Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 09-12-2010) 21-01-2011, n. 2181

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Con sentenza 13.10.09 la Corte d’Appello di Catania confermava la condanna emessa il 26.3.09 all’esito di rito abbreviato dal GUP del Tribunale della stessa sede nei confronti di D.P.E. per i delitti di concorso in tentata rapina aggravata e lesioni personali aggravate ex art. 61 c.p., n. 2, commessi il (OMISSIS).

Il D.P. ricorreva personalmente contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. a) insussistenza dell’aggravante teleologica di cui all’art. 61 c.p., n. 2 contestata riguardo al delitto di lesioni personali, vuoi perchè esse erano state cagionate da un altro dei correi ed il reato di cui all’art. 582 c.p. era diverso rispetto al reato concordato (furto con destrezza), vuoi perchè doveva considerarsi assorbita dal reato di rapina; l’esclusione dell’aggravante comportava la non perseguibilità del delitto di lesioni per difetto di querela;

b) premesso che nel caso di specie la rapina doveva considerarsi attribuita al D.P. a titolo di c.d. concorso anomalo ex art. 116 c.p., al ricorrente doveva riconoscersi l’attenuante di cui al cpv. di detta norma, anche perchè l’inspiegabile violenza esercitata nei confronti della vittima dall’esecutore materiale della rapina era sufficiente ad interrompere il nesso materiale e psicologico rispetto al meno grave reato programmato (furto con strappo);

c) vizio di motivazione in ordine al diniego – motivato con mera formula di stile – delle attenuanti generiche, che pur sarebbero spettate al ricorrente per l’assenza di precedenti penali, per il ruolo marginale avuto nella vicenda per cui era processo (avendo fatto da mero "palo" ai correi), nonchè per la spontanea ammissione di responsabilità, il che provava la sua resipiscenza.

1 – Il ricorso è inammissibile.

I motivi che precedono sub a) e sub b) – da esaminarsi congiuntamente perchè fra loro connessi – sono manifestamente infondati.

Preliminarmente va chiarito che l’impugnata sentenza non ha affatto ritenuto la responsabilità del D.P. per un reato (tentata rapina) diverso da quello da lui voluto (furto con strappo o furto con destrezza), ma – anzi – ha puntualizzato che la condotta dell’odierno ricorrente, consistita nello sbarrare la strada alla vittima con il proprio ciclomotore, ha costituito un atto di violenza finalizzato alla commissione del delitto di cui all’art. 628 c.p., di cui risponde (a livello di tentativo) per fatto proprio in concorso con gli altri correi.

E’ appena il caso di rilevare che la diversa ricostruzione del contributo causale della condotta del D.P. che si legge in ricorso (che gli attribuisce il mero ruolo di "palo") implica un diverso apprezzamento in punto di fatto delle risultanze processuali, non consentito in sede di legittimità.

Nè nel caso di specie è ravvisabile il mero concorso c.d. anomalo di cui all’art. 116 c.p., comma 1 rispetto al delitto di lesioni personali, atteso che – per consolidato insegnamento giurisprudenziale di questa S.C. – la sua configurazione è soggetta a due limiti negativi: a) che l’evento diverso non sia stato voluto neppure sotto il profilo del dolo indiretto (indeterminato, alternativo od eventuale) e, dunque, che il differente reato non sia stato già considerato come possibile conseguenza ulteriore o diversa della condotta criminosa concordata; b) che l’evento diverso, o più grave, rispetto a quello concordato, non sia atipico, ovvero che non sia conseguenza di circostanze eccezionali, imprevedibili e non ricollegabili all’azione criminosa, sì da interrompere il nesso di causalità (cfr, ex aliis, Cass. Sez. 6, n. 20667 del 12.2.08, dep. 22.5.08), atipicità da escludersi rispetto al delitto di lesioni personali, perfettamente prevedibile come conseguenza probabile e addirittura normale di un’azione violenta od anche solo minatoria finalizzata alla commissione del delitto di rapina.

In breve, escluso che il ricorrente risponda solo ex art. 116 c.p. (anzichè ex art. 110 c.p.) dei reati ascrittigli, va da sè che egli non può godere dell’attenuante del relativo cpv.

Neppure sussiste il preteso assorbimento dell’aggravante teleologia ex art. 61 c.p., n. 2 contestata riguardo al delitto di lesioni personali: premesso che nel caso in oggetto si versa in tema di tentata rapina propria (e non di tentata rapina punita ai sensi dell’art. 628 c.p., comma 2), di guisa che è non è conferente il richiamo alla giurisprudenza che si legge a pag. 2 del ricorso, si tenga presente che è noto da lunghissimo tempo nella giurisprudenza di questa S.C. (fin da Cass. Sez. 1 n. 1833 del 19.12.67, dep. 28.3.68) che, se la violenza esercitata per assicurarsi il possesso della cosa oggetto del reato p. e p. ex art. 628 c.p. eccede il fatto di percosse e provoca, con volontarietà, lesioni personali, si determina il concorso tra i delitti di rapina e di lesioni aggravate ex art. 61 c.p., n. 2, a nulla rilevando che reato mezzo e reato fine siano integrati dalla stessa condotta materiale (cfr., più di recente, Cass. Sez. 2, n. 26435 del 31.5.05, dep. 18.7.05).

La conferma della giuridica configurabilità dell’aggravante teleologica mantiene la perseguibilità d’ufficio del reato di cui all’art. 582 c.p..

2. Il motivo che precede sub c) si colloca al di fuori del novero di quelli spendibili ex art. 606 c.p.p., perchè in esso sostanzialmente si svolgono mere censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici del gravame, che non hanno ravvisato gli estremi per la concessione delle attenuanti dell’art. 62 bis c.p..

Si noti, altresì, che ai sensi dell’art. 62 bis c.p., u.c. – come aggiunto dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 1, comma 1, lett. f bis), convertito, con modifiche, in L. 24 luglio 2008, n. 125 – le attenuanti generiche non possono essere concesse sol per la mancanza di precedenti penali e che le ulteriori situazioni personali invocate dall’odierno ricorrente o sono state smentite dall’impugnata sentenza (che ha escluso che il ricorrente abbia svolto il puro e semplice ruolo di "palo", atteso che con il proprio ciclomotore ha sbarrato la strada alla persona offesa: v. sopra) oppure hanno carattere meramente assertivo (v. la pretesa spontanea ammissione di responsabilità).

3 – All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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