Il contratto di somministrazione

a cura del dott. Domenico CIRASOLE

L’art.1559 c.c. definisce la somministrazione ( o fornitura) come “il contratto con il quale una parte si obbliga, verso il corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose”.
Tale contratto può trovare applicazione in diversi ambiti economici, in quanto si ricorre a tale forma contrattuale o per soddisfare esigenze dei consumatori o degli utenti (si pensi alla fornitura di gas, energia elettrica ecc.) o ancora nei rapporti tra imprese( si pensi ad una impresa che fornisce semi lavorati o materie prime ad un’altra azienda che successivamente immetterà il prodotto finito sul mercato, o ancora al panificio che fornisce quotidianamente pane a ristoranti o ad altri esercizi commerciali )
Elementi distintivi del contratto in esame sono:
1) pluralità delle prestazioni: le prestazioni sono molteplici ed hanno una loro autonomia;
2) unitarietà della causa che si concretizza con l’unicità del contratto:in pratica, viene stipulato un solo contratto che obbliga il somministrante-fornitore ad adempiere le prestazioni, in maniera periodica o continuativa;
3) è un contratto di durata (essendo appunto presenti molteplici prestazioni,reiterate nel tempo)
4) è un contratto consensuale e non formale: è sufficiente che le parti manifestino il proprio consenso, in qualunque maniera, non è necessario per la validità del contratto la forma scritta (tranne in alcuni casi ai fini probatori) .
5) è un contratto di scambio (do ut des; il somministrante fornisce la cosa, l’utente paga)
6) l’oggetto è dato dalla prestazione( determinata o determinabile) di cose; si potrà trattare di cose mobili o immobili, di energie o di titoli di credito.

La somministrazione si distingue dalla “vendita a consegne ripartite” ; questa infatti ha ad oggetto un’unica prestazione, divisibile, con pluralità di atti esecutivi di consegna, ( si pensi alla consegna ripartite di una quantità di terra acquistata per creare un giardino) nel caso dell’ esempio, la consegna di terra avviene in maniera ripartita solo per comodità, e per rendere più agevole l’esecuzione della prestazione,che è e rimane unica, invece nella somministrazione la periodicità è in funzione di un bisogno periodico dell’utente,e da vita ad una serie di prestazioni, si pensi all’imprenditore che produce pomodori pelati ed ha bisogno delle scatole di latta.

Più delicata è la distinzione tra somministrazione ed appalto. Molto si è discusso su tale problematica, ma a parere di chi scrive, appare degna di nota la tesi secondo cui nella somministrazione e nella vendita la cosa è negoziata come tale e non come risultante dall’attività altrui, attività che invece nell’appalto assume rilevanza in quanto l’imprenditore mette a disposizione i propri mezzi ed il proprio capitale per eseguire l’opera a favore del committente .

