T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 17-01-2011, n. 351

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato in data 3 maggio 1993, depositato il successivo 8 maggio, i ricorrenti, la prima quale società concessionaria (cui poi è succeduta stante la fusione per incorporazione la ENI s.p.a), il secondo quale gestore dell’impianto di distribuzione, impugnano l’ordinanza 6 aprile 1993 n. 2862, con la quale il Sindaco di Roma ha disposto il rilascio immediato dell’area sita in Corso Francia nn. 80/90, occupata da un impianto di distribuzione di carburanti con annessa stazione di servizio.

La ricorrente precisa di essere stata destinataria, fin dal 1949, della concessione per l’installazione e l’esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti, concessione poi rinnovata per 18 anni, ai sensi dell’art. 16 DPR n. 1279/1971. L’impianto, per lo sviluppo avuto nel corso del tempo, per la sua "rappresentatività in campo nazionale… e la rilevanza delle strutture impiegate per l’assolvimento del servizio pubblico", consiste in un "complesso immobiliare e commerciale da annoverare tra i più importanti della rete di distribuzione dei carburanti".

Da ultimo, il Comune di Roma, premesso di essere "proprietario" di una pluralità di aree ubicate in zona, in virtù di decreto di espropriazione 7 agosto 1969 n. 10381, con l’ordinanza impugnata ha ingiunto a tutte le ditte, società ed occupanti indicati nel provvedimento (tra i quali la ricorrente), di procedere al rilascio di dette aree entro il termine di dieci giorni, con comminatoria di esecuzione di ufficio a spese degli intimati inadempienti.

Vengono proposti i seguenti motivi di ricorso:

violazione artt. 9 ss., 16 ss., 63 l. n. 2359/1865, in relazione all’art. 1 d.l. n. 128/1966 e al DPR 16 marzo 1961 (di approvazione del piano particolareggiato di esecuzione n. 120), e del DPR 15 giugno 1965 n. 1120 (di approvazione della variante n. 120bis), nonché del DPR 16 dicembre 1965 (di approvazione del PRG di Roma); falsa applicazione art. 18, lett. c) DPR n. 1269/1971 e dei principi generali della revoca delle concessioni in materia di distribuzione di carburanti; eccesso di potere per illogicità di motivazione, contraddittorietà di comportamento, difetto di presupposti, sviamento e falsità di causa. In particolare, si rileva:

a) come "il terreno della società non avrebbe potuto essere espropriato sulla base della dichiarazione di pubblica utilità contenuta nel DPR 15 giugno 1965 n. 1120", in quanto i piani particolareggiati di esecuzione sono inefficaci, anche agli effetti della dichiarazione di pubblica utilità, "per le parti che, come nel caso in esame, non siano conformi alle linee e alle prescrizioni di zona del nuovo Piano regolatore generale";

b) che "è di gran lunga decorso il termine di cinque anni, stabilito dal DPR 15 giugno 1965 n. 1120 per l’attuazione della variante 120bis, senza che il Comune abbia mai dato mano alla realizzazione delle opere previste nel decreto di espropriazione emesso in suo favore". Ciò comporta che, a maggior ragione, il decreto di esproprio a suo tempo emesso non "può servir di base per la esecuzione di opere diverse", né esso è "valido titolo per il recupero, in regime di autotutela amministrativa, della piena disponibilità dell’area rimasta nel continuo e pacifico possesso della società".

Con ordinanza 7 luglio 1993 n. 1387, questo Tribunale ha accolto la domanda di misure cautelari, sospendendo l’efficacia del provvedimento impugnato.

Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, che, con memoria depositata il 21 ottobre 2010, premesso che il Consiglio di Stato, con sentenza 10 agosto 2000 n. 4462, ha annullato il decreto prefettizio di esproprio, costituente atto presupposto dell’ordinanza sindacale 5 aprile 1993 n. 2862, ha concluso richiedendo che questo Tribunale voglia dichiarare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse.

Con memoria del 27 ottobre 2010, l’ENI spa (successore stante l’intervenuta fusione per incorporazione dell’A. s.p.a.), insiste per l’accoglimento del ricorso, stante in primis il difetto di presupposto.

All’odierna udienza, la causa è stata riservata in decisione.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato e deve essere, pertanto, accolto.

E’ del tutto pacifico, tra le parti, che il decreto di esproprio 7 agosto 1969 n. 10381 è stato annullato dal Consiglio di Stato, con sentenza n. 4462/2000. Viene in tal modo meno il presupposto, espressamente indicato, sul quale si fonda l’ordinanza impugnata, che, proprio attesa l’emanazione di detto decreto, e dichiarando quindi il Comune di Roma proprietario delle aree, dispone che "occorre, pertanto, procedere, in regime di autotutela amministrativa, allo sgombero dell’area in oggetto, al fine di recuperarla alla piena disponibilità dell’amministrazione comunale", ingiungendo quindi agli occupanti il "rilascio immediato delle aree".

Dalla lettura del provvedimento impugnato, si evidenzia come l’ordinanza di sgombero, pur trovando il proprio presupposto di motivazione nel decreto prefettizio di esproprio, non si pone come atto di immediata, consequenziale emanazione rispetto a quest’ultimo.

L’ordinanza impugnata, infatti, lungi dal porsi come provvedimento conclusivo di procedimento causalmente dipendente da quello conclusosi con il provvedimento di esproprio, si presenta invece come atto che trova in quest’ultimo il presupposto di fatto e di diritto sul quale si fonda la propria motivazione giustificante le valutazioni discrezionali dell’amministrazione e, quindi, la sua emanazione.

Ne consegue che l’intervenuto annullamento in sede giurisdizionale del decreto di esproprio non comporta l’automatica caducazione dell’ordinanza di sgombero oggetto del presente ricorso, di modo che questo non può essere dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse, come richiesto dal Comune di Roma.

Al contrario, l’annullamento del decreto di esproprio rende l’ordinanza qui impugnata priva del suo presupposto motivazionale, e quindi illegittima, e conferma la fondatezza dei motivi di ricorso riportati sub lettere a) e b) dell’esposizione in fatto.

Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da A.P. spa (ora ENI spa) ed altro, come in epigrafe indicato (n. 6437/1993 r.g.), lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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