Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-11-2010) 21-01-2011, n. 1840 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza del 18 novembre 2009 la Corte d’appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, in accoglimento della richiesta del Procuratore Generale presso la stessa Corte, ha revocato nei confronti di D.L.A. la sospensione condizionale della pena concessa con la sentenza del 9 ottobre 1998 dalla Corte d’appello di Torino, che aveva confermato la sentenza del 25 marzo 1996 del Pretore di Biella, irrevocabile il 1 dicembre 1998, e con la sentenza del 22 ottobre 2001 del Tribunale di Biella, irrevocabile il 3 dicembre 2001, ed ha applicato l’indulto nella misura di anni tre di reclusione ed euro centottanta di multa.

La Corte d’appello, con la stessa ordinanza, ha rigettato l’istanza avanzata da D.L., volta ad ottenere l’applicazione della disciplina del reato continuato, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., in relazione alle condanne riportate con le medesime sentenze.

2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per Cassazione, con il ministero dei suoi difensori, D.L., chiedendone l’annullamento, limitatamente al capo relativo alla mancata applicazione della continuazione richiesta, sulla base di due motivi.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), violazione dell’art. 81 c.p. e dell’art. 671 c.p.p. per non avere l’ordinanza impugnata ritenuto sussistenti gli elementi per l’applicazione della continuazione.

Il ricorrente, in particolare, deduce che, al fine del riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, il giudice deve svolgere ogni indagine in merito alla riconducibilità delle condotte delittuose al medesimo disegno criminoso e, nella specie, sulla base degli elementi indicati da esso ricorrente e delle sentenze acquisite, la Corte d’appello avrebbe potuto rilevare che i reati, giudicati con le sentenze in considerazione, erano stati commessi nell’esercizio di un’attività imprenditoriale sostanzialmente unitaria, in un arco temporale sovrapponibile, nello stesso luogo e con il medesimo fine.

Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c) ed e), mancanza della motivazione in violazione dell’art. 125 c.p.p., per non avere l’ordinanza impugnata esposto le ragioni per cui non ha ritenuto sussistente la progettazione unitaria iniziale dei reati, dei quali è stata chiesta la continuazione.

3. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta concludendo per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.

2. A norma dell’art. 671 c.p.p. il giudice dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati secondo i criteri dettati dall’art. 81 c.p..

Tale possibilità in sede esecutiva ha, tuttavia, carattere sussidiario e suppletivo rispetto all’applicazione nella competente sede di cognizione, stante il carattere meno completo dell’accertamento e la presenza dei limiti imposti dall’art. 671 c.p.p. e artt. 187 e 188 disp. att. c.p.p. e perchè suppone che l’applicazione della disciplina del reato continuato non sia stata esclusa dal giudice della cognizione (tra le altre, Sez.6, n. 225 del 13/01/2000, dep. 08/05/2000, P.G. in proc. Mastrangelo e altri, Rv.

216142; Sez. 2, n. 44310 del 04/11/2005, dep. 05/12/2005, Soma ed altro, Rv. 232855; Sez. 1, n. 13158 del 10/02/2010, dep. 08/04/2010, Fimiani, Rv. 246664).

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’unicità del disegno criminoso, prevista dall’art. 81 c.p. per la configurabilità del reato continuato, non identificabile con un generico programma delinquenziale o con un’abitualità criminosa, sussiste se le diverse azioni od omissioni siano ricollegate, sin dal primo momento e nei loro elementi essenziali, ad un’unica previsione.

Tra gli indici rivelatori dell’identità del disegno criminoso, vengono in considerazione la tipologia dei reati, il bene protetto, le condotte poste a fondamento delle diverse condanne, le loro modalità di commissione, la causale delle violazioni, la loro omogeneità, il contesto spazio-temporale in cui esse si collocano, ed anche attraverso la constatazione della esistenza di alcuni soltanto di essi – purchè idonei a consentire il riconoscimento o il diniego del vincolo di continuazione – il giudice deve accertare se sussiste o meno la preordinazione di fondo che cementa, come facenti parte di un tutto unico, le singole violazioni (tra le altre, Sez. 1, n. 1587 del 01/03/2000, dep. 20/04/2000, D’Onofrio, Rv. 215937; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, dep. 02/12/2008, Lombardo, Rv. 242098;

Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, dep. 23/12/2009, Notaro, Rv. 245833;

Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, dep. 07/04/2010, Bonasera, Rv.

246838).

Ai fini dell’applicazione della disciplina del reato continuato ex art. 671 c.p.p., la "cognizione" del giudice dell’esecuzione dei dati sostanziali di possibile collegamento tra i vari reati va eseguita in base al contenuto decisorio delle sentenze di condanna, conseguite alle azioni od omissioni che si assumono essere "in continuazione" (sentenze allegate o da acquisire ex officio iudicis ai sensi dell’art. 186 disp. att. c.p.p.) e attraverso il loro raffronto alla luce delle ragioni enunciate dall’istante (tra le altre, Sez. 1, n. 2229 del 07/07/1994, Caterino, Rv. 198420; Sez. 1, n. 5518 del 30/01/1995, Montagna, Rv. 200212; Sez. 5, n. 18586 del 04/03/2004, dep. 22/04/2004, D’Aria, Rv. 229826; Sez. 5, n. 9180 del 29/01/2007, dep. 02/03/2007, Aloisio e altri, Rv. 236261; Sez. 1, n. 14188 del 30/03/2010, dep. 14/04/2010, Russo, Rv. 246840).

Questa Corte ha da tempo anche precisato che "non possono trascurarsi in sede esecutiva i criteri di applicazione dell’art. 81 c.p. che risultano adottati, nell’ambito di ciascun processo di cognizione, riguardo alla pluralità di reati oggetto delle singole sentenze di condanna", in quanto "l’intenzione del legislatore è appunto quella di porre rimedio, con l’art. 671 c.p.p., a eventuali lacune e carenze del giudizio di cognizione estendendo alla fase esecutiva la possibilità di realizzare quella stessa unificazione che, verosimilmente, sarebbe stata disposta con un’unica sentenza di condanna, se questa avesse investito tutti i reati commessi dal soggetto interessato" (Sez. 1, n. 1737 del 12/04/1991, dep. 14/05/1991, Zanatta, Rv. 187579), e che "il giudice dell’esecuzione non può prescindere dal riconoscimento della continuazione operato dal giudice della cognizione con riguardo ad altri episodi analoghi, giudicati separatamente e con un’unica sentenza, e può escludere l’esistenza del vincolo in questione solo previa dimostrazione dell’esistenza di specifiche e significative circostanze che ragionevolmente facciano ritenere gli ulteriori fatti, oggetto della richiesta presentata ai sensi dell’art. 671 c.p.p., non riconducibili al disegno criminoso delineato in sede di cognizione" (Sez. 1, n. 11240 del 06/12/2000, dep. 21/03/2001, Bersani, Rv. 218523).

3. La Corte d’appello non solo non si è adeguata a tali principi, pienamente condivisi da questo Collegio, ma ha anche omesso di evidenziare quale sia stato l’iter logico in base al quale ha ritenuto che, alla base dei reati separatamente giudicati, non vi fosse un’unica originaria ideazione criminosa.

L’unico elemento cui la Corte ha fatto riferimento è stata l’impossibilità di desumere dalla lettura degli atti elementi idonei a dimostrare che i reati commessi il (OMISSIS), oggetto della sentenza del 25 marzo 1996 del Pretore di Biella (confermata dalla sentenza del 9 ottobre 2008 della Corte d’appello di Torino, irrevocabile il 1 dicembre 1998), e i reati commessi dal (OMISSIS), oggetto della sentenza del 22 ottobre 2001 del Tribunale di Biella (irrevocabile il 3 dicembre 2001) fossero stati "progettati ab origine come facenti parte di una serie indeterminata di delitti concepiti tutti fin dall’inizio almeno nelle loro linee essenziali", e che quindi fossero espressione di un’unica risoluzione delittuosa.

Ma, prescindendo dalla considerazione che non grava sull’interessato l’onere di fornire la prova dell’unicità del disegno criminoso, avendo egli soltanto un obbligo di allegazione delle condanne, deve dirsi che spetta in ogni caso al giudice dell’esecuzione procedere alla disamina delle fattispecie, così come rilevabili dalle prospettazioni ed allegazioni documentali, in esse comprese le sentenze emesse a carico del richiedente, poste dai difensore a sostegno dell’istanza di applicazione dell’istituto di cui all’art. 671 c.p.p., e verificare se alla base dei reati esaminati vi fosse o meno un disegno criminoso unitario.

3.1. Nella specie risultava agli atti, fra l’altro, che il D.L. ha riportato due condanne, con sentenza 25 marzo 1996 del Pretore di Biella e con sentenza 22 ottobre 2001 del Tribunale di Biella, rispettivamente per omesso versamento all’INPS di ritenute previdenziali, commesso il (OMISSIS), e per truffa ai danni dell’INPS, appropriazione indebita e infedele dichiarazione ai fini previdenziali, commessi tra l’ (OMISSIS) e unificati per continuazione in sede di cognizione.

Avuto riguardo a tali emergenze, occorreva verificare in modo più approfondito e con specifico riferimento al caso concreto se le violazioni commesse, per la loro natura, le loro modalità di commissione, il contesto spazio-temporale in cui esse si sono collocate e la loro causale, potevano ricondursi ad un disegno criminoso unitario, e analizzare le ragioni per le quali, in sede di cognizione, era stato ravvisato con la sentenza 22 ottobre 2001 il vincolo della continuazione tra varie condotte delittuose commesse in ampio arco temporale cronologicamente di poco successivo alla data di commissione della condotta giudicata con sentenza 25 marzo 1996.

La Corte d’appello di Milano si è invece limitata a svolgere una disamina del tutto astratta e generica, pervenendo a conclusioni la cui correttezza non è suscettibile di reale verifica.

4. Si impone pertanto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata per nuovo, più approfondito, esame in cui si dovranno tenere presenti i rilievi sopra formulati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla richiesta di applicazione della continuazione e rinvia per nuovo esame sul punto alla Corte d’appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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