La disciplina del contratto di somministrazione è contenuta negli artt.1559-1569 c.c.
L’entità della somministrazione (art. 1560 c.c) le parti possono naturalmente prevedere particolari modalità di determinazione dell’entità della somministrazione, c.d. a piacere, in cui il somministrante si obbliga a fornire la quantità di cose pretesa di volta in volta in piena discrezionalità dalla controparte; in mancanza di accordo, la somministrazione si intende pattuita in relazione al normale fabbisogno;
Il prezzo (art. 1561-1562 c.c.) è corrisposto, in caso di periodicità, all’atto delle singole prestazioni ed in proporzione di ciascuna di esse mentre in caso di continuatività esso è pagato secondo la scadenza d’uso. Quindi le parti possono stabilire che il prezzo non sia pagato al momento della consegna ma anticipatamente o posticipatamente.
Scadenza delle singole prestazioni(art. 1563 c.c.): la somministrazione cessa alla scadenza del termine fissato dalle parti. Il contratto può essere anche a tempo indeterminato ed in quest’ultimo caso, visto che il contratto non può durare all’infinito, la legge (art.1569 c.c.) attribuisce alle parti il diritto di recedere dando un congruo preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi avuto riguardo alla natura della somministrazione. In caso di recesso, trattandosi di contratto ad esecuzione continuata o periodica, gli effetti si producono ex nunc (da questo momento),cioè chi recede non può vantare diritti sulle prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione (art.1373c.c.) Inoltre in caso di inadempimento di una delle parti, la parte adempiente può chiedere la risoluzione del contratto, purchè , avuto riguardo alla natura negoziale (leggasi natura del rapporto), l’inadempimento abbia una notevole importanza, ed abbia inficiato il rapporto di fiducia tra le parti tanto da temere inesattezze nei successivi adempimenti.(art.1564 c.c- risoluzione del contratto))
La sospensione della somministrazione (art. 1565 c.c): si tratta dell’applicazione del principio generale inadimplenti non est adimplendum (vale a dire non è inadempiente il contraente che non esegue la prestazione perché l’altro contraente non ha adempiuto la sua, in maniera ancora più chiara Tizio non paga perché ritiene che Caio non abbia eseguito a regola d’arte l’opera)) di cui all’art.1460c.c., esteso però, nel caso della somministrazione, anche all’ipotesi di lieve importanza dell’inadempimento.
Quindi,si possono verificare le seguenti circostanze:
– se, la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e l’inadempimento è di lieve entità e la sospensione da parte del somministrante non è contraria alla buona fede il somministrante può sospendere l’esecuzione del contratto (non può invece chiedere la risoluzione del contratto, perché per far ciò sono necessari la notevole importanza dell’inadempimento ed il venir meno della fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti) purché dia congruo preavviso;
-se invece l’inadempimento dell’utente non è di lieve entità il somministrante ai sensi dell’art. 1460 c.c. potrà sospendere immediatamente l’esecuzione del contratto, potrà utilizzando le parole dell’articolo ”rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione”.
Patto di preferenza (art. 1566 c.c.) “il patto con il quale l’avente diritto alla somministrazione si obbliga a dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto, è valido purché la durata dell’obbligo non ecceda il termine di cinque anni. Se è convenuto un termine maggiore, questo si riduce a cinque anni.” L’impegno delle parti di preferire un determinato soggetto nella conclusione di un affare implica una ipotesi di prelazione convenzionale. Il legislatore prende in considerazione il patto che favorisce il somministrante, ma ciò non esclude la possibilità che le parti possano determinare una preferenza a favore del somministrato.
Unici limiti posti dal legislatore al patto di preferenza sono limiti temporali (l’obbligo non può superare i cinque anni) e limiti relativi all’oggetto (il patto deve essere riferito solo alla stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto)
Interessante è il problema relativo al rapporto intercorrente tra tale disposizione e quella contenuta nell’art. 2596 c.c “limiti contrattuali alla concorrenza” che appunto disciplina un’altra ipotesi di limitazione convenzionale della concorrenza con gli stessi limiti temporali e di oggetto.
Ci si domanda dunque il patto di preferenza, costituendo un patto limitativo della concorrenza in senso verticale (tra persone fisiche per intenderci, fornitori, clienti) è disciplinato anche dal disposto dell’art. 2596 c.c.?
Le soluzioni sono le seguenti:
1) se si ritiene che il 2596 c.c. si applichi al patto di preferenza relativo al contratto di somministrazione, sia nelle ipotesi di concorrenza tra imprese concorrenti (leggasi in senso orizzontale) sia tra fornitori, o a danno dei clienti (leggasi in senso verticale) la norma avrà applicazione diretta sul 1566 cc con conseguente necessità di forma scritta ad probationem e fissazione del limite temporale dei cinque anni
2) se invece si ritiene che la norma del 2596 c.c. si applichi solo alle ipotesi di concorrenza tra imprese concorrenti, essa potrà trovare applicazione analogica al patto di preferenza ed anche in questo caso sarà richiesta la forma scritta ad probationem per il patto di preferenza
Pur prescindendo da tali dibattiti teorici, a parere di chi scrive, sempre sterili, il disposto dell’art. 2596 c.c arricchisce di contenuto il disposto del 1566 c.c. e tra le due norme non vi è alcuna incompatibilità.
Il II comma dell’art. 1566 c.c. così recita :”l’avente diritto alla somministrazione deve comunicare al somministrante le condizioni propostegli dai terzi e il somministrante deve dichiarare, sotto pena di decadenza,nel termine stabilito,o in mancanza in quello richiesto dalle circostanze o dagli usi,se intende valersi del diritto di preferenza”.
Esclusiva a favore del somministrato (art. 1567-1568 c.c.)
Le parti possono inserire nel contratto la clausola di esclusiva a favore del somministrato (art.1567 c.c.) oppure la clausola di esclusiva a favore del somministrante (art.1568 c.c).Non vi è da aggiungere altro rispetto al contenuto letterale delle norme alle quali si rinvia.
Per quanto concerne il rapporto tra tali normative e l’art. 2596 c.c. (limiti contrattuali alla concorrenza) si pone il seguente quesito: l’art.2596 c.c è applicabile al patto di esclusiva?
Diverse sono le risposte:
1)secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza l’art. 2596 c.c. è applicabile ai rapporti tra imprenditori con la conseguente limitazione della durata limitata ai cinque anni e la forma scritta ad probationem;
2)secondo altri invece il disposto dell’art. 2596 c.c. non può applicarsi se la clausola di esclusiva è la causa del contratto, cioè rappresenta la ragione economico sociale che con quel contratto si vuole raggiungere, di conseguenza solo se la causa è autonoma si applicherà l’art.2596 c.c.
Rinvio (art.1570 c.c) le norme di cui sopra contengono la disciplina generale del contratto di somministrazione, ma non la esauriscono, in quanto di volta in volta potranno essere integrate con la disciplina dei contratti cui corrispondono le singole prestazioni
Somministrazione e fallimento
Una menzione a parte merita la problematica relativa al rapporto tra disciplina codicistica e legge fallimentare.
L’art. 74 l. f. disciplina gli effetti del fallimento sulla vendita a consegne ripartite e sul contratto di somministrazione pendenti al momento della dichiarazione di fallimento, attribuendo rilevanza alle scelte del curatore circa l’esito di tali contratti:
A)in caso di fallimento del somministrato, l’esecuzione del contratto rimane sospesa, il curatore potrà scegliere e quindi dichiarare di subentrare nel contratto al posto del fallito, in maniera tale che il contratto rimanga in vita o altrimenti dichiarare di sciogliersi dal contratto. Il somministrante, se la risposta del curatore tarda ad arrivare, potrà ricorrere al giudice affinché questo assegni un termine al curatore di otto giorni, per decidere se subentrare o sciogliere il contratto. Decorsi gli otto giorni, in mancanza di una scelta da parte del curatore il contratto si intenderà sciolto.
b)in caso di fallimento del somministrante, se il contratto ha avuto esecuzione, il contratto non si scioglie. Nel caso in cui il contratto non abbia avuto ancora esecuzione, il curatore dovrà scegliere tra l’ esecuzione o lo scioglimento del contratto
Lo scioglimento del contratto avrà efficacia ex nunc, cioè non retroattiva,a differenza che nella vendita a consegne ripartite.

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