Cass. civ. Sez. I, Sent., 11-02-2011, n. 3407

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con provvedimento del 13 luglio 2007 il Prefetto di Lecce dispose l’espulsione dal territorio dello Stato con accompagnamento coatto alla frontiera di G.N.B.A. (nato a (OMISSIS)), il quale impugnò il decreto prefettizio davanti al giudice di pace, deducendone la nullità per omessa traduzione nella lingua da lui conosciuta e per omessa convalida dell’accompagnamento alla frontiera.

Con il provvedimento impugnato in questa sede, depositato in data 31 ottobre 2007, il giudice di pace ha rigettato il ricorso, osservando, fra l’altro, che il decreto prefettizio era stato emesso nel rispetto della legge, era stato redatto e notificato ritualmente, in lingua comunque conosciuta dal ricorrente.

Avverso questa decisione G.N.B.A. ha proposto ricorso per cassazione in base a tre motivi, illustrati con memoria.

L’Amministrazione non ha resistito.

Motivi della decisione

Col primo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, in quanto il decreto prefettizio non sarebbe stato tradotto nella lingua madre del ricorrente, l’arabo. Il motivo si conclude col seguente quesito: se risponde a norma la mancata traduzione nella lingua madre del ricorrente e se l’utilizzo della lingua veicolare francese sia conforme a legge così come si dica se è conforme a legge la traduzione sintetica in parte difforme dal testo tradotto.

Col secondo motivo si denuncia la violazione dello stesso art. 13, comma 7, D.Lgs. cit., per mancata traduzione dell’ordine del questore nella lingua madre del ricorrente. La censura si conclude con quesito analogo al precedente.

Infine, col terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 14, comma 5-ter nella formulazione di cui alla L. n. 271 del 2004. Il motivo si conclude nei termini seguenti: dica la Corte se quanto affermato dal giudice a quo sul punto oggetto di gravame sia rispondente alla nuova formulazione operata nel 2004 dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-ter.

Il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato.

Senza alcun fondamento è il primo profilo contenuto nel primo motivo, in quanto per un verso, lo stesso ricorrente nella parte fattuale del ricorso riferisce, riportando testualmente il contenuto delle annotazioni verbalizzate e notificategli, che, secondo tali annotazioni, egli parlava e comprendeva sufficientemente la lingua italiana e che comunque, ad ogni buon fine, con l’ausilio di un interprete di lingua francese egli era stato reso edotto del contenuto del provvedimento che lo riguardava; per altro verso, emerge dal provvedimento impugnato che il giudice di pace ha accertato, attraverso una ragionevole valutazione delle circostanze (ancorchè non compiutamente espressa) che comunque la lingua francese era effettivamente comprensibile dal G.N.B. A..

La norma invocata non impone infatti inderogabilmente all’Amministrazione di tradurre il decreto espulsivo nella lingua madre della persona da espellere, ma intende piuttosto assicurare che la traduzione del provvedimento avvenga in una lingua conosciuta dallo straniero.

Le altre censure sono inammissibili perchè i relativi quesiti sono privi di una sintesi del fatto controverso e si risolvono nella mera richiesta di accertare se vi sia stata una violazione della disposizione di legge invocata, in contrasto con l’art. 366-bis c.p.c., applicabile ratione temporis alla fattispecie.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nessun provvedimento per le spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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