Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-12-2010) 21-01-2011, n. 1868 Esercizi pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Potenza ha confermato la pronuncia di colpevolezza di F.P. e C.G. in ordine al reato di cui agli artt. 110 e 718 c.p. e art. 719 c.p., n. 2), loro ascritto per avere, il primo in qualità di gestore dell’esercizio pubblico denominato "(OMISSIS)" ed il secondo di rappresentante legale della ditta Coinmatic S.r.l., società tornitrice dell’apparecchio, tenuto in uso presso il predetto esercizio pubblico un apparecchio, le cui caratteristiche lo rendono idoneo al gioco d’azzardo.

I giudici di merito hanno accertato, tramite l’esame del consulente tecnico del P.M., che l’apparecchio in questione, sotto le spoglie di un distributore di chewing-gum, consentiva in realtà un gioco d’azzardo, descrivibile come roulette elettronica.

La Corte territoriale ha rigettato i motivi di gravame con i quali gli appellanti avevano chiesto di essere assolti dal reato loro ascritto ovvero la riqualificazione del fatto quale violazione di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 110 (T.U.L.P.S.), improcedibile per intervenuta depenalizzazione.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, che la denunciano per violazione di legge e vizi di motivazione.

Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento i ricorrenti denunciano la violazione ed errata applicazione degli artt. 718 e 719 c.p. e vizi di motivazione della sentenza.

In estrema sintesi si deduce che nessun accertamento è stato effettuato dai giudici di merito in ordine alla sussistenza del fine di lucro, non essendo stata fatta alcuna verifica in ordine al possibile risultato del gioco consentito dall’apparecchio ed alla concreta erogazione o corresponsione a seguito della eventuale vincita di un qualsiasi premio in danaro o in natura.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia la violazione di norme processuali. Si deduce che l’accertamento in ordine alle modalità di funzionamento dell’apparecchio, che peraltro si palesa incompleto, non poteva essere fondato sulla deposizione del teste, neppure indicato dal P.M. quale consulente tecnico, dovendo formare oggetto di un accertamento peritale da svolgersi nel contraddittorio delle parti.

Con l’ultimo mezzo di annullamento si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 110 T.U.L.P.S..

Si deduce che la sanzione amministrativa della sospensione della licenza del pubblico esercizio può trovare applicazione solo a seguito dell’accertamento della violazione della disposizione citata;

accertamento che, a seguito della intervenuta depenalizzazione della corrispondente fattispecie penale, è di competenza dell’autorità amministrativa.

Il ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati.

E’ stato già reiteratamente affermato da questa Corte che tra la violazione di cui all’art. 110, comma 9, T.U.L.P.S. ed il reato di cui all’art. 718 c.p. vi è concorso di fattispecie, sicchè non risulta operante il principio di specialità.

Ed, infatti, "Le violazioni relative all’esercizio di giuochi d’azzardo con apparecchi automatici ed elettronici vietati sono sanzionate unicamente in via amministrativa, ferma restando l’ammissibilità del concorso del reato di gioco d’azzardo ove ne siano presenti gli elementi integrativi necessari" (sez. 3^, 14.10.2008 n. 46816, D’Amora ed altri, RV 242252; conf. sez. 3^, n. 1811 del 2009 non massimata).

Proprio in relazione alla necessità che vengano accertati anche gli elementi integrativi necessari per configurare la fattispecie di cui all’art. 718 c.p. è stato inoltre affermato da questa Corte che "L’accertamento del reato di esercizio di giuochi d’azzardo richiede non solo la prova dell’effettiva esistenza di mezzi atti ad esercitarlo, ma, da un lato, la prova dell’effettivo svolgimento di un gioco e, dall’altro, ove si tratti di apparecchi automatici da gioco di natura aleatoria, la prova dell’effettivo utilizzo dell’apparecchio per fini di lucro, non essendo sufficiente, in tale ultimo caso, accertare che lo stesso sia potenzialmente utilizzabile per l’esercizio del gioco d’azzardo" (sez. 3^, 6.5.2010 n. 21639, Acquarulo, RV 247643; sostanzialmente negli stessi sensi: sez. 3^, 19.2.2008 n. 9988, Calducci e altri, RV 239073).

Orbene, la sentenza impugnata non chiarisce se vi sono elementi, anche indiziari, per ritenere che l’apparecchio di cui si tratta sia stato effettivamente impiegato per il gioco d’azzardo, nè indica gli elementi di prova o eventualmente indiziari in base ai quali è stata ritenuta l’esistenza del fine di lucro, che deve consistere nella prospettiva di ottenere, in caso di vincita, una somma di danaro o altrimenti un premio di valore economicamente apprezzabile.

E’, poi, fondato l’ultimo motivo di gravame.

La sanzione della sospensione della licenza è prevista dall’art. 110, comma 10, T.U.L.P.S. quale conseguenza delle violazioni amministrative previste dal comma 9 dello stesso articolo.

Tali violazioni amministrative, però, non risultano avere formato oggetto di contestazione dinanzi al giudice ordinario nei confronti degli imputati per ritenuta connessione con il reato, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 24, comma 1.

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio per un nuovo giudizio che tenga conto degli enunciati principi di diritto.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Potenza.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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