Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-12-2010) 21-01-2011, n. 2200

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza del 16 novembre 2009, la Corte di appello di Genova ha ridotto ad anni uni e mesi quattro di reclusione ed Euro 200,00 di multa la pena inflitta a T.S. dal Tribunale della medesima città il 10 ottobre 2007, quale imputata del delitto di cui all’art. 643 cod. pen..

Propone ricorso per cassazione il difensore, il quale lamenta violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto i giudici del merito si sarebbero fondati esclusivamente sulla versione della parte offesa, in sè inattendibile, senza altri elementi di riscontro, non potendo a tal fine valere le circostanze richiamate in proposito nelle sentenze del doppio grado di merito. Non sussisterebbe, poi, alcun atto di induzione nè sussisterebbe il dolo specifico richiesto dall’art. 643 cod. pen., avuto riguardo al fatto che le dazioni sono state effettuate a fronte di varie prestazioni "mediologiche" che portavano beneficio psicologico alla parte offesa.

Le censure del ricorrente, si limitano a proporre una critica a proposito del ragionamento probatorio più che adeguatamente sviluppato nella sentenza impugnata, proponendo null’altro che un diverso risultato ricostruttivo della vicenda, radicato esclusivamente su profili di fatto e su assunti meramente assertivi.

Il ricorso è pertanto palesemente inammissibile, in quanto i motivi risultano solo formalmente evocativi dei prospettati vizi di legittimità, ma in concreto sono articolati esclusivamente sulla base di rilievi di merito, tendenti ad una rivalutazione delle relative statuizioni adottate dalla Corte territoriale. Statuizioni, per di più, sviluppate sulla base di un esauriente corredo argomentativo, proprio sui punti – verifica della attendibilità della versione offerta dal circonvenuto; apprezzamento e ricostruzione della vicenda operata alla luce di varie altre emergenze, puntualmente esaminate tanto in sè, che nel reciproco integrarsi; approfondita delibazione della sussistenza di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, del contestato reato; accertamento del fine utilitaristico perseguito, e simili – in relazione ai quali il ricorrente ha svolto le proprie censure, evidentemente tese ad un improprio riesame del fatto, estraneo al perimetro entro il quale può svolgersi il sindacato riservato a questa Corte.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1.000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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