Parere legale motivato di diritto civile privacy-condominio-frazionamento -immobile- finestra -veduta-terrazzo .

a cura del dott. Domenico CIRASOLE

Dal caso in esame si evince che TIZIO da alcuni mesi è proprietario di un appartamento.
Detto immobile è stato acquistato da CAIO.
CAIO ha ricavato e realizzato detto appartamento frazionando un suo immobile più ampio, realizzando anche un suo appartamento.
L’immobile di TIZIO ha come pertinenza un terrazzo.
La parte sottostante di detto terrazzo è una porzione dell’appartamento realizzato da CAIO.
Su detto terrazzo da una stanza dell’appartameento di CAIO si apre una finestra.
Detta finestra infastidisce TIZIO.
TIZIO chiede al suo venditore CAIO di chiudere la finestra, o di trasformarla in punto luce, questo per tutelare la sua privacy personale, nell’uso del terrazzo di pertinenza del suo appartamento.
Esaminando l’atto di compravendita, non sorge alcun obbligo per entrambe le parti, e nulla si dice in merito al terrazzo e alla finestra.
Analizzando il caso sorge la necessità di commentare a grandi linee alcuni istituti giuridici.
Dispone l’art. 900 c.c. che "Le finestre o altre aperture sul fondo del vicino sono di due specie: luci, quando danno passaggio alla luce ed all’aria, ma non permettono di affacciarsi sul fondo del vicino; vedute o prospetti, quando permettono di affacciarsi e di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente".
Occorre tenere presente che, con il termine fondo, si intende far riferimento non soltanto ad un’area inedificata, ma pure alle costruzioni.
L’art. 902 c.c., ha codificato, come norma, il principio, per il quale, se non sono osservate le prescrizioni relative ai requisiti fissati dall’art. 901 per le luci, qualsiasi apertura – che non abbia le caratteristiche proprie della veduta – deve considerarsi luce.
In quest’ottica, il criterio differenziale tra luci e vedute deve derivarsi non solo dall’osservanza dei requisiti fissati dall’art. 901, ma anche dalla funzione effettiva e concreta dell’apertura.
Con la conseguenza che, ove non abbia le caratteristiche della veduta, l’apertura deve ritenersi luce a tutti gli effetti, anche se priva di alcuno dei requisiti di legge ed in tal caso si parlerà di luci irregolari.
In merito alle luci irregolari, la giurisprudenza ha ritenuto sempre ammissibile la costituzione per convenzione (Cass. 2.6.1993 n. 6165; 14.5.1990 n. 4117) quale espressione del basilare principio di autonomia contrattuale, ha invece mostrato incertezze circa la possibilità di acquisire la servitù di veduta irregolare tramite usucapione o destinazione del padre di famiglia.
Alcune volte ha escluso in modo categorico tale possibilità (Cass. 23.5.1988 n. 3570), in virtù del comb. Disp. degli artt. 901 e 902 c.c., che non prevedono un tertium genus oltre "luci" e "vedute", avendo il vicino "sempre il diritto" di esigere che la "luce irregolare" sia resa conforme alle prescrizioni legali e non potendo essere interpretato in modo univoco il suo comportamento omissivo.
Altre volte ha negato la costituzione di veduta irregolare per usucapione o destinazione del padre di famiglia basandosi essenzialmente sulla sussistenza o meno del requisito dell’apparenza (art. 1061 c.c.).
Certo è che, dal punto di vista funzionale, le luci hanno il solo scopo di consentire il passaggio di luce ed aria (funzione positiva), ma non anche quello dell’affaccio e cioè della possibilità di guardare nel fondo del vicino (funzione negativa).
Al contrario, le vedute o prospetti sono tutte le altre aperture verso la proprietà del vicino che consentano di guardare verso di essa, sia in direzione della superficie che dello spazio aereo sovrastante, senza sporgere il capo dall’apertura (inspectio), ovvero sporgendo il capo (prospectio), per guardare frontalmente, obliquamente o lateralmente nel fondo del vicino.
In particolare, l’art. 900 individua le vedute in relazione alla loro funzione di consentire la inspectio e la prospectio in alienum, a prescindere dalle caratteristiche costruttive dell’apertura.
In ogni caso, la congiunta possibilità di inspectio e di prospectio deve essere considerata non alla stregua di una mera eventualità, ma di una destinazione permanente e normale dell’apertura e cioè in funzione dello scopo essenziale e preminente per cui la veduta è stata aperta.
