Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-12-2010) 21-01-2011, n. 2204

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza del 22 giugno 2010, la Corte di appello di Cagliari ha confermato la sentenza dal Tribunale di Lanusei il 22 novembre 2007, con la quale P.P.A.F. era stato riconosciuto colpevole del delitto di truffa aggravata e condannato alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed Euro 600,0 di multa.

Propone ricorso per cassazione personalmente l’imputato, il quale nel primo motivo lamenta violazione della disciplina processuale, in quanto nel giudizio di appello, la notifica della citazione non avrebbe rispettato il termine dilatorio di comparizione di venti giorni. Prospetta poi violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto nei fatti non sarebbe ravvisabile la induzione in errore della vittima del reato, mentre sarebbe rimasto oscuro il rapporto di collaborazione posto a fondamento della aggravante. Si sostiene poi che, se al P. non competevano compensi per la sua opera, la sua responsabilità doveva essere valutata con minor rigore, a norma dell’art. 1710 c.c., mentre altrimenti l’assegno consegnato dalla persona offesa doveva essere imputato in parte al suo compenso.

Il ricorso è palesemente inammissibile. Quanto al primo motivo, infatti, la eccezione doveva essere proposta nel corso del giudizio di merito, cosa che non è avvenuta, con la correlativa sanatoria dell’eventuale vizio. I restanti motivi sono del pari inammissibili, in quanto, da un lato, basati su circostanze meramente assertive e, sotto altro profilo, orientati verso un non consentito riesame dei fatti, ampiamente scandagliati tanto in primo grado che in sede di appello. Il ricorso è pertanto palesemente inammissibile, in quanto i detti motivi risultano solo formalmente evocativi dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto sono articolati esclusivamente sulla base di rilievi di merito, tendenti ad una rivalutazione delle relative statuizioni adottate dalla Corte territoriale. Statuizioni, per di più, sviluppate sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti in relazione ai quali il ricorrente ha svolto le proprie censure, evidentemente tese ad un improprio riesame del fatto, estraneo al perimetro entro il quale può svolgersi il sindacato riservato a questa Corte. Le deduzioni svolte nell’ultimo motivo, inoltre, risultano palesemente inammissibili anche perchè volte a prospettare tematiche neppure agitati in sede di appello.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *