Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-12-2010) 21-01-2011, n. 2195 Impugnazioni della parte civile

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Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza del 23 gennaio 2009, il Tribunale di Milano ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M.G. F. in ordine al delitto di tentata truffa ai danni della "Milano Assicurazioni S.p.A.", per mancanza di querela, sul rilievo che la procura conferita a C.I., che aveva proposto la istanza di punizione, non poteva ritenersi valida, in quanto essa non conteneva, a dire del giudice a quo, alcuna "focalizzazione dei confini entro i quali il potere di proposizione della querela" era stato conferito.

Avverso l’indicata decisione ha proposto ricorso per cassazione la parte civile Milano Assicurazioni S.p.A., ai soli effetti civili, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione. In particolare, la sentenza risulterebbe erronea sotto un duplice profilo. Nella specie, infatti, l’amministratore delegato della compagnia assicuratrice, con procura notarile, ha attribuito al Dott. C. la rappresentanza esterna della compagnia in materia assicurativa, conferendo al medesimo il potere di manifestare la volontà dell’ente, fra l’altro, nell’esercizio del potere di proporre querela e di costituirsi parte civile. Pertanto, essendo il predetto Dott. C. dotato del potere rappresentativo della società, lo stesso era tenuto soltanto a documentare tale qualità, essendo pacifico in giurisprudenza, che la persona fisica che proponga querela per conto di una società dotata – come nella specie – di personalità giuridica, ha soltanto l’onere di allegare tale qualità. Inoltre, e sempre alla luce della giurisprudenza di legittimità, non occorre adottare una apposita delibera e conferire una conseguente procura speciale per ogni singolo episodio rispetto al quale deve essere proposta querela, bastando una procura che tale potere conceda in via generale, avuto riguardo, fra l’altro, alla esigenza di minore formalismo che caratterizza gli atti del procedimento penale rispetto a quelli del giudizio civile.

A proposito della preliminare questione inerente la sussistenza o meno dell’interesse della parte civile a proporre ricorso avverso la declaratoria di improcedibilità per difetto di querela, si registra un contrasto di giurisprudenza. Da un lato, si è infatti affermato che sussiste l’interesse della parte civile ad impugnare la sentenza con la quale sia dichiarata l’improcedibilità per mancanza di valida querela ex art. 129 c.p.p., in quanto la scelta di coltivare l’azione civile nel processo penale, spettante a colui che si ritenga danneggiato dal reato, rappresenta una decisione che trova tutela e riconoscimento nel vigente ordinamento giuridico, nè a tal fine può rilevare la circostanza che tale pronuncia non faccia stato nell’eventuale giudizio civile, in quanto sussiste, comunque, l’interesse del querelante, costituitosi parte civile, a perseguire il suo proposito di chiedere nel procedimento penale, l’affermazione del diritto al risarcimento del danno e ciò vale, a fortiori, per i procedimenti penali instaurati con riguardo ai delitti di ingiuria e diffamazione, considerato che, in tal caso, la parte civile può proporre impugnazione anche agli effetti penali ai sensi dell’art. 577 c.p.p. (Cass., Sez. 5^, 27 aprile 2005, Morrione, RV 232338.

Pronuncia, dunque, ovviamente antecedente alla abrogazione dell’art. 577 c.p.p., intervenuta ad opera della L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 9). L’identico principio di diritto è stato poi integralmente riprodotto nella sentenza emessa dalla Seconda sezione il 25 febbraio 2009, in proc. Ferracini Lidia ed altri contro Pignat ed altra, RV n. 244335. Tanto nella prima che nella seconda delle sentenze citate, non viene dato atto della esistenza di un diverso orientamento giurisprudenziale; sicchè il contrasto appare essere inconsapevole.

In senso contrario si è invece affermato che è inammissibile per difetto di interesse il ricorso per cassazione proposto dalla parte civile allo scopo di rimuovere una pronuncia penale di improcedibilità per inammissibilità della querela ex art. 12 c.p.p. 1930, in quanto tale pronuncia, non coinvolgendo il merito dei rapporti patrimoniali tra le parti, non impedisce al giudice civile di conoscere senza vincoli le conseguenze dannose derivanti dal fatto (Cass. Sez. 6^, 27 giugno 1990, p.c. in proc. Menconi, RV 186238). Lo stesso principio è stato poi affermato in Cass., Sez. 2^, 15 aprile 2003, p.o. in proc. Batacchi, RV 225101. Più di recente, si è ribadito che è inammissibile per mancanza di interesse il ricorso della parte civile avverso la sentenza predibattimentale con la quale è stato disposto il proscioglimento dell’imputato per avere il giudice ritenuto che fosse intervenuta remissione di querela, atteso che, in difetto di impugnazione da parte del pubblico ministero, l’eventuale accoglimento del ricorso potrebbe solo comportare l’annullamento con rinvio al giudice civile, per la decisione sulle pretese risarcitorie, le quali non sono pregiudicate, comunque, dalla remissione (Cass., Sez. 5^, 8 febbraio 2008, Baroni, RV 239388).

Sull’argomento, si è anche affermato che, in tema di procedimento dinanzi al giudice di pace a seguito di citazione disposta dalla polizia giudiziaria a norma del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 20, la parte civile non è legittimata ad impugnare la sentenza con cui sia stata pronunciata la improcedibilità per mancanza di querela, in quanto essa ha natura esclusivamente penale, non contiene alcuna statuizione di merito sull’azione civile, nè può determinare effetti pregiudizievoli in un eventuale giudizio civile e può essere impugnata dalla persona offesa solo in virtù dell’applicazione del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 38, che prevede una speciale impugnazione, anche agli effetti penali, contro la sentenza di proscioglimento del giudice di pace, nel caso in cui sia stata richiesta dalla persona offesa la citazione a giudizio dell’imputato ai sensi del menzionato D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 21, (Cass., Sez. 5^, 26 aprile 2005, Di Sevo, RV 232337).

L’orientamento da ultimo esposto era d’altra parte consolidato sotto la vigenza del codice abrogato, ove si affermava, appunto, che doveva ritenersi inammissibile per difetto di interesse il ricorso per cassazione della parte civile allo scopo di rimuovere una pronuncia penale di improcedibilità per difetto di querela, in quanto tale pronuncia non precludeva il libero esercizio della azione risarcitoria nella competente sede civile (cfr, fra le altre, Cass., Sez. 4^, 23 giugno 1987, Bartolotti, RV 177479; Cass., Sez. 2^, 22 febbraio 1983, Costa, RV 160584; Cass., Sez. 6^, 15 ottobre 1980, Piva, RV 151422). Tesi, questa, che trovava eco nel più generale principio secondo il quale, nel caso di proscioglimento pronunciato in giudizio, doveva riconoscersi l’interesse della parte civile a proporre ricorso per cassazione, in tutte le ipotesi in cui, pur non essendo precluso l’esercizio della azione civile a norma dell’allora vigente art. 25 c.p.p. 1930, da taluna delle disposizioni della sentenza, indipendentemente dalla formula adottata, potesse derivare una limitazione della parte civile medesima al pieno soddisfacimento, nella sede competente, della pretesa risarcitoria. Pertanto – si affermava – l’indagine sul requisito dell’interesse al ricorso, doveva essere condotto sulla base delle censure mosse alla decisione e degli obiettivi concreti della impugnazione, in relazione non soltanto alla formula adottata nella sentenza di proscioglimento, ma anche al significato del dispositivo, identificato attraverso la motivazione (Cass., Sez. un., 25 maggio 1985, Marangoni, RV 170042).

Alla stregua dei riferiti rilievi si reputa pertanto necessario rimettere il ricorso alle Sezioni Unite di questa Corte per la risoluzione dell’indicato contrasto di giurisprudenza.

P.Q.M.

Visto l’art. 618 c.p.p.. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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