Cass. civ. Sez. V, Sent., 11-02-2011, n. 3348 Sentenze e atti giudiziari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società Cementi prefabbricati s.r.l. presentava ricorso avverso l’avviso di liquidazione con il quale veniva richiesto il pagamento dell’imposta di registro, oltre accessori, sulla sentenza del Tribunale di Napoli n. 947/01 depositata il 19.1.2001, intervenuta tra F.G. ed altri contro la Cementi Prefabbricati s.r.l..

La Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso.

Contro tale decisione la contribuente adiva la commissione tributaria regionale che, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava la sentenza di primo grado.

Contro tale ultima sentenza la contribuente ricorre per cassazione con ricorso fondato su duplice motivo. L’amministrazione resiste con controricorso.

Motivi della decisione

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37 per non avere il giudice dell’appello ritenuto rilevante il fatto che al momento della notifica dell’atto impositivo il contesto civile si era definito per un importo risarcitorio di gran lunga inferiore all’importo deciso con la sentenza del Tribunale di Napoli.

Pone quindi il seguente quesito:

è illegittimo l’avviso di liquidazione che richiede il pagamento di un’imposta che il contribuente dimostra con atto inoppugnabile non essere del tutto o in parte dovuta?.

La censura è inammissibile per violazione del disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c.. Il quesito posto, infatti, appare privo dei requisiti stabiliti, per la loro formulazione, dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il quesito deve essere formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata: ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366 bis, si risolve sostanzialmente, come nella fattispecie, in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (Cass. Sez. un., n. 26020 del 2008).

Con il secondo motivo la contribuente denuncia un vizio di motivazione per non avere il giudice deciso, in base a quanto documentato, quale fosse l’effettivo debito tributario.

La censura, – a prescindere dalla mancanza dell’indicazione riassuntiva e sintetica, costituente un necessario quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, come interpretato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, Cass., Sez. un., n. 20603 del 2007 e Cass. n. 8897 del 2008), – si rivela inammissibile in quanto il ricorrente censura come vizio di motivazione ciò che addebita all’impugnata sentenza come vizio di legge. Si duole infatti che il giudice a quo, pur essendo a tanto tenuto, non abbia determinato l’importo del tributo come effettivamente dovuto in base alle prove fornite da esso contribuente e specifica "non ha senso far pagare un importo maggiore, su parte del quale va instaurata una nuova procedura di rimborso" Sostanzialmente quindi assume una violazione della norma, che peraltro non individua.

In virtù di tutto quanto esposto il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato alle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in dispositivo in applicazione del principio della soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1000,00, oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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