Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 20-01-2011) 21-01-2011, n. 1828 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Torino, con sentenza del 10 dicembre 2010, disponeva la consegna all’autorità giudiziaria polacca di J. R., cittadino (OMISSIS), nei cui confronti il Tribunale Regionale di Poznan aveva emesso in data 4 ottobre 2010 mandato di arresto europeo (MAE) in relazione all’ordinanza cautelare emessa in data 25 maggio 2010 dal Tribunale Distrettuale di Gniezno per due distinti reati – previsti dall’art. 209 c.p. polacco, par. 1, – di violazione degli obblighi di assistenza familiare in danno delle figlie minorenni (commessi in (OMISSIS) – con l’esclusione del periodo dal (OMISSIS)).

2. Lo J., a seguito di segnalazione S.I.S., in relazione a distinto e precedente MAE, era stato arrestato in data 22 ottobre 2010 dai Carabinieri della Stazione di Varallo Sesia, e il Presidente della Corte di appello di Torino, con ordinanza in data 25 ottobre 2010, convalidato l’arresto, applicava al medesimo la misura della custodia cautelare in carcere.

Sopraggiunto l’ulteriore MAE del 4 ottobre 2010, la Corte di appello di Torino, con ordinanza in data 25 novembre 2010, applicava allo J., anche per questo titolo, la misura della custodia in carcere.

3. Osservava la Corte di appello nella riferita sentenza che non sussistevano ragioni preclusive alla consegna, non potendo tra l’altro essere ritenuta sussistente una condizione di radicamento dello J. in Italia, dato che la documentazione prodotta dalla difesa dimostrava solo una sua permanenza in Italia a far data dal 15 gennaio 2008, e che la borsa di lavoro era riferita a un periodo di solo sei mesi a partire dal maggio 2010. 4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione lo J., con atto sottoscritto congiuntamente al difensore avv. Gianni Croce con il quale si denuncia, in riferimento alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, comma 1, lett. r), la illegittimità della statuizione di consegna, alla quale ostava la condizione dello J. di residente in Italia da circa cinque anni (dall’agosto 2005), ove egli viveva insieme alla sorella e alla famiglia di questa, come provato dalla documentazione prodotta, che era stata travisata, essendo stato erroneamente affermato dalla Corte di appello che la permanenza in Italia dello J. decorreva solo dal giugno 2008. 5. Inoltre lo J. fa istanza di revoca della misura della custodia cautelare o in subordine di sostituzione di questa con quella domiciliare, non sussistendo esigenze cautelari, come illustrato dalla documentazione che si allega.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato.

2. La Corte di appello non ha adeguatamente considerato i presupposti per l’applicabilità allo J. della disposizione della L. n. 69 del 2005, art. 19, comma 1, lett. c), (non, come erroneamente dedotto, quella dell’art. 18, comma 1, lett. r), della medesima legge, relativo a MAE esecutivo), che prevede in caso di MAE processuale, come è quello di specie, che la consegna del residente nello Stato italiano sia subordinata alla condizione di rinvio nello Stato di esecuzione (nella specie, in Italia) dopo la celebrazione del processo a suo carico nello Stato membro di emissione (nella specie, la Polonia).

Invero la Corte di appello ha osservato che non poteva dirsi accertato un "radicamento" in Italia dello J., per avere egli fatto ingresso nel nostro Paese solo da 15 gennaio 2008; mentre dalla documentazione prodotta dalla difesa si ricava che tale ingresso risale all’8 agosto 2005 (v. certificato di stato di famiglia a fol. 62) e che egli vive in un nucleo familiare di cui fanno parte suoi stretti congiunti da ancor più lungo tempo residenti in Italia.

Tali evidenze documentali, travisate dalla Corte di merito, avrebbero dovuto imporre una ben più pregnante verifica circa l’eventuale radicamento in Italia dello J., ai fini dell’applicazione del citato art. 19, comma 1, lett. r).

3. Tali evidenze documentali, travisate dalla Corte di merito, avrebbero dovuto imporre una ben più pregnante verifica circa l’eventuale radicamento in Italia dello J., ai fini dell’applicazione del citato art. 19, comma 1, lett. r).

Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Torino, che, ai fini della nuova decisione, dovrà tenere presenti gli approdi della giurisprudenza di legittimità relativi al punto devoluto, e in particolare che la nozione di "residente", quanto meno nell’economia della norma in questione, implica una condizione non ricavabile dal solo dato della durata di una generica e indistinta presenza nel territorio dello Stato, occorrendo verificare se una simile situazione si estrinsechi in un’apprezzabile stabilità del domicilio, e cioè in un collegamento con un preciso ambito territoriale; nel quale, inoltre, si sviluppino accettabili rapporti di lavoro o di natura familiare o affettiva (v. per tutte Sez. 6, n. 14710 del 09/04/2010, dep. 16/04/2010, S., Rv. 246747; cui adde, da ultimo, Sez. 6, 12/10/2010, Malasiriski).

4. La richiesta di revoca o sostituzione della misura custodiale dovrà essere rivalutata dalla Corte di appello una volta appurate appieno le condizioni lavorative, familiari e, in genere, di vita dello J., che proiettano evidenti riverberi sul profilo cautelare.

La istanza va dunque allo stato rigettata.

5. La Cancelleria provvedere agli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.

Rigetta l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5 e dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

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