Cons. Stato Sez. V, Sent., 18-01-2011, n. 302 Bilancio comunale e provinciale; Rappresentanza e legittimazione processuale; Carriera, inquadramento e promozioni Trattamento economico; Pensioni, stipendi e salari; Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La signora D.L., premesso di essere stata assunta dal Comune di Napoli con la qualifica di bidella – 2° livello retributivo e di essere stata inquadrata nel 1988 nella qualifica di coordinatore – 5° qualifica funzionale con decorrenza 6.10.1976, adiva il Tar della Campania per il riconoscimento di differenze retributive rispetto a quelle liquidate con nota prot. 1030 del 19.2.1999.

Il Tar, accogliendo l’eccezione sollevata dall’amministrazione comunale, ha dichiarato la prescrizione del credito essendo il termine quinquennale decorso a partire dalla data di inquadramento, non essendo stati compiuti atti interruttivi anteriormente alla notifica del ricorso (16.9.1999), né rilevando contrariamente la nota prot. n. 1030 del 19.2.1999 in quanto intervenuta a credito già prescritto.

La sentenza viene impugnata per i seguenti motivi:

– error in iudicando, travisamento dei presupposti, violazione e falsa applicazione dell’art. 2 RDL n. 295/1939, commi 2 e 4: erroneamente il Tar avrebbe fatto decorrere il termine quinquennale di prescrizione dalla delibera di superiore inquadramento, nella quale l’amministrazione faceva riserva di determinare con successivo provvedimento il trattamento economico. E’ pertanto da tale momento, corrispondente alla comunicazione della nota di riconoscimento e di liquidazione del credito retributivo (del 19.2.1999) che andava fatto decorrere il relativo termine di prescrizione;

– error in iudicando, travisamento dei presupposti, violazione e falsa applicazione dell’art. 2944 c.c., contraddittorietà ed illogicità: la nota del 19.2.1999, contenente la determinazione delle somme dovute, costituirebbe riconoscimento di debito con effetti interruttivi della prescrizione e comunque dalla suddetta nota comincerebbe a decorrere il termine;

– error in iudicando, erroneità dei presupposti, violazione e falsa applicazione dell’art. 3 RDL 295/1939 ed art. 2937 c.c.: erroneamente il Tar avrebbe escluso l’applicazione dell’art. 2937 c.c., potendo l’amministrazione rinunciare alla prescrizione di crediti sorti per rapporti di lavoro data la natura privatistica a seguito dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 29 del 1993.

Si è costituito in resistenza il Comune di Napoli.

Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza di discussione.

L’appellante ha altresì fatto valere l’intervenuta sospensione della prescrizione per effetto della dichiarazione dello stato di dissesto del Comune dalla delibera consiliare n. 145 del 3.5.1993 fino all’approvazione del rendiconto.

Il Comune ha riproposto, in particolare, l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per non essere stato notificato alla Commissione straordinaria di liquidazione.

All’udienza del 19 novembre 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Va, in primo luogo, respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado riproposta dal Comune in grado di appello e non esaminata dal primo giudice.

Invero, l’attivazione dell’organo straordinario di liquidazione non comporta la perdita di capacità di stare in giudizio del Comune dissestato, che continua ad essere l’ente debitore, espressione di autonomia locale previsto dalla costituzione, nei confronti del quale non sono interrotti i procedimenti cognitivi, ma esclusivamente le azioni di esecuzione (Corte Cost. 16.6.1994, n. 242, Cass. Civ. Sez. I, 27.1.2001, n. 1191).

2. Il Collegio ritiene poi di non poter esaminare il motivo di appello fondato sulla sospensione della prescrizione per effetto della dichiarazione dello stato di dissesto del Comune, in quanto proposto per la prima volta in memoria.

Peraltro, è appena il caso di richiamare a riguardo una consolidata giurisprudenza (Cons. St. Sez. V, 28.5.2009, n. 3261; 19.9.2007, n. 4878), secondo cui lo stato di dissesto preclude nei confronti dell’ente unicamente le azioni esecutive per i debiti che rientrano nelle competenze dell’organo straordinario, ma non impedisce il decorso del termine di prescrizione dei diritti vantati nei confronti dell’ente, né l’instaurazione di azioni di accertamento dei crediti.

3. Infondati sono i primi due motivi di appello che, per la loro connessione, possono essere trattati congiuntamente.

Costituisce principio generale quello per cui quando il diritto di credito da lavoro del pubblico dipendente trova la fonte in un provvedimento amministrativo, la data della sua maturazione, e dunque la relativa decorrenza del termine di prescrizione, è quella del provvedimento, ancorchè questo abbia efficacia retroattiva (art. 2, comma 4 R.D.L. n. 295/ 1939; Cons. St. IV, 3.5.2000 n. 2615, 29.5.1998, n. 893).

Nella specie, il provvedimento con cui è insorto il diritto alla corresponsione delle competenze economiche è costituito dalla deliberazione di inquadramento nella superiore qualifica n.11 del 6.7.1988, da intendersi quale atto formale che, pur non presupponendo un apprezzamento discrezionale, è fondato sull’accertamento e sulla valutazione della posizione giuridica in relazione ad un’esatta interpretazione degli specifici presupposti, stabiliti da disposizioni normative contrattuali. E’ quindi dalla sua adozione che correttamente il Tar ha fatto decorrere il termine di prescrizione.

Quanto alla sussistenza di validi atti interruttivi di provenienza della parte creditrice, a partire dalla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 22.12.2004, n. 13 è stato chiarito che, ai fini dell’interruzione del termine di prescrizione ai sensi dell’art. 2944 c.c., occorre distinguere tra il pagamento del debito, avente una funzione di estinzione dell’obbligazione, ed il riconoscimento di debito, che deve " consistere in una manifestazione di consapevolezza dell’esistenza del debito e deve rivelare il carattere di volontarietà".

Nella specie, l’atto con cui è stato determinato e liquidato il credito retributivo costituisce adempimento dell’obbligazione retributiva, ma ad esso non può riconnettersi quella manifestazione della volontà di riconoscimento del debito cui l’appellante vorrebbe far risalire l’effetto interruttivo della prescrizione.

La determinazione e liquidazione degli emolumenti connessi al superiore inquadramento non comportava alcun accertamento o valutazione diversa dalla sola quantificazione, per la sua natura certa e per il suo espresso riconoscimento ad opera della stessa amministrazione.

La nota di liquidazione, peraltro, come fatto notare dal primo giudice, è intervenuta a prescrizione già interamente realizzata e quindi non può produrre l’effetto di far insorgere nuovamente il diritto dell’appellante con nuovo decorso del termine di prescrizione.

I motivi sono quindi da respingere.

4. Sul terzo motivo, con cui parte appellante invoca la rinuncia alla prescrizione che l’amministrazione avrebbe manifestato attraverso la medesima nota, occorre richiamare i consolidati principi per cui in tema di crediti di lavoro, aventi causa in un rapporto di pubblico impiego, la possibilità di rinuncia (espressa o tacita) alla prescrizione contemplata dall’art. 2937 cod. civ. è preclusa, per l’Amministrazione, dall’art. 3 R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295, convertito dalla L. 2 giugno 1939, n. 739, (a norma del quale ove risulti effettuato il pagamento di somma prescritta "l’Amministrazione per conseguire il rimborso può trattenere il pagamento delle rate successive") e prima ancora dai principi di contabilità pubblica che escludono tale potere dispositivo, non derogabili per effetto della privatizzazione del pubblico impiego; ne consegue che, una volta maturato il termine di prescrizione, l’Amministrazione ha l’obbligo di farla valere senza che sussista alcuna discrezionalità di avvalersi o meno della stessa (cfr. Cons. St. Sez. V, 23.1.2008, n. 157; Sez. IV, 3.12.2003, n. 9129; Ad.Pl. 17 agosto 1996, n.17).

5. La reiezione dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado esimono il Collegio dall’esame del motivo di merito e della richiesta istruttoria avanzata dall’appellante.

6. Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese di giudizio

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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