Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 07-10-2010) 20-01-2011, n. 1770

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con ordinanza in data 19 aprile 2010 il Tribunale del riesame di Napoli, confermando il provvedimento emesso dal locale giudice per le indagini preliminari, ha disposto che I.G. rimanesse sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, quale indiziato per il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa e per il contrabbando di carburanti aggravato ex L. n. 203 del 1991, art. 7.

Ha ritenuto quel collegio che a carico dell’indagato sussistesse un corposo compendio indiziario, costituito da conversazioni telefoniche intercettate, nonchè dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia B.N., S.P., S.S. e M.D., dalle cui propalazioni era emersa la figura dello I. quale gestore dei rapporti coi distributori di carburanti per conto dell’associazione camorrista facente capo al clan Sarno.

Ha proposto ricorso per Cassazione l’indagato, per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo articolato in due censure.

Con esso contesta che le risultanze investigative diano conto della configurabilità del reato di cui all’art. 416 bis c.p.; nega, altresì, l’applicabilità dell’aggravante di cui alla L. n. 203 del 1991, art. 7, non rinvenendosi – a suo avviso – nelle dichiarazioni dei collaboranti alcun elemento in tal senso.

Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

Il giudice del riesame ha sviluppato il proprio discorso giustificativo con rigore logico e accompagnandolo con costante richiamo alle risultanze investigative. Dopo una sommaria descrizione delle modalità di svolgimento dell’attività criminale, gestita dall’organizzazione camorristica facente capo al clan Sarno e volta alla commissione di un numero indeterminato di reati di contrabbando di oli minerali, la motivazione dell’ordinanza qui impugnata si è soffermata sul ruolo svolto (definito "primaziale") dello I., quale soggetto titolare di funzioni di direzione dell’andamento dell’attività criminosa e di risoluzione dei problemi ad essa inerenti; in particolare secondo il Tribunale era emerso che l’indagato, a mezzo di compiacenti intermediari, effettuava continui e consistenti acquisti di carburanti destinati al successivo smercio illegale. In particolare era emerso il dirottamento di carburanti presso il distributore Q8 di (OMISSIS), formalmente intestato a C.G., ma gestito di fatto dai fratelli C. M. e C.P., intranei alla compagine criminosa dei Sarno; di tali consegne si era desunta la prova non soltanto da una captazione telefonica fra lo stesso I. e il coindagato R. V., ma altresì dalle propalazioni del collaborante S. G..

Anche dalle dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia, quali B.N., S.S. e M.D., il Tribunale ha tratto la conferma dell’appartenenza dello I. al clan camorristico; e da altre intercettazioni ha desunto la posizione apicale da lui occupata, evidenziarle dal piglio autoritario assunto nei confronti degli interlocutori, dai toni duri e minacciosi talvolta adottati verso altri coindagati, dal timore manifestato da taluni nel riferirsi a lui.

A fronte di tale corposo compendio indiziario, vanamente nel ricorso si denuncia una pretesa mancanza di collegamento – del resto non verificabile in concreto, nella presente sede di legittimità – fra il narrato dei collaboranti e le risultanze investigative riguardanti l’attività criminale di contrabbando di carburanti e oli minerali.

Del pari è congruamente motivato il giudizio espresso dal Tribunale – compatibilmente col livello meramente indiziario, proprio della fase cautelare nella quale è inserito – circa la configurabilità dell’aggravante di cui al D.L. 13 maggio 1991, n. 152, art. 7, proprio in ragione della rilevata appartenenza dello I., in posizione verticistica, alla consorteria camorristica facente capo al clan Sarno (cui egli è risultato legato da vincoli familiari e da interessi economici nel duplice settore degli stupefacenti e dei carburanti): donde implicitamente si trae l’agevolazione dell’attività illecita dell’associazione, attraverso la consumazione dei reati fine costituenti il programma criminoso di essa.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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