Cass. civ. Sez. II, Sent., 15-02-2011, n. 3711 Provvedimenti impugnabili per Cassazione; Accertamento, opposizione e contestazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Coop. Edilizia Taif a r.l. proponeva innanzi al giudice di pace di Pratola Peligna opposizione, L. n. 689 del 1981, ex art. 22 avverso l’avviso di mora notificatogli dalla Ge.Ri.T. s.p.a. il 15.11.2001 per il pagamento del diritto camerale per l’anno 1997, con relativa soprattassa, dovuto alta Camera di Commercio, Industria, Artigiano e Agricoltura (C.C.I.A.A.) dell’Aquila. A sostegno della domanda deduceva che la cooperativa era stata cancellata il 26.2.1997 a seguito di richiesta del 15.7.1996, e che l’avviso era stato notificato ai sensi dell’art. 139 c.p.c. invece che a norma dell’art. 145 c.p.c..

Declinata dal giudice di pace la competenza, ai sensi del D.L. n. 507 del 1999, art. 98, comma 2, lett. g) riassunte la causa innanzi al Tribunale di Sulmona e integrato il contraddittorio nei confronti della Camera di Commercio dell’Aquila, il Tribunale, con sentenza n. 196 del 30.6.2004, rigettava l’opposizione.

Riteneva il giudice di primo grado che la supposta irregolarità della notifica dell’avviso di mora fosse stata sanata per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c., avendo la società destinataria esercitato la facoltà di impugnare l’atto. Nel merito, rilevava, invece, che l’obbligazione di pagamento del diritto fisso si estendeva a tutte le ditte iscritte nel registro, senza distinguere tra imprese attive e inattive, per cui, essendo stata cancellata la cooperativa con decreto direttoriale del 25.2.1997, doveva essere confermato l’obbligo di pagamento del diritto fisso per gli anni 1992-1997.

Per la cassazione di detta sentenza ricorre la Coop. Editia Taif a r.l., con tre motivi.

Le parti intimate, Ge.Ri.T. s.p.a. e C.C.I.A.A., non hanno svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo parte ricorrente deduce il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata, in violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver quest’ultima confermato l’obbligo della cooperativa di versale il diritto fisso per gli anni 1992-1997, lì dove, invece, la vertenza riguardava la debenza del diritto per il solo anno 1997. 2. – Con il secondo motivo si deduce la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, relativamente alla ritenuta sanatoria della nullità della notifica dell’avviso di mora, e richiamando Cass. nn. 5924/01 e 3513/02, si afferma essere inapplicabile la sanatoria ex art. 156 c.p.c. agli atti impositivi, in quanto atti amministrativi e non meramente processuali.

3 – Il terzo motivo mira a sostenere che sebbene sia innegabile che le società cooperative, nell’ipotesi di cui all’art. 2544 c.c. (vecchio testo), cessino di essere soggette al pagamento del diritto a partire dall’anno solare successivo a quello della data del provvedimento che ne abbia comportato lo scioglimento, nello specifico, tuttavia, il fatto che il decreto direttoriale di scioglimento della Cooperativa Edilizia Taif sia stato emesso solo il 25.2.1997 è da imputare unicamente alla condotta negligente del soggetto preposto alla vigilanza e al controllo, nella specie il Ministero del Lavoro, per il tramite della direzione provinciale competente.

Nel caso in esame, la cooperativa non aveva più depositato in Tribunale i bilanci a partire dal 1980, per cui ben prima del 25.2.1997 si sarebbe dovuto far luogo al suo scioglimento di diritto.

4. – Il ricorso è inammissibile.

Com’è noto, la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che l’identificazione dei mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta in base al principio dell’apparenza, e cioè con riferimento esclusivo alla qualificazione dell’azione proposta effettuata dal giudice a quo, sia essa corretta o meno, e a prescindere dalla qualificazione che ne abbiano dato le parti; tuttavia – è stato ulteriormente osservato – occorre altresì verificare se il giudice a quo abbia inteso effettivamente qualificare l’azione proposta, o se abbia compiuto, con riferimento ad essa, un’affermazione meramente generica. In tal caso, ove si ritenga che il potere di qualificazione non sia stato esercitato dal giudice a quo, esso può essere legittimamente esercitato dal giudice ad quem, e ciò non solo ai fini del merito, ma anche dell’ammissibilità stessa dell’impugnazione (Cass. n. 26919/09).

4. – Nello specifico, il giudice di primo grado, benchè abbia citato la L. n. 689 del 1981, art. 22 come norma di riferimento della proposta opposizione, e deciso la causa dando lettura del dispositivo, in realtà non ha operato alcuna qualificazione dell’azione, ove si consideri che il citato richiamo è stato effettuato solo nella narrativa della sentenza e in funzione meramente indicativa della qualificazione operata dalla parte, e che la lettura del dispositivo, pure effettuata, è attività processuale che precede la decisione e, come tale, non ne integra il contenuto.

4.2. – Riespansa la potestà di qualificare l’azione anche ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, deve richiamarsi la costante giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in caso di mancato pagamento, nei tempi e nei modi prescritti, del diritto annuo dovuto alla Camera di commercio, non è prevista la corresponsione di interessi, in quanto il D.L. 22 dicembre 1981, n. 786, art. 34, u.c., convertito in L. 26 febbraio 1982, n. 51 prevede esclusivamente, in via assorbente, il pagamento di una soprattassa, la quale, oltre a rivestire un carattere repressivo – punitivo, assolve anche ad una funzione risarcitoria. Da ciò consegue che la soprattassa in questione non si renda in alcun modo assimilabile alle sanzioni amministrative previste dalla L. n. 689 del 1981 il cui ambito applicativo risulta definitivo dall’art. 12 il quale circoscriveva espressamente il suo riferimento alle violazioni per le quali è prevista la "sanzione" amministrativa del pagamento di una somma di denaro, da intendersi – perciò – come misura esclusivamente "afflittiva" ed escludente ogni connotazione anche "risarcitoria" (Cass. nn. 8525/01, 9505/01, 9506/01,9529/01 e 9634/01).

Esclusa la natura esclusivamente afflittiva della soprattassa e, conseguentemente, l’applicabilità del sistema sanzionatorio previsto dalla L. n. 689 del 1981, va da sè che l’azione diretta contro l’avviso di mora notificato per il pagamento del cd. diritto camerale e della relativa soprattassa deve essere proposta nelle forme previste per il giudizio ordinario di cognizione, e non già mediante l’opposizione ex art. 22 Legge citata, e che contro la sentenza di primo grado è esperibile non il ricorso per cassazione, ma l’appello.

5. – In conclusione il ricorso va dichiarato inammissibile.

6. – Nulla per le spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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