Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-12-2010) 21-01-2011, n. 2201

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza 25.2.10 la Corte d’Appello di Lecce confermava la condanna emessa il 14.3.07 dal Tribunale di Brindisi nei confronti di C.M. per il delitto di riciclaggio di un’autovettura di provenienza delittuosa.

Tramite il proprio difensore il C. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

a) l’impugnata pronuncia aveva attribuito al ricorrente l’aver alterato il numero di telaio dell’auto e l’averla munita di una carta di circolazione relativa ad altro autoveicolo successivamente immatricolato: a tale conclusione i giudici del merito erano pervenuti in base al rilievo che il C., nel dare l’auto in questione a S.A. in parziale permuta di altro autoveicolo, lo aveva rassicurato in ordine alla non coincidenza fra il modello (successivo) cui si riferiva la carta di circolazione e l’auto, dicendogli che ciò dipendeva dal fatto che il mezzo, dapprima incidentato, era stato oggetto di opere di riparazione (delle quali il C. aveva esibito fattura) che giustificavano la dissonanza rispetto all’epoca di immatricolazione; si obiettava – invece – in ricorso che proprio tale condotta dimostrava la buona fede dell’imputato, che non voleva in alcun modo ostacolare l’identificazione dell’origine del bene; pertanto – concludeva – al più sarebbe stato configurabile il reato p. e p. ex art. 648 cpv. c.p.;

b) erroneamente la Corte territoriale aveva negato le attenuanti dell’art. 62 bis c.p. in base a precedenti penali del C. che, in realtà, erano molto risalenti nel tempo; infine aveva trascurato lo scarso valore commerciale dell’auto, che avrebbe fatto rientrare il reato nella categoria prevista dall’art. 62 c.p., n. 4. 1- Il ricorso è inammissibile.

Il motivo che precede sub a) si colloca al di fuori del novero di quelli spendibili ex art. 606 c.p.p., perchè in esso sostanzialmente si svolgono mere censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici del gravame, che con motivazione esauriente, logica e scevra da contraddizioni hanno affermato che nel vendere l’auto al S. il C. aveva dimostrato di essere ben al corrente dell’avvenuta alterazione degli identificativi del bene e da ciò hanno desunto che egli ne era stato l’autore.

Le contrarie argomentazioni svolte in ricorso sollecitano soltanto un nuovo e diverso apprezzamento in punto di fatto della vicenda, il che non è consentito in sede di legittimità.

Nè per ravvisare una manifesta illogicità argomentativa denunciabile per cassazione basta rappresentare la mera possibilità di un’ipotesi alternativa -magari altrettanto logica in via di astratta congettura – rispetto a quella ritenuta in sentenza: a riguardo la giurisprudenza di questa S.C. è antica e consolidata (cfr. Cass. Sez. 1^ n. 12496 del 21.9.99, dep. 4.11.99; Cass. Sez. 1^ n. 1685 del 19.3.98, dep. 4.5.98; Cass. Sez. 1^ n. 7252 del 17.3.99, dep. 8.6.99; Cass. Sez. 1^ n. 13528 dell’11.11.98, dep. 22.12.98;

Cass. Sez. 1^ n. 5285 del 23.3.98, dep. 6.5.98; Cass. S.U. n. 6402 del 30.4.97, dep. 2.7.97; Cass. S.U. n. 16 del 19.6.96, dep. 22.10.96; Cass. Sez. 1^ n. 1213 del 17.1.84, dep. 11.2.84 e numerosissime altre).

2- Il motivo che precede sub b) è manifestamente infondato.

E’ noto nella giurisprudenza di questa Corte Suprema che ai fini della determinazione della pena e dell’applicabilità delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. non è necessario che il giudice, nel riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 c.p., li esamini tutti, essendo invece sufficiente che specifichi a quale di essi ha inteso fare riferimento.

Ne deriva che, con il rinvio ai precedenti penali dell’imputato (ancorchè relativi a fatti non recentissimi, come si legge nella gravata pronuncia), indice concreto della personalità del reo, la Corte territoriale ha adempiuto l’obbligo di motivare sul punto (cfr. ad esempio Cass. Sez. 1^ n. 707 del 13.11.97, dep. 21.2.98; Cass. Sez. 1^ n. 8677 del 6.12.2000, dep. 28.2.2001 e numerose altre).

Infine, con il cenno sull’asserito scarso valore commerciale del bene, che avrebbe fatto rientrare il reato nella categoria prevista dall’art. 62 c.p., n. 4 (come si legge in ricorso), il C. non lamenta la mancata concessione della relativa attenuante comune, ma segnala soltanto un elemento di giudizio disponibile ai fini dell’invocata concessione delle attenuanti dell’art. 62 bis c.p.: in tal modo il ricorrente – lungi dal denunciare vizi di legittimità – in sostanza mira soltanto ad ottenere una nuova delibazione in punto di entità del trattamento sanzionatorio, il che non è consentito innanzi a questa S.C..

3- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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