Cons. Stato Sez. V, Sent., 18-01-2011, n. 298 Dirigenti Indennità; Basilicata

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

1.Il ricorrente aveva presentato domanda di partecipazione alle prove selettive per l’ammissione al corsoconcorso pubblico indetto con DPGR n. 958 del 7 agosto 1987 per la copertura di n. 44 posti di prima qualifica dirigenziale area "B". Essendo stata disposta la sua esclusione dalla procedura concorsuale, proponeva ricorso al Tar Basilicata che, in sede cautelare, disponeva la riammissione con riserva del ricorrente alla procedura medesima.

Superate le prove e classificatosi in posizione utile, al ricorrente veniva attribuita la qualifica dirigenziale con il relativo trattamento economico.

Successivamente il Tar respingeva il ricorso e, di conseguenza, la Regione Basilicata annullava il provvedimento di attribuzione della qualifica dirigenziale, sospendendo il pagamento del relativo trattamento economico.

Proposto appello, il Consiglio di Stato riformava la sentenza di primo grado accogliendo l’originario ricorso.

La Regione Basilicata provvedeva, quindi, ad attribuire nuovamente la prima qualifica dirigenziale con effetto retroattivo anche sul piano economico ritenendo, tuttavia, di corrispondere all’interessato l’indennità di direzione in misura minore rispetto a quella originariamente attribuita (0,1 per cento, anziché 0,6 per cento dello stipendio iniziale).

Ritenendosi leso da tale ultima determinazione relativa alla misura dell’indennità di direzione, il ricorrente proponeva ricorso al Tar deducendo:

a) violazione dell’articolo 38, comma 5, punto 3 e punto 4, della legge regionale n. 28 del 1990 nonché dell’articolo 7, comma 5, del decreto legislativo n. 29 del 1993;

b) violazione del principio generale dell’ordinamento sulla "restitutio in integrum";

c) eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione, dell’illogicità e del travisamento dei fatti.

In sintesi, rilevava che nella fattispecie avrebbe dovuto farsi riferimento alla concreta situazione preesistente, la quale prevedeva la corresponsione di una indennità ex articolo 38, comma 5, punto 4, della legge regionale n. 28 del 1990, con applicazione di un coefficiente 0,6, restando escluse solo le indennità ed i compensi che non avevano carattere fisso e predeterminato, legati ad esigenze lavorative contingenti e variabili connesse alla effettività delle prestazioni del servizio.

Il Tar respingeva il ricorso rilevando con dovizia di argomentazioni che il principio della "restitutio in integrum" nelle controversie di lavoro, sia privatistiche che pubblicistiche, trova il suo limite nei compensi accessori che postulano l’effettivo esercizio di una determinata prestazione. Se, infatti, è pacifico che la retribuzione stipendiale non può essere negata al dipendente che non ha svolto la sua prestazione lavorativa per colpa di un illegittimo comportamento del datore di lavoro, è altrettanto pacifico in giurisprudenza che nella medesima situazione non vanno corrisposti compensi strettamente legati all’esercizio effettivo di determinate funzioni o attività come ad esempio, il compenso per lavoro straordinario non determinato forfettariamente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 1054 del 27.09.1996).

Il Tar riteneva quindi che l’indennità di cui all’articolo 38 citato fosse riconducibile a quest’ultima categoria di compensi.

Avverso la pronunzia di rigetto veniva proposto appello a questo Consiglio di Stato affidato alle seguenti censure:

"Violazione di legge (falsa applicazione artt. 38/5 punto 3 L.R. 28/90 e 7/5 del d.lgs. 29/1993; mancata e falsa applicazione artt. 39 e segg. CCNL dell’Area della dirigenza del 10.4.1996). Violazione del principio generale dell’ordinamento sulla restituitio in integrum". Eccesso di potere (difetto di motivazione, illogicità, travisamento dei fatti)".

Si costituiva in giudizio la Regione Basilicata, eccependo la infondatezza e l’inammissibilità dell’appello.

Venivano depositate ulteriori memorie difensive.

All’udienza del 19 novembre 2010 la causa veniva trattenuta dal Collegio per la decisione.

2. La Sezione non ha motivo di discostarsi dalle decisioni n. 5107 e n.7248, entrambe del 2010, che, pronunziando su questioni speculari a quella in esame, ha rigettato gli appelli di altri dipendenti della Regione Basilicata con cui si impugnavano sentenze del Tar Basilicata aventi il medesimo contenuto della sentenza odiernamente gravata.

Ha rilevato infatti questo Consiglio di Stato nelle decisioni di cui sopra, che l’art. 38 della legge regionale della Basilicata 10 agosto 1990 n. 28, rubricato "indennità di funzione", prevede, in linea col disposto dell’art. 38 del D.P.R. 3 agosto 1990 n. 333, la corresponsione, ai dirigenti, della medesima indennità "connessa con l’effettivo esercizio delle funzioni e graduata in relazione: al coordinamento di attività, all’importanza della direzione delle strutture o dei singoli programmi; alla rilevanza dell’attività di studio, di consulenza propositiva e di ricerca, di vigilanza e di ispezione, di assistenza agli organi; alla disponibilità richiesta in relazione all’incarico conferito". In particolare, l’art. 38 stabilisce che al "personale della prima qualifica funzionale dirigenziale che non sia preposto a direzione di servizio è corrisposta una indennità pari al coefficiente 0,1", mentre ai "dirigenti di ufficio, di staff e di servizio è corrisposta una indennità compresa tra i coefficienti 0,6 – 0,8", in base alla determinazione annuale della Giunta regionale e dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio in rapporto a "criteri di valutazione ponderata relativa all’attività svolta nell’anno precedente" documentata con apposita relazione degli stessi dirigenti, così prefissati dalla stessa norma: "partecipazione all’iter formativo delle leggi, dei programmi e dei piani regionali: punti 10"; "elaborazione, firma e controfirma di deliberazioni: punti 3"; "elaborazione, firma e la controfirma di atti: punti 2"; "altre iniziative: punti 1".

Con l’effetto che l’istituto economico così disciplinato è ispirato alla finalità di modulare i trattamenti retribuitivi del personale dirigenziale in ragione delle mansioni e degli incarichi svolti, in presenza però di una base, costituente una voce retributiva aggiuntiva di carattere ordinario, ossia di un elemento accessorio allo stipendio, correlata al livello particolare di professionalità richiesta per lo svolgimento di mansioni dirigenziali a prescindere dal materiale disimpegno delle mansioni stesse. Tale indennità minima è computata con il coefficiente 0,1, e di essa beneficiano tutti indistintamente i dirigenti di prima qualifica dirigenziale privi di incarico. L’indennità di importo maggiore è invece attribuita al personale titolare di incarico, calcolata in misura variabile in applicazione dei "criteri di valutazione ponderata", i quali attengono a fattori di incremento e presuppongono la ricognizione di elementi di fatto variabili e comunque connessi all’effettiva prestazione di servizio ed alla tipologia delle funzioni di competenza (cfr. in tal senso Cons. Stato, sez. V, 23 agosto 2000 n. 4580).

Non diversamente dispone l’art. 24 del sopravvenuto d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, secondo cui il trattamento economico accessorio del dirigente è correlato alle funzioni "attribuite", ed alle connesse responsabilità, in attuazione del quale il contratto collettivo sottoscritto il 10 aprile 1996 ha poi articolato il valore dell’indennità di posizione, pur sempre distinguendo tra dirigenti con e senza incarico di direzione di strutture (cfr. artt. 39, 40 e 41), commisurandolo diversamente dal sistema dei coefficienti.

Ne consegue che dal fatto della mancata prestazione da parte dell’appellante di mansioni dirigenziali, la restituito in integrum non può che determinare la attribuzione della sola indennità nella misura minima correlata al mero possesso della posizione di dirigente di prima qualifica funzionale, in cui l’appellante è stato reintegrato pur non avendo espletato, quanto meno titolatamente, i relativi compiti ed attribuzioni.

Non puo" determinare anche l’indennità incrementata per effetto dell’applicazione dei criteri di legge sopra ricordati che presuppongono l’accertamento di fatto di specifiche prestazioni nell’ambito dell’incarico ricoperto e che si configura, diversamente da quanto l’appellante sostiene, proprio come un emolumento non avente carattere fisso e predeterminato, per il quale deve ritenersi operante il principio della sinallagmaticità delle prestazioni al pari del lavoro straordinario non forfetizzato o del compenso incentivante.

Ancora deve osservarsi che, poiché l’azione svolta è sostanzialmente di accertamento di un diritto soggettivo perfetto di carattere patrimoniale, nessun rilievo possono avere eventuali vizi di difetto di motivazione ed eccesso di potere sotto vari profili del provvedimento impugnato.

In ordine poi alle argomentazioni con cui l’appellante invoca il diritto alla corresponsione della indennità nel coefficiente 0,6 sulla base della circostanza che la interruzione del rapporto annullata in sede giurisdizionale comporta "..il ripristino intergale del rapporto in tutti i suoi aspetti, compresa quella retribuzione che è connaturata alla situazione preesistente", come esattamente rilevato dalla Regione Basilicata, deve sottolinearsi in fatto che il ricorrente, esperito ricorso avverso il provvedimento di esclusione dalle prove selettive bandite dalla Amministrazione regionale, era stato ammesso alle prove con riserva per effetto di una pronunzia favorevole del Tar resa in sede cautelare.

Respinto successivamente nel merito il ricorso, l’Amministrazione regionale, previa acquisizione di un parere del Consiglio di Stato in sede consultiva, procedeva all’annullamento della procedura di nomina.

Ne discende che alcuna condotta illegittima o "illegittimo allontanamento" poteva addebitarsi alla Regione Basilicata che, in adesione al parere reso dal Consiglio di Stato in sede consultiva e della sentenza del primo giudice, procedeva all’annullamento delle nomine.

3. In conclusione l’appello non merita accoglimento.

4. Spese ed onorari in relazione alla peculiarità ed alla natura del petitum possono tuttavia essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *