T.A.R. Lazio Roma Sez. III bis, Sent., 19-01-2011, n. 476 Insegnanti elementari; Maternità e relative provvidenze

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Nel corso dell’anno scolastico 1995/96 la ricorrente, insegnante elementare ha avuto, come la stessa riferisce nomine di supplenza a tempo determinato dal 24 gennaio 1996 al 21 marzo 1996, presso la Direzione Didattica di Palombara Sabina, per i seguenti periodi:

contratti a tempo determinato dal 6 all’8 marzo 1996; dal 9 al 14 marzo 1996 dal 15 al 21 marzo 1996;

contratto a tempo determinato dal 22 al 27 marzo 1996, tutti in sostituzione della insegnante.

Rappresenta che:

dal 22 marzo 1996 è stata posta in interdizione dal lavoro ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 della legge 1204/71 e sino al 5 agosto 1996 per il periodo:

dal giorno 15 marzo 1996 per giorni trenta;

dal giorno 17 aprile 1996 per giorni trenta;

dal giorno 21 maggio 1996 per giorni trenta;

dal giorno 22 giugno 1996 per giorni otto;

dal giorno 29 giugno 1996 per giorni trenta;

dal giorno 29 luglio 1996 per giorni dieci;

e che alla scadenza dell’ultimo periodo di interdizione dal lavoro ha usufruito della astensione obbligatoria (data presunta del parto risultando essere quella del 5 ottobre 1996);

che nel periodo di interdizione dal lavoro (durante il quale la istante ha ininterrottamente ottenuto dall’Ispettorato Provinciale del lavoro la interdizione fino alla data di inizio della astensione obbligatoria) alla stessa sono state conferite le nomine giuridiche dal 22 marzo 1996 al 5 agosto 1996 avendo chiesto la liquidazione della indennità di maternità spettante ai sensi della legge 1204/71 alla Direzione Didattica Statale di Palombara Sabina in data 27/1/1997 sulla base del servizio prestato con contratti di lavoro a tempo determinato, venivano posti quesiti alla Direzione Provinciale del Lavoro Servizio Ispezione del lavoro sulla sussistenza del diritto della richiedente alla liquidazione della indennità di maternità.

A seguito di chiarimenti richiesti dalla Direzione provinciale del Lavoro Servizio Ispezione del lavoro alla Direzione Didattica Statale di Palombara in ordine alla assegnazione delle nomine alla ricorrente occorrendo la specificazione dei periodi di cui la lavoratrice aveva prestato effettivamente servizio e dei periodi invece in cui non aveva svolto alcuna prestazione, la Direzione provinciale del Lavoro (servizio Ispezione) concludeva che la indennità di maternità richiesta dalla lavoratrice non spettava in quanto:

– i provvedimenti n. 6346 e n. 7624 aventi efficacia dal 22 marzo al 13 aprile e dal 17 aprile al 16 maggio 1996 erano stati emessi ai sensi dell’art. 17 2^ comma della legge 1204/71 a fronte di una prestazione lavorativa dal 6 al 21 marzo 1996 e perciò per tali periodi doveva esser corrisposta la indennità di maternità prevista dalle vigenti disposizioni di legge.

Invece i successivi provvedimenti dal 21 maggio al 5 agosto 1996, erano stati adottati sulla base di nomine solo giuridiche cui non erano seguite effettive prestazioni lavorative. Per tale ragione non era dato riscontrare dai provvedimenti adottati il carattere della continuità, essendo trascorsi più di 60 giorni tra la data dell’ultima effettiva prestazione lavorativa (datata 21 marzo 1996) e quelle delle istanze ed essendo trascorso un periodo inferiore ai 60 giorni dalla ultima nomina giuridica attribuita alla lavoratrice.

Evidenzia la ricorrente che la interpretazione fornita dal Ministero del Lavoro con riferimento all’art. 17 della legge 1204/71 è nel senso che la lavoratrice non avrebbe diritto alla indennità di maternità in quanto tra la data della ultima effettiva prestazione lavorativa e quella della astensione obbligatoria avvenuta il giorno 7 agosto 1996 sarebbero intercorsi oltre 60 giorni. Elenca al riguardo i casi in cui la lavoratrice madre ha diritto alla corresponsione della indennità di maternità (lett. b e lett. c dell’art. 2 stessa legge nonché i casi di assenza dal lavoro per sospensione, disoccupazione ove tra la data della sospensione dal lavoro o della disoccupazione e la data dell’inizio della astensione obbligatoria non decorrano più di 60 giorni; ed infine il caso in cui l’astensione obbligatoria dal lavoro ha inizio decorsi 60 giorni dalla risoluzione del rapporto e la lavoratrice si trovi all’inizio della astensione obbligatoria disoccupata e in godimento della indennità di disoccupazione).

Ribadisce che all’atto di usufruire della astensione obbligatoria era a tutti gli effetti in servizio, avendo ricevuto nomine con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato (supplenze temporanee) che andavano a coprire tutto il periodo dal 21 marzo 1996 (data della ultima prestazione effettiva e data di inizio della interdizione ai sensi dell’art. 5 della legge 1204/71) fino al 7 agosto 1996 data di inizio della astensione obbligatoria e perciò aveva diritto al trattamento di maternità, essendo a tutti gli effetti in servizio;

Ritiene insostenibile la tesi del Ministero del Lavoro secondo la quale il rapporto era cessato oltre 60 giorni prima della astensione obbligatoria. Richiama al riguardo pronunce della giurisprudenza che hanno ritenuto che "All’insegnante elementare non di ruolo in astensione obbligatoria per maternità secondo la L. 30 dicembre 1971 n. 1204, cui sia stata assegnata supplenza temporanea senza che abbia potuto assumere servizio, spetta l’indennità prevista dall’art. 15 stessa legge, per tutto il periodo dell’astensione, nonché la proroga della supplenza fino al termine dell’astensione, con conservazione del posto e valutazione a tutti gli effetti, come servizio effettivo, del periodo di interdizione dal lavoro, atteso che la disposizione limitativa dell’art. 7, ultimo comma, d.l. 2 novembre 1981 n. 677, convertito il l. 26 gennaio 1982 n. 11, ha valore soltanto per l’anno scolastico 1981/82 (C.d.S. Sez. VI 8/1/1991 n. 4).

La ricorrente, in considerazione che sulla base del surriportato parere del Ministero del Lavoro, il Direttore Didattico di Palombara Sabina le ha negato la relativa indennità ha proposto il presente ricorso diretto ad ottenere declaratoria del suo diritto a ricevere il trattamento di maternità di cui all’art. 17 della legge 1204/71 per tutta la durata della interdizione dal lavoro e della successiva astensione obbligatoria con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento delle somme a tali titoli dovute oltre interessi e rivalutazione come per legge. Il contraddittorio è stato instaurato nei confronti della Direzione Didattica di Palombara Sabina. Si è costituita in giudizio, a mezzo della Avvocatura Generale dello Stato, l’Amministrazione della Pubblica Istruzione (Ministero e direzione didattica di Palombara Sabina).

Tanto premesso anche in ordine alla costituzione del contraddittorio rileva il Collegio che la pretesa della ricorrente è da ritenersi infondata.

Le disposizioni contenute nella legge 30/12/1971 n. 1204 trovasi attualmente (unitamente ad altre concernenti la tutela delle lavoratrici madri estesa poi in alcune parti al padre lavoratore) inserite nel D.Lgs. 26/3/2001 n. 151 che ha raccolto in un testo unico (da ultimo modif. ed integr.) tutte le norme in materia di tutela e sostegno delle maternità (e paternità).

Per quanto concerne i periodi di astensione obbligatoria dal lavoro delle donne gli stessi periodi sono indicati dalla legge (artt. 16 e 20 stesso D.Lgs. n. 151/2001) e vengono in via principale riferiti (in sintesi): a due mesi prima della data presunta del parto (rapportata alla circostanza del parto che avvenga oltre la data presunta) e a tre mesi dopo il parto.

Nei periodi di tale astensione obbligatoria alla lavoratrice spetta una indennità nella misura indicata negli artt. 22 e 23 D.L.gs. n. 151/2001.

Alla ricorrente la indennità in questione è stata negata, secondo quanto ritenuto dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Roma con la nota direttoriale del 10/3/1997 n. 23836 di prot., in considerazione che la stessa indennità se si rende concedibile a fronte di prestazioni lavorative effettivamente eseguite, non è invece da ritenersi riconoscibile per i periodi in cui la dipendente era stata destinataria di provvedimenti concernenti nomine non solo prive del carattere di continuità con le anteriori prestazioni lavorative (essendo trascorsi più di 60 giorni dalla data dell’ultima effettiva prestazione lavorativa) ma che sono venute a risultare emesse ai soli fini giuridici, tanto da apparire garantistiche di una tutela offerta alla interessata meramente fittizia e priva di effettività.

D’altro canto la ricorrente, che si limita a fornire un elenco dei casi (previsti dalla legge n. 1024/1971) in cui è riconosciuto il diritto della dipendente alla corresponsione della indennità di maternità, neppure specifica a quale delle stesse tassative ipotesi ritiene riferibile la sua posizione che lo stesso diritto le garantirebbe.

Al riguardo va segnalato che la giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato Sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3339), occupandosi di fattispecie analoga, ha ritenuto che, l’adozione di un provvedimento tecnicodiscrezionale dell’Ispettorato del Lavoro che, ai sensi dell’art. 5, della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, interdica anticipatamente la prestazione del servizio di lavoratrice madre prima dell’inizio del periodo di estensione obbligatoria dal servizio per complicanze della gestazione, non sposta all’indietro il termine per il computo del lasso temporale di sessanta giorni dalla cessazione della posizione di impiego, di cui all’art. 17, comma 2, L. n. 1204/1971 citata, che preclude il diritto a percepire l’indennità