Capacità di agire, potere di agire e legittimazione

Va tenuto distinto dalla capacità di agire il potere di agire, che può essere conferito dalla legge o dall’interessato: è il potere che viene conferito nell’interesse altrui nella rappresentanza legale o volontaria (Rescigno, 210).
& La dottrina distingue il potere dalla capacità. Il primo viene inteso come legittimazione al negozio che si differenzia dalla capacità perché: 1) non è qualità del soggetto ma posizione di questo rispetto all’oggetto o all’altro soggetto dell’atto o del rapporto; 2) non incide sulla validità dell’atto ma sull’efficacia; 3) non comporta una rappresentanza legale ma solo una sostituzione; 4) viene limitato o escluso a tutela dei terzi e non del soggetto, come avviene invece con riguardo alla capacità (Rescigno, 210).
La legittimazione ad agire, intesa come attitudine a compiere il singolo atto o ad essere parte di uno specifico rapporto, viene per lo più ricondotta (Dogliotti, Le persone fisiche, in Tratt. Rescigno, 2, II, Torino, 1982, 19) al potere di disporre, o di ricevere, divenendo, pertanto, legittimazione del soggetto a disporre o ad essere destinatario degli effetti dell’atto.
In tale contesto, la figura della legittimazione contrapposta a quella della capacità di agire non può sopravvivere, identificandosi la prima esclusivamente nel potere di disporre.
La titolarità configura una speciale posizione del soggetto rispetto al contenuto dell’atto, che si aggiunge o prescinde dalla capacità di agire.
Il soggetto può essere legittimato ad agire e non averne la capacità e, viceversa, avere capacità e non essere titolare del potere di disporre o di ricevere (Falzea, 45).
Ad es., il minore può essere autorizzato a contrarre matrimonio ed averne, quindi, la relativa capacità, ma non ne è, comunque, legittimato nei confronti di alcune persone (artt. 87, 1° co. ed 88, 1° co.); allo stesso modo alla generale capacità di acquistare per successione o donazione non corrisponde la legittimazione a ricevere per alcuni soggetti (artt. 463 ss., 596, 1° co., 597, 599, 1° co., 779).
Sul piano pratico, la dottrina non è, tuttavia, concorde, ritenendo alcuni autori (Stanzione, Capacità, in EG, V, Roma, 1988, 19) che anche molti casi tradizionalmente ricondotti al difetto di legittimazione comportino l’invalidità dell’atto (artt. 1261, 1° co., 1471, 2233, 3° co.) anziché la sua inefficacia.

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