Cass. pen. Sez. V, Ord., (ud. 27-10-2010) 21-01-2011, n. 1947

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 2-3-2010 il Giudice monocratico del Tribunale di Rimini applicava su richiesta delle parti, ai sensi dell’art. 444 c.p.p. nei confronti di M.H. – imputato del reato di cui all’art. 496 c.p. con l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 11 bis, accertato in (OMISSIS), la pena di mesi otto di reclusione, confermando la misura custodiate adottata in sede di convalida dell’arresto.

Nella specie, il cittadino extracomunitario, al momento in cui era stato interrogato sulle proprie generalità dai Carabinieri di (OMISSIS), aveva dichiarato il falso, affermando di avere anni sedici mentre in realtà, da esame auxologico era emerso che aveva compiuto i diciotto anni.

Il fatto era stato contestato con l’aggravante in precedenza indicata, perchè commesso da persona che si trovava illegalmente nel territorio nazionale.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato deducendo con il primo motivo ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B) la nullità della sentenza per inosservanza dell’art. 129 c.p.p..

A riguardo evidenziava che il Giudice aveva omesso di dichiarare la non punibilità per insussistenza del fatto contestato, così violando l’art. 129 c.p.p..

In tal senso rilevava il ricorrente di essere cittadino straniero proveniente dall'(OMISSIS), e di non comprendere la lingua italiana, precisando di essere stato fermato appena giunto in Italia, e che i carabinieri di Riccione lo avevano interrogato senza l’ausilio di un interprete, violando l’art. 143 c.p.p. e il D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 7 e 13.

Pertanto il ricorrente assumeva di non aver compreso il senso delle richieste rivoltegli dai CC e ciò renderebbe il fatto non punibile.

2 – Con ulteriore motivo il ricorrente deduce che, avendo dichiarato di essere minorenne, il Giudice avrebbe dovuto disporre una perizia, non potendo essere desunta con certezza l’età dal semplice esame auxologico, che dalla scienza medica non viene considerato sufficiente a tal fine.

Su tale argomento menzionava altresì problematiche rilevate dalla associazione Amnesty International nel rapporto del (OMISSIS).

3-Veniva altresì censurata dal ricorrente la contestazione dell’aggravante di cui all’art. 61, comma 1, n. 11 bis, per aver commesso il fatto mentre si trovava clandestinamente in Italia, evidenziando che egli era soggetto richiedente asilo, secondo quanto aveva affermato innanzi al magistrato procedente, essendo giunto nel territorio nazionale proveniente da un luogo di guerra.

Come tale, secondo le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 268 del 1998, art. 10, comma 4 e D.Lgs. n. 251 del 2007 e D.Lgs. n. 25 del 2008, il ricorrente rilevava che esiste un vero diritto di fare ingresso nel territorio italiano, e che dunque egli non avrebbe potuto essere considerato come irregolare ai fini dell’applicazione dell’aggravante richiamata.

4 – Inoltre deduceva la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. C) per violazione dell’art. 178 c.p.p., lett. C) e art. 143 c.p.p..

Sul punto evidenziava che egli, come straniero, non era in grado di comprendere la lingua italiana e durante il giudizio non era stato assistito da un interprete, onde aveva potuto rendersi conto dell’esito del procedimento solo in carcere, non avendo compreso il patteggiamento avvenuto.

5 – Infine deduceva la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. D). per carenza di motivazione, in riferimento ai presupposti di cui all’art. 129 c.p.p..

Per tali motivi il ricorrente chiedeva dunque l’annullamento della sentenza impugnata.

Il PG in SEDE ha formulato requisitoria chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso risulta manifestamente privo di fondamento, evidenziando che vanno pienamente condivise e in questo provvedimento richiamate le argomentazioni formulate dal PG requirente, come di seguito riportate, ove afferma che:

-"Risulta dal testo della sentenza che il giudice si è posto la questione dell’applicabilità della disposizione – (art. 129 c.p.p.) – in parola, ritenendo tuttavia che non sussistessero i presupposti per la sua applicazione. Del resto la giurisprudenza di legittimità ha affermato che non è richiesta una motivazione diffusa sul punto, posto che al proscioglimento ex art. 129 citato si deve pervenire quando risulti evidente la sussistenza di ipotesi che portino al proscioglimento. Il che non è nel caso di specie; nè costituisce argomento contrario quello esposto nel ricorso con riferimento all’asserito dubbio circa l’età dell’imputato, verificata solo (si dice) sulla base di esame auxologico".

Gli ulteriori argomenti dedotti nel ricorso, quanto alla condizione di clandestinità del cittadino straniero, restano in questa sede improponibili, data la ricorrenza degli elementi costitutivi dell’ipotesi di reato nella condotta contestata, e non essendo atti a far escludere l’imputabilità, anche perchè sostanziantisi in valutazioni fattuali non consentite in questa sede.

I motivi di ricorso sono dunque inammissibili ed alla pronunzia di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle Ammende, che si determina in Euro 1.000, 00.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000, 00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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