In questo senso, occorre che l’apertura sia stata eseguita in modo tale da far presumere, non solo la possibilità di veduta, ma anche la volontà e la necessità di servirsene in termini oggettivi e per un determinato scopo.
Il possesso di luci irregolari, sprovvisto di titolo è fondato sulla mera tolleranza del vicino (Cass. civ. Sez. II 04.01.2002 n. 71).
Nell’ambito di un unico immobile condominiale le norme che regolano i rapporti di vicinato trovano applicazione solo in quanto compatibili con la struttura dell’edificio e con le caratteristiche dello stato dei luoghi.
La funzione di copertura di uno stabile, oltre che dal tetto e dal lastrico solare, può essere svolta dalla terrazza.
La terrazza si presenta con caratteristiche strutturali simili a quelle del lastrico solare e solitamente si presenta accessibile e munita di parapetto o ringhiera.
Anche alle terrazze è applicabile la presunzione di comunione di cui all’art. 1117, n. 1, c.c., in quanto beni destinati all’uso comune.
Funzionalmente distinta dal lastrico solare e dalla terrazza di copertura è la c.d. terrazza a livello.
Essa infatti per il modo in cui è realizzata risulta destinata non tanto e non solo a coprire le verticali di edificio sottostanti, quanto e soprattutto a dare affaccio ed ulteriori comodità all’appartamento cui è collegata e del quale sostanzialmente rappresenta la proiezione verso l’esterno.
La terrazza a livello non rientra tra i beni oggetto di presunzione di comunione ex art. 1117 c.c. e pertanto, in difetto di contraria pattuizione, deve considerarsi di proprietà esclusiva del titolare dell’appartamento che ad essa dà accesso (art. 1126. c.c. Lastrici solari di uso esclusivo).
Perché una terrazza possa considerarsi «a livello» non è sufficiente che sia posta alla stessa altezza o allo stesso piano di un appartamento, ma occorre altresì che essa sia destinata all’utilizzo esclusivo di quel determinato appartamento, di cui venga a costituire una naturale estensione e che abbia accesso solo da esso.
La funzione di copertura dei piani sottostanti svolta dalla terrazza a livello, e propria del lastrico solare, si profila come meramente accessoria e secondaria (C. 8394/90; C. 1029/86).
Si precisa poi che, in assenza di titolo espresso, una terrazza a livello può ritenersi di proprietà esclusiva del proprietario dell’appartamento da cui si accede alla terrazza stessa, ove essa costituisca parte integrante da un punto di vista strutturale e funzionale del piano cui è annessa (C. 3832/94).
L’uso della terrazza può avere carattere reale o personale (C. 8532/99; C. 1501/74).
L’uso esclusivo da parte di un condomino deriva quindi da una proprietà esclusiva della terrazza.
La difficoltà di configurare, su di una stessa cosa, una comproprietà ed una proprietà esclusiva viene superata in dottrina considerando che nella terrazza è possibile sceverare due distinti beni: il primo costituito dall’insieme di opere aventi funzione di copertura dell’edificio, il secondo dalle opere necessarie per un’ulteriore destinazione.
Pertanto, mentre delle opere necessarie alla copertura dell’edificio (il vero e proprio tetto) non è possibile proprietà separata o uso esclusivo, per le altre ciò è possibile in quanto formano una nuova cosa appunto una terrazza.
Nei rapporti condominiali, la norma di cui all’art. 901 c.c., consente al vicino di chiedere la regolarizzazione delle luci irregolari.
Spetta al giudice del merito valutare e risolvere controversie che caso per caso, possono presentarsi.
Il giudice contempera i diversi interessi di più proprietari conviventi in un unico edificio, al fine di ottenere un’ordinato svolgimento di tale convivenza, propria dei rapporti condominiali (Cass. civ., Sez. II, 30/03/2000, n.3891).
Il giudice deve valutare concretamente il diritto della "privacy", come priorità nell’uso della cosa privata del condomino, assolutamente indispensabile al fine del completo godimento della cosa propria.
La tutela del diritto alla privacy è volta unicamente ad assicurare un uso più ampio e più comodo della stessa.
Il giudice, ove possibile, potrà imporre al vicino l’adozione di opportuni accorgimenti, che impediscano l’inspectio o la prospectio, come disporre l’inalzamento di un muro nella terrazza, oppure potra obbligare di trasformare in luce una veduta.
Le vedute, permettendo l’inspectio e la prospectio in alienum, limitano in maniera incisiva la libertà del vicino, la sua sicurezza ed in particolare la sua privacy.
