18288 del 30/08/2007; v. anche Cass. 26/6/2007 n. 14766: "Le risultanze di un procedimento penale possono essere utilizzate dal giudice civile sia come indizio, sia come prova esclusiva del proprio convincimento, anche quando non vi abbiano partecipato le parti del giudizio civile").

Il giudice a quo, pur impropriamente richiamando l’art. 654 c.p.p., ha tuttavia richiamato anche i principi giurisprudenziali testè menzionati, e ha fondato il. suo convincimento considerando specificamente gli elementi di prova raccolti nel processo penale e l’attendibilità e utilizzabilità delle analisi eseguite sui bovini, che non furono neppure oggetto di richiesta di revisione; sul questa – motivazione manca una contestazione specifica in quanto il ricorrente si è limitato ad affermare, senza alcun fondamento, la inopponibilità delle prove senza criticare, nel merito, la motivazione del primo giudice.

2.3 Il terzo motivo, concernente il vizio motivazionale dell’ordinanza reiettiva dei mezzi istruttori dedotti dall’odierna ricorrente è infondato perchè il giudice ha congruamente motivato la reiezione delle richieste istruttorie sotto il profilo della loro superfluità e inutilità dopo avere ampiamente illustrato la decisività delle prove raccolte nel procedimento penale, con riferimento:

– all’attendibilità delle analisi eseguite, neppure oggetto di richiesta di revisione;

– alla irrilevanza della provenienza francese dei bovini, posto che i trattamenti avvennero dopo l’introduzione degli animali in Italia;

– alla prova presuntiva posta a fondamento della condanna penale fondata sui due elementi dell’interesse economico del F. all’incremento ponderale dei bovini e alla sua disponibilità dei locali dove gli. animali erano alloggiati.

2.4. E’ altresì infondato il quarto motivo, relativo alla omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa la riferibilità al F. della condotta di somministrazione degli anabolizzanti.

Il motivo, in realtà, si articola su due diverse contestazioni:

– la prima riguardante la contraddittorietà della motivazione rispetto alla motivazione espressa in fattispecie analoghe;

la seconda riguardante la inutilizzabilità e inopponibilità delle risultanze del processo penale, che invece sono state poste a fondamento della decisione.

La prima contestazione è infondata perchè le argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di non comprendere la ratio decidendi, per integrare il vizio di motivazione contraddittoria, devono essere tali con riferimento alla motivazione della sentenza impugnata e non con riferimento alla motivazione di altre sentenze, pur motivate dallo stesso giudice il vizio di motivazione contraddittoria; invece il ricorrente non lamenta contraddittorietà relativa alle argomentazioni addotte da giudice per fondare la sua decisione, ma lamenta contraddittorietà e dissonanza rispetto alle argomentazioni utilizzate dallo stesso giudice per motivare diversi provvedimenti (che non integrano giudicato preclusivo in quanto relativi a procedimenti diversi).

La seconda contestazione è infondata.

Per quanto concerne la prova che proprio al soccidario F. possa essere addebitata la condotta di avere somministrato ai bovini (che erano da lui detenuti) le sostanze vietate, il giudice a quo ha richiamato, facendole proprie, le valutazioni del giudice penale relative all’interesse economico del F. per l’aumento ponderale dei bovini (avendo, per contratto, pattuito un compenso correlato al loro incremento ponderale; e alla disponibilità dei locali nei quali gli anima"; erano stabulati.

In sostanza il giudice ha utilizzato, per la prova delle responsabilità dell’opponente in ordine alla somministrazione delle sostanze vietate, la prova presuntiva raggiunta nel processo penale e fondata su due presunzioni certe precise e concordanti quali la disponibilità dei locali nei quali gli animali erano alloggiati e l’interesse economico dello stesso F. all’aumento ponderale dei bovini; da questi elementi secondo il giudice si deve trarre la conclusione che i trattamenti non avrebbero potuto essere effettuati senza il concorso o il consenso del soccidario.

Come già riferito, risultanze di un procedimento penale possono essere utilizzate dal giudice civile sia come indizio, sia come prova esclusiva del proprio convincimento.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese dei giudizio di cassazione liquidate nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente nella duplice qualità al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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