Cons. Stato Sez. VI, Sent., 19-01-2011, n. 380 Lavoro subordinato; Inosservanza degli ordini dell’autorità di p.s. Stranieri

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso di primo grado, era stato chiesto dall’odierno appellante l’annullamento del provvedimento del Prefetto di Milano (decreto Prot. 306112B.10.01) emesso in data 29.07.2009 relativo all’annullamento del nulla osta al lavoro subordinato.

Erano state dedotte le censure di eccesso di potere e di violazione di legge in considerazione della circostanza che il decreto di espulsione di cui il predetto era stato destinatario non poteva considerarsi ostativo alla propria permanenza in Italia: ciò tanto più che lo stesso era stato assolto in sede penale dal reato di rientro clandestino nel territorio della Repubblica.

Il Tribunale amministrativo regionale adito ha respinto il ricorso avendo ritenuto che la circostanza che l’odierno appellante avesse fatto rientro in buona fede in Italia era stata rilevante per l’assoluzione in sede penale, ma non elideva la circostanza che egli fosse stato "presente nel territorio dello Stato senza aver ottenuto l’autorizzazione che l’art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 richiede per chi sia stato espulso.".

L’odierno appellante ha criticato la sentenza in epigrafe, chiedendone la riforma e sostenendo che, sebbene fosse stato in precedenza espulso, tale circostanza non poteva ostare alla regolarizzazione della propria posizione.

L’ appellata amministrazione, costituitasi nell’odierno giudizio d’appello ha depositato un controricorso chiedendo di respingere l’appello in considerazione della circostanza lo straniero venne espulso e rientrò nel territorio della Repubblica in carenza della prescritta autorizzazione.

Motivi della decisione

Stante la completezza del contraddittorio la causa può essere decisa nel merito, tenuto conto della infondatezza dell’appello.

Il Collegio condivide pienamente la ricostruzione ermeneutica resa dal Tribunale amministrativo regionale.

Deve in proposito rammentarsi che ai sensi del comma XIII dell’art. 13 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e succ.mod "Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno."

Tale condotta, ai sensi della parte seconda del medesimo comma, e delle successive disposizioni dello stesso articolo, integra specifica fattispecie di reato ed il Legislatore ha previsto per tali evenienze l’arresto obbligatorio anche al di fuori del caso di flagranza.

Il ricorso in appello si limita a richiamare le disposizioni generali in materia di ingresso dello straniero nel territorio dello Stato, ma trascura di considerare che la specifica disposizione di cui al richiamato art. 13 configura una causa generale ostativa al reingresso dello straniero espulso, che non può non rilevare anche in ipotesi di richiesta di regolarizzazione (si veda altresì il comma 14 della citata disposizione, laddove si prevede il termine di durata dell’inibitoria al reingresso: "salvo che sia diversamente disposto, il divieto di cui al comma 13 opera per un periodo di dieci anni. Nel decreto di espulsione può essere previsto un termine più breve, in ogni caso non inferiore a cinque anni, tenuto conto della complessiva condotta tenuta dall’interessato nel periodo di permanenza in Italia".).

La prescritta autorizzazione (che l’appellante non aveva mai richiesto né ottenuto) si configura quale condizione legittimante in carenza della quale è precluso il reingresso dello straniero in Italia (ex multis: "lo straniero destinatario di un decreto prefettizio di espulsione, ai sensi dell’art. 13 d.lg. 25 luglio 1998 n. 286, non può fare rientro nel territorio italiano, trascorsi i cinque anni previsti dalla legge ed espressamente menzionati nel decreto, senza autorizzazione del Ministero dell’Interno, esponendosi, in caso di trasgressione di tale divieto, a responsabilità penale e ad un nuovo provvedimento di espulsione. Il decorso del quinquennio rileva al solo fine della legittimazione alla richiesta di reingresso in Italia, che deve comunque essere presentata al Ministero dell’Interno." – Cassazione civile, sez. I, 22/10/2009, n. 22429).

La sentenza deve pertanto deve essere confermata ed il ricorso in appello deve essere respinto.

La particolarità delle questioni esaminate consente di disporre l’integrale compensazione delle spese sostenute dalle parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)definitivamente pronunciando sul ricorso in appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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