Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 22-12-2010) 21-01-2011, n. 1943 Circostanze speciali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza in data 28.5.10 il Tribunale di Ascoli Piceno ha dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di A.A.M., imputato del delitto di cui all’art. 582 c.p., art. 583 c.p., n. 1. in danno di F. G., commesso il (OMISSIS).

Ricorre il Procuratore della Repubblica e deduce violazione di legge, atteso che il delitto in questione si prescrive in anni 8 e mesi 9, attesa la natura delle aggravanti contestate (di specie diversa o a effetto speciale), mentre, applicando la normativa precedente la prescrizione maturerebbe addirittura in anni 15.

Osserva la Corte che il ricorso è fondato.

Sono circostanze ad affetto speciale (art. 63 c.p., comma 3) quelle che importano un aumento (o una diminuzione) della pena superiore ad un terzo.

Orbene, la norma di cui all’art. 583 c.p. non delinea una autonoma figura di reato, ma prevede semplici circostanze, in quanto le ipotesi prese in considerazione non implicano una modificazione dell’essenza del reato di lesioni personali, ma costituiscono, per così dire, dei risultati che si "aggiungono" ad esso, determinandone una maggiore gravità.

La circostanza in questione, tuttavia, è certamente ad effetto speciale in quanto comporta un aumento di pena superiore al terzo rispetto al "reato base" (che prevede una pena da tre mesi a tre anni di reclusione), e dunque, ai sensi dell’art. 157 c.p., comma 2 – applicabile nella sua nuova formulazione ratione temporis ed in assenza di attenuanti generiche che sole possono ricondurre alla più favorevole previsione di cui alla precedente normativa, attesa la possibilità di comparazione con la circostanza aggravante contestata, comparazione invece esclusa ai sensi della nuova disciplina dell’art. 157 c.p. – si deve tenere conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante.

Conseguentemente il delitto de quo si prescrive in anni sette, cui si deve aggiungere, in caso di atti interruttivi, l’aumento di un quarto di tale periodo (art. 160 c.p., comma 3, art. 161 c.p., comma 2).

Essendo stato – all’evidenza – emesso decreto di citazione a giudizio, la predetta interruzione deve necessariamente essersi verificata, con la conseguenza che erroneamente il reato è stato dichiarato prescritto con la sentenza 28.5.10.

Si impone pertanto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio, ai sensi dell’art. 604 c.p.p., comma 6 alla Corte di appello di Ancona per il giudizio.

P.Q.M.

La Corte, annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Ancona per il giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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