T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 18-01-2011, n. 401 Amministrazione pubblica; Silenzio-assenso della Pubblica Amministrazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con il ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, la ricorrente, titolare dell’autorizzazione per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande per il locale sito in Roma, Vicolo del Farinone n. 19, ha impugnato la determinazione dirigenziale n. 1364 del 5 ottobre 1998, emessa dal Dirigente Superiore della Circoscrizione XVII del Comune di Roma, con la quale è stata disposta la cessazione immediata dell’attività, abusivamente intrapresa dalla ricorrente medesima, di somministrazione di alimenti e bavande "Gruppo A" nel locale sito in Roma, Vicolo del Farinone, n. 34.

La ricorrente ha dedotto che, in data 15 gennaio 1998, stante la limitata ampiezza (mq. 46) del locale sito in Vicolo del Farinone, n. 19, ha presentato alla Circoscrizione XVII istanza di trasferimento dell’attività presso il locale sito in Vicolo del Farinone n. 34, avente una superficie di mq. 215. Dopo aver stipulato, relativamente al citato locale, un contratto di locazione ad uso commerciale per la durata di sei anni, con nota prot. n. 10962 dell’11 aprile 1996, ha presentato alla Circoscrizione XVII, con riferimento al medesimo locale, la denuncia concernente il cambio di destinazione d’uso da bottega a negozio.

Ha, altresì, dedotto che, con ordinanza sindacale n. 17, notificata in data 1° aprile 1998, emessa dal Dirigente del Dipartimento VIII del Comune di Roma, la commissione per i pubblici esercizi ha dato parere contrario al trasferimento dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande nel locale di Vicolo del Farinone n. 34, di talché la ricorrente, in data 26 maggio 1998, ha comunicato al Dirigente della Circoscrizione XVII di volersi avvalere del provvedimento implicito del silenzio assenso medio tempore perfezionatosi, in quanto il predetto parere contrario le sarebbe stato notificato tardivamente.

La ricorrente ha ulteriormente dedotto che, dopo essere stata invitata dalla Circoscrizione XVII a completare la produzione documentale, ha ottemperato solo dopo aver conseguito in data 18 settembre 1998 l’autorizzazione sanitaria n. 136, rilasciatale dalla USL RME, ed aver presentato, in data 25 settembre 1998, domanda alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Roma per ottenere il parere favorevole al cambio di destinazione d’uso da bottega a negozio.

2. A sostegno del gravame, ha articolato le seguenti doglianze: 1) Violazione di legge – D.P.R. n. 407 del 9.5.1994 in relazione alla disciplina di cui agli artt. 19 e 20 della L. 241 del 7.8.1990; errata applicazione degli artt. 3 e 10 della L. 287 del 25.8.1991; Art. 41 Cost.; 2) Eccesso di potere per difetto di motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà ed abuso di potere.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Roma, instando per l’inammissibilità ed il rigetto nel merito del gravame.

4. Con ordinanza n. 3299 del 10 dicembre 1998, la Sezione ha respinto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato.

5. All’udienza del 25 novembre 2010, sentiti i difensori delle parti come da relativo verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Motivi della decisione

1. Preliminarmente, il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità formulata dall’Amministrazione resistente in relazione alla mancata tempestiva impugnazione del parere negativo del Dipartimento VIII – Ufficio Pubblici Esercizi del 4.02.1998, notificato alla ricorrente il 1°.04.1998, tenuto conto della integrale infondatezza nel merito del proposto gravame.

2.1 Con il ricorso in epigrafe, la ricorrente, articolando un duplice ordine di censure, ha contestato la legittimità del provvedimento n. 1364 del 5.10.1998, recante ordine di cessazione dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande esercita nei locali di Vicolo del Farinone n. 34, deducendo, da un lato, di aver ottenuto, per silenzio assenso formatosi sull’istanza del 15.01.1998, rituale autorizzazione all’esercizio di detta attività, dall’altro il vizio di difetto e contraddittorietà della motivazione posta a sostegno del provvedimento gravato.

2.2 Rileva il Collegio che lo scrutinio di entrambe le doglianze formulate dalla ricorrente imponga l’esame preliminare della questione, già in passato oggetto di vaglio da parte dei giudici amministrativi, concernente i presupposti per la formazione del silenzio assenso ai sensi dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990 e del relativo regolamento attuativo adottato con d.P.R. 26 aprile 1992, n. 300.

In sintesi, occorre accertare se, nella vigenza della disciplina applicabile ratione temporis all’odierno gravame, con riferimento alla istanza presentata dalla ricorrente in data 15.01.1998 per il rilascio di una autorizzazione alla somministrazione di alimenti e bevande presso il locale di Vicolo del Farinone n. 34, si è formato il silenzio assenso per decorso del termine di sessanta giorni ovvero se ricorrevano nella specie elementi comunque ostativi rispetto alla formazione del silenzio assenso.

2.3 Come è noto, l’art. 20 della legge n. 241 del 1990 ha introdotto in via generale nell’ordinamento lo strumento di semplificazione procedimentale del silenzio assenso, la cui formazione dipende dal decorso del termine massimo di durata del procedimento amministrativo, in mancanza di atti interruttivi o del provvedimento conclusivo di competenza dell’amministrazione procedente.

Il regolamento attuativo della citata disposizione legislativa disciplina le condizioni per la formazione del silenzio assenso, precisando che "l’atto di assenso di cui all’articolo 20, comma 1, della legge si considera formato quando la domanda è conforme alle disposizioni di cui all’articolo precedente" (art. 4, comma 1) e che la domanda del privato deve: a) "identificare le generalità del richiedente e le caratteristiche specifiche dell’attività da svolgere"; b) avere "allegata una dichiarazione del richiedente che indichi la sussistenza dei presupposti, ivi compreso il versamento di eventuali tasse e contributi, e dei requisiti prescritti dalla legge per lo svolgimento di quell’attività"; c) contenere i dati necessari per verificare il possesso o il conseguimento dei particolari requisiti soggettivi eventualmente richiesti dalla legge per lo svolgimento dell’attività (art. 3, comma 2).

2.4 Le citate disposizioni regolamentari sono state teleologicamente interpretate dalla giurisprudenza amministrativa nel senso che lo strumento di semplificazione del silenzio assenso non può essere piegato a finalità elusive del dato legislativo, determinando la formazione del titolo abilitativo tacito in mancanza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge per lo svolgimento dell’attività. Ed invero, se la norma legislativa o regolamentare imponga per il rilascio del titolo determinati requisiti soggettivi ed oggettivi, il privato non può, confidando nell’inerzia dell’amministrazione, ritenere acquisiti il titolo e la conseguente legittimazione all’esercizio dell’attività, in palese spregio delle previsioni normative di settore.

Più in particolare, la Sezione, pronunciandosi su fattispecie analoga a quella oggetto del presente gravame, ha chiarito "che possa configurasi l’istituto del silenzio assenso solo quando risulti che l’interessato sia in possesso di tutti i requisiti soggettivi ed oggettivi previsti per l’espletamento dell’attività", di talché "è da escludere che l’interessato, che non può ottenere l’autorizzazione perché manca di requisiti oggettivi o soggettivi, possa eludere le prescrizioni fissate dalla legge o dai regolamenti comunali attraverso la procedura del silenzio assenso, fidando nei ritardi della Amministrazione" (T.A.R. Lazio, sez. II Ter, 20 gennaio 2006, n. 460; in senso adesivo, v. Id. 28 novembre 2005, n. 12441; Id. 28 gennaio 2003, n. 500; Id. 28 gennaio 2003, n. 499; Id. 6 marzo 2002, n. 1745).

In linea con il menzionato indirizzo giurisprudenziale, in tempi ancora più recenti, la giurisprudenza amministrativa, pronunciandosi sulle autorizzazioni commerciali disciplinate dagli artt. 7 e 8 del d. lgs. n. 114 del 1998, ha precisato che "l’interessata, con la presentazione di un modulo incompleto dal quale non si evinceva la sussistenza in capo alla stessa dei requisiti di legge (per es. quanto ad agibilità dei locali), non può pretendere, valendosi del silenzio assenso, di eludere le prescrizioni normative. Ad opinare diversamente, del resto, dovrebbe riconoscersi l’idoneità a far decorrere il termine per la formazione del silenzio anche in capo a dichiarazioni nulle o al limite inesistenti (ad es. sprovviste di sottoscrizione: conclusione che risulta, palesemente, del tutto assurda)" (T.A.R. Toscana, sez. II, 17 aprile 2009, n. 669).

Sulla medesima lunghezza d’onda si colloca anche il giudice amministrativo di ultima istanza, affermando il principio che spetta all’interessato, il quale intenda invocare la formazione del silenzio assenso ai sensi dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990, dimostrare, oltre al decorso del tempo, la ricorrenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie disciplinata dalla legge, integrati dai requisiti soggettivi ed oggettivi necessari per lo svolgimento dell’attività cui si riferiva l’istanza (C.d.S., sez. 11 febbraio 1999, n. 145).

2.5 Traslando i superiori principi all’odierna controversia, il Collegio non può che rilevare come nel caso di specie non possa essersi formato il provvedimento tacito abilitativo invocato dalla ricorrente.

Ed invero, risulta per tabulas, ed è riconosciuto dalla stessa ricorrente nei suoi scritti difensivi, che soltanto in data 18.09.1998 è stata rilasciata dalla USL RM/E l’autorizzazione sanitaria n. 136 per i locali di Vicolo del Farinone n. 34 e che, soltanto in data 25.09.1998 (prot. 12128), è stata presentata alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Roma richiesta di parere per il cambio di destinazione d’uso dei medesimi locali.

Ne discende, in ossequio ai superiori principi, che sull’istanza di autorizzazione presentata dalla ricorrente in data 16.01.1998 (prot. 1506) non può essersi formato il silenzio assenso per decorso del termine di sessanta giorni, previsto dal d.P.R. 9 maggio 1994, n. 407, ai sensi dell’art. 20 della legge n. 241 del 1990, per difetto di essenziali requisiti oggettivi previsti dalla legge, e segnatamente dell’autorizzazione sanitaria per i locali di Vicolo del Farinone n. 34 e del nulla osta di competenza della Soprintendenza relativamente al cambio di destinazione d’uso per i medesimi locali.

Pertanto, si palesano prive di pregio entrambe le doglianze formulate, giacché, non essendosi formato un provvedimento abilitativo tacito per silenzio assenso, il provvedimento oggetto di gravame non è censurabile laddove qualifica come abusiva l’attività di somministrazione di alimenti e bevande esercitata dalla ricorrente nei locali di Vicolo del Farinone n. 34.

2.6 In conclusione, per gli argomenti che precedono, il ricorso deve essere respinto.

3. Per la natura delle questioni scrutinate sussistono comunque giusti motivi per compensare spese, diritti ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. Seconda Ter, respinge il ricorso in epigrafe.

Compensa spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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