Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 22-12-2010) 21-01-2011, n. 2191

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

I.A.P. ha proposto ricorso per Cassazione per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Messina del 26.3.2008, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale il 20.6.2006, per il reato di concorso in tentata estorsione aggravata ex D.L. n. 152 del 1991, art. 7 in danno dell’imprenditore P.V..

Secondo l’accusa, l’imputato, agente di polizia penitenziaria, aveva offerto la disponibilità del proprio cellulare ad un detenuto, T.S., che se ne era servito nell’ambito dell’attività estorsiva diretta ad ottenere il versamento di cospicue somme di denaro da parte della persona offesa, con la minaccia, altrimenti, di fare rendere contro il P. dichiarazioni accusatorie da non meglio indicati collaboratori di giustizia, in relazione ad inesistenti indagini nei suoi confronti, simulate con la predisposizione di un falso atto di citazione proveniente dalla DNA di Roma.

Lo stesso I. sarebbe stato poi direttamente coinvolto nella vicenda estorsiva, alla stregua del contenuto dell’intercettazione telefonica delle ore 18,37 del (OMISSIS). Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dello I., denunciando il vizio di violazione di legge della sentenza impugnata per l’erronea applicazione dell’art. 110 c.p. Dopo oltremodo ampie digressioni teoriche sulla figura del concorso di persone nel reato, il ricorso si concentra, in concreto, su due aspetti:

a) la certezza dell’identificazione dello I. come uno degli interlocutori della telefonata del (OMISSIS); il superiore gerarchico dell’imputato che aveva effettuato il riconoscimento "vocale", si sarebbe infatti espresso sull’identificazione non nei termini di assoluta sicurezza affermati dalla Corte territoriale, ma solo in termini probabilistici;

b) il significato probatorio del contenuto della conversazione intercettata; esso non avrebbe, secondo la difesa, un contenuto rappresentativo univocamente riferibile alla vicenda estorsiva in corso.

Il ricorso propone, all’evidenza, di là dal poco più che accademico richiamo ai principi in materia di concorso di persone nel reato, valutazioni alternative di merito delle risultanze istruttorie, opposte a quelle della Corte territoriale, che appaiono però del tutto esenti da censure logico-giuridiche, e quindi insindacabili in questa sede di legittimità. I giudici di appello muovono, anzitutto da un presupposto di fatto assolutamente pacifico, costituito dall’iniziativa dell’imputato di concedere la disponibilità del proprio cellulare ad un soggetto in stato di detenzione per il reato di associazione mafiosa e rilevano l’implausibilità logica e comunque l’inattendibilità delle dichiarazioni dell’interessato di avere richiesto allo I. l’uso dell’apparecchio dichiaratamente per l’esigenza di innocui colloqui con i propri familiari.

Quanto alla telefonata del (OMISSIS), la Corte territoriale rileva che l’ispettore capo in servizio presso la stessa struttura penitenziaria dove operava lo I., dopo avere riascoltato più volte il nastro della registrazione, si era espresso in termini di certezza sul riconoscimento della voce del proprio subordinato.

Vanamente la difesa contesta questa affermazione, peraltro senza neppure dedurre esplicitamente il vizio di travisamento della prova, con l’irrituale e incontrollabile riferimento ad un brevissimo e isolato inciso della deposizione del teste, per il quale oltretutto ancor più irritualmente rimanda non alla fonte probatoria diretta, ma "ai motivi di appello" e alla "nota ivi indicata".

L’interpretazione del contenuto della telefonata da parte della Corte territoriale, infine, non si presta a censura alcuna, avendola i giudici di appello correttamente valutata sulla base del complessivo contesto probatorio nel quale si inseriva la conversazione, intervenuta nel pieno della vicenda estorsiva, e nel corso della quale l’interlocutore dello I. si propone come intermediario nei contatti tra lo stesso imputato e " S." in relazione al rischio che un qualche affare sfumasse perchè si concedeva a qualcuno troppo tempo per ragionarci su.

Il fatto che nella conversazione sia implicato, come interlocutore dello I., tale D.U., tutore legale di T. S., anzichè "un pregiudicato", nulla toglie poi al rilievo probatorio della conversazione, come pretende la difesa, ma rafforza anzi l’indicazione dello stretto collegamento tra lo I. e il T. e concorre a definire con maggiore chiarezza il contesto delle relazioni personali evocato dalla telefonata. Una volta provata la consapevolezza dello I. circa l’attività estorsiva posta in essere dal T., e potendosi desumere, dalla telefonata del (OMISSIS), il suo ruolo attivo di suggeritore delle strategie più utili al successo dell’impresa criminale, e di intermediario del T. nei rapporti con l’esterno nell’ambito della stessa vicenda, non occorre infine dilungarsi sull’effettivo contributo casuale dell’imputato al delitto di tentata estorsione, in modi perfettamente confacenti alla fattispecie concorsuale delineata dall’art. 110 c.p., nè sulla esatta qualificazione giuridica del fatto da parte dei giudici di appello, in relazione alla quale è da rilevare che è del tutto trascurabile che l’ipotesi alternativa del favoreggiamento, essendo in effetti da escludere, sia stata esclusa dalla sentenza sull’erroneo presupposto che essa fosse stata proposta dalla difesa.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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