T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 17-01-2011, n. 365 Carenza di interesse sopravvenuta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Espone in fatto il ricorrente, già agente ausiliario della P.S., che durante il corso di formazione presso la Scuola allievi "Duca di Aosta" e prima della fine del corso stesso, gli venne addebitata la responsabilità, in concorso con altri due colleghi, del danneggiamento (nella notte tra il 3 ed il 4.6.1993) di alcune autovetture parcheggiate sulla pubblica via (ad uno dei tre giovani anche di aver commesso atti contrari alla pubblica decenza). Esercitata tempestivamente, da parte della competente Procura della Repubblica, l’azione penale e datane comunicazione al Direttore della Scuola, quest’ultimo proponeva ed il Capo della Polizia decretava, con atto del 24.9.1993, la sospensione cautelare dal servizio (ai sensi dell’art.9 c.2 del d.P.R. n.737 del 1981) dei tre giovani. A tale iniziale determinazione seguiva il 26.7.1993, da parte della citata Autorità, il provvedimento con cui i tre giovani – essendo stati giudicati inidonei al servizio di Polizia sulla base di argomentazioni coincidenti con quelle a base della proposta di sospensione ("in quanto indagati rispettivamente per i reati di cui agli artt……omissis) – venivano dimessi dal corso con conseguente cessazione dal servizio nell’amministrazione della P.S.

Avverso gli atti di sospensione dal servizio e di dimissioni dal corso i tre giovani promuovevano, nel 1993, innanzi a questo Tribunale, due distinti ricorsi (la cui definizione è stata preceduta dalla sent. del Pretore di Trieste del 26.4.2006, divenuta irrevocabile il 28.5.1996, che mandava assolto con formula piena il Di S.). Tali atti di gravame si esitavano:

a) l’uno (impugnativa della sospensione) con sentenza nr.807 del 1997 di reiezione del ricorso (dichiarato improcedibile nei confronti dei due colleghi del Di S. che, pur se irritualmente, avevano dichiarato di rinunciare all’azione);

b) l’altro (impugnativa dell’atto di dimissioni), con sentenza nr.801 del 1997 declaratoria (sia dell’improcedibilità del ricorso nei confronti dei colleghi del De S. per ragioni identiche a quelle sub a) che) dell’inammissibilità (nel confronti del Di S.) del gravame, essendo state – ad avviso di quel Collegio – sostanzialmente reiterate le medesime censure interposte avverso l’atto di sospensione dal servizio senza tener conto della diversa natura dei due provvedimenti.

Le decisioni di questo Tribunale venivano gravate da appello e, inizialmente, sospese (con due distinte ordinanze del 20.11.1998); successivamente, venivano annullate con sentenza n. 5967/05, pubblicata il 26.10.2005.

L’amministrazione, nel frattempo, e precisamente il 16.12.1998, aveva revocato la sospensione cautelare nei confronti del Di S. senza, però, assumere alcuna determinazione in ordine al provvedimento di dimissioni dal corso.

L’omissione veniva contestata dal Di S. con il ricorso in epigrafe (nr. 6537/1999) la cui domanda cautelare era accolta da questa Sezione che, con ord.za n.1979 del 24.6.1999, sospendeva interinalmente gli effetti del citato provvedimento di revoca nella parte in cui nulla disponeva in ordine al distinto e dianzi richiamato atto di dimissioni dal corso.

L’amministrazione, successivamente, senza ottemperare alla pronuncia cautelare appena detta, provvedeva:

– a disporre l’11.5.2006 la sottoposizione del ricorrente ad accertamenti attitudinali e psico fisici (superati dallo stesso);

– a decretare, il 18.10.2006, in esecuzione della pronuncia del Giudice di appello, la nomina del Di S. ad Agente della P.S. e a disporne l’immissione in servizio con decorrenza giuridica 1.8.1993 (data di conclusione del corso di formazione di cui si è detto in premessa) ed economica 2.11.2006 (data di riammissione, di fatto, in servizio).

Successivamente, il ricorrente ha proposto autonoma azione per risarcimento dei danni patrimoniali (ricorso n. 7007/2008 deciso con sentenza n.33653/2010).

Tanto premesso, il presente ricorso è improcedibile in quanto, come esposto in narrativa, con la citata sentenza del Consiglio di Stato n. 5967/2005 il decreto 26.7.1993 (in relazione al quale il ricorrente fa una questione di omessa revoca nel successivo decreto datato 16.12.1998) è stato annullato. Essendo mutata la situazione riguardante il Sig. Di S., in modo tale che lo stesso non riuscirebbe a trarre alcun vantaggio dalla prosecuzione del giudizio, il Collegio non può che dichiarare l’improcedibilità del medesimo per sopravvenuta carenza di interesse.

Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti sussistendone giusti motivi.

P.Q.M.

pronunciando, dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso in epigrafe.

Compensa tra le parti le spese, competenze ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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