Pertanto, l’apertura di vedute in un condominio è assoggettata a particolari cautele, che consistono nel rispetto di determinate distanze tra la veduta stessa ed il fondo del vicino, e ciò per tutelare quest’ultimo dalle altrui indiscrezioni.
Il regime delle distanze per l’apertura delle vedute è articolato in modo diverso, a seconda che si tratti di vedute dirette, laterali o oblique.
Dall’articolo 905 c.c. si ricavano le distanze e i divieti.
L’obbligo delle distanze deve essere osservato pure quando la veduta si proietti sul tetto del vicino (art. 905 c.c.).
E’ fatto divieto di aprire vedute verso il fondo ed il tetto del vicino.
Per fondo deve intendersi, in senso estensivo, ogni immobile, recintato o meno, coperto o scoperto, praticabile o non.
Per le vedute dirette l’art. 905 c.c. impone la distanza minima di un metro e mezzo tra il fondo del vicino e l’apertura medesima.
In presenza di un edificio, il muro ove si vorrebbe aprire le vedute, deve in primo luogo rispettare la distanza dall’immobile frontista di cui all’art. 873 c.c. (tre metri).
Le disposizioni esaminate hanno natura privatistica, in quanto finalizzate alla tutela di interessi individuali.
Esse pertanto possono essere derogate dalle parti, anche con la costituzione di una servitù,
Agli effetti di una servitù di veduta, le modifiche soggettive della servitù di veduta – cioè le modifiche che riguardano i titolari del fondo dominante o del fondo servente – sono sempre irrilevanti.
Si pensi al caso della divisione di un fondo unico in due fondi.
In tal caso, la servitù di veduta continua a gravare sul fondo servente, indipendentemente dal cambio della titolarità dei fondi.
Abbiamo in tal caso la cosi detta destinazione del padre di famiglia, che impone al proprietario del fondo servente l’immodificabilità dell’altrui godimento.
La costituzione di una servitù prediale per destinazione del padre di famiglia, ai sensi dell’art. 1062 c.c., postula che le opere permanenti destinate al suo esercizio predisposte dall’unico proprietario persistono al momento in cui il fondo viene diviso tra più proprietari.
Il titolare di una veduta può godere della servitù solo rispetto ad un’apertura mantenuta nella sua originaria consistenza.
La servitù di aria e di luce è una servitù negativa, e non è una servitù apparente.
L’apparenza non consiste soltanto nella esistenza di segni visibili ed opere permanenti, ma esige che queste ultime, come mezzo necessario all’acquisto della servitù, siano indice non equivoco del peso imposto al fondo vicino, in modo da far presumere che il proprietario di questo ne sia a conoscenza.
Nè la circostanza che la luce sia irregolare è idonea a conferire alla indicata servitù il carattere di apparenza, non essendo possibile stabilire dalla irregolarità se il vicino la tolleri soltanto, riservandosi la facoltà di chiuderla nel modo stabilito dalla legge, ovvero la subisca come peso del fondo, quale attuazione del corrispondente diritto di servitù o manifestazione del possesso della medesima.
Di fronte ad una luce irregolare il vicino può esigere che l’apertura sia resa conforme all’art. 901, ovvero può farla eliminarla (C. 8930/00; C. 5081/83).
L’esercizio della facoltà di chiedere l’osservanza delle prescrizioni di cui all’art. 901 può avvenire in ogni tempo, poiché, trattandosi di facoltà insite nel diritto di proprietà, le stesse non sono soggette ad estinzione.
Il giudice che accolga la domanda del vicino può adottare un comando giudiziale alternativo, che ingiunga al titolare della luce di renderla conforme alle prescrizioni normative ovvero di chiuderla.
Qualora il proprietario dell’apertura non realizzi, nel termine assegnatogli una delle due condotte, il vicino potrà chiedere l’esecuzione, a spese dell’obbligato, della prestazione che ritenga più conveniente (C. 2368/88).
Il giudice sarà invece tenuto a disporre esclusivamente la chiusura ove sia impossibile far acquistare alle luci irregolari i requisiti richiesti dalla legge (C. 3508/75).
Di contro, il proprietario della luce, di cui sia stata ordinata dal giudice la regolarizzazione, può sempre provvedere alla loro totale eliminazione anziché procedere al loro adeguamento (C. 1312/84).
In applicazione di tali principi si è ritenuto che nel caso di apertura di veduta abusiva, sanare la violazione mediante la trasformazione della medesima in luce è sempre praticabile ai sensi dell’art. 903.
Quindi la questione si risolve nell’eliminazione della veduta abusiva, con conseguente restaurazione del diritto del vicino da essa leso (C. 2159/02 ; Cass. civ. 09.03.1988 n. 2368 ).
A parere dello scrivente TIZIO, per tutelare il suo diritto all’utilizzo comodo, della terrazza, e per veder tutelare il suo diritto alla privacy, può adire il giudice.
Premesso che nonostante il piano di calpestio della terrazza in questione sia in parte di CAIO, essa è da ritenersi pertinenza dell’immobile di TIZIO.
Come già detto essa è terrazza a livello e da affaccio ed ulteriori comodità all’appartamento cui è collegata e del quale sostanzialmente rappresenta la proiezione verso l’esterno.
Detta terrazza è destinata all’utilizzo esclusivo di quel determinato appartamento, di cui venga a costituire una naturale estensione e che abbia accesso solo da esso, e si precisa che mancando nel contratto di compravendita alcun riferimento, in assenza di titolo espresso, la terrazza è da ritenersi di proprietà esclusiva di TIZIO, costituendo parte integrante dell’appartamento.
Si precisa poi che la terrazza è da ritenersi di proprietà esclusiva del proprietario dell’appartamento da cui si accede alla terrazza stessa.
L’uso esclusivo da parte di un condomino deriva quindi da una proprietà esclusiva della terrazza.
Al giudice và chiesto di accertare se la finestra in questione, cioe quella di CAIO che si affaccia sulla terrazza di TIZIO, sia da considerare a norma di legge, veduta.
Innfatti potrebbe ipotizzarsi che detta finestra non abbia i requisiti di veduta, ma di luce, mancando la funzione effettiva e concreta dell’apertura cioe della prospectio.
Infatti vi è ben poco da vedere verso un terrazzo altrui, senza invadere la sfera personale di altri condomini.
Pertanto ad essa va applicato quanto già detto per le luci irregolari.
Di fronte ad una luce irregolare il vicino può esigere che l’apertura sia resa conforme all’art. 901, ovvero può eliminarla (C. 8930/00; C. 5081/83).
Sempre al giudice va chiesto di far rispettare l’obbligo delle distanze nel caso di veduta (art. 905 c.c.) e le distanze di un edificio frontista (art. 873 c.c.).
In merito alla costituzione della servitù prediale per destinazione del padre di famiglia, ai sensi dell’art. 1062 c.c., essendo la finestra presistente al momento al momento in cui vi è stata la compravendita, di essa si dovrebbe mantenere l’originaria destinazione, e CAIO dovrebbe continuare a mantenere il pieno godimento.
Ma nell’atto di compravendita manca ogni riferimento al peso imposto a TIZIO in merito alla finestra.
Manca quindi un’indicazione non equivoca del peso imposto al fondo vicino, in modo da far presumere che TIZIO ne sia a conoscenza.
Ben potrebbe aver inteso TIZIO che detta finestra servisse per permettere l’ingresso nelle stanze di CAIO la sola luce e aria.
Non essendo possibile stabilire con certezza, la regolarità oggettiva della servitù di veduta, TIZIO può aver tollerato la finestra, riservandosi la facoltà di chiuderla nel modo stabilito dalla legge.
Nel caso concreto manca quindi una convenzione tra le parti per veder riconoscita la servitù qualora fosse luce irregolare (Cass. 2.6.1993 n. 6165; 14.5.1990 n. 4117).
In quanto ipotizzando che la finestra in questione sia una servitù irregolare di luce la giurisprudenza ha mostrato incertezze circa la possibilità di acquisire la servitù di veduta irregolare tramite destinazione del padre di famiglia (Cass. 23.5.1988 n. 3570), non prevedendo il codice un tertium genus oltre "luci" e "vedute", avendo il vicino "sempre il diritto" di esigere che la "luce irregolare" sia resa conforme alle prescrizioni legali e non potendo essere interpretato in modo univoco il suo comportamento omissivo.
In relazione allo stato di fatto e di diritto dell’immobile traslato, riveste carattere determinante, l’assenza di precisazioni del venditore, sul bene traslato.
Sempre al giudice andrebbe chiesto di bilanciare e tutelare, nel caso concreto, la pivacy personale, la sicurezza di TIZIO, e la veduta di CAIO.
Quindi è ipotizabile che il giudice obblighi CAIO di trasformare la finestra in un punto luce, come richiesto anche da TIZIO.

Esclusione di responsabilità: questo documento non ha carattere di parere legale, e si esclude l’autore da responsabilità derivanti da ogni altro uso fatto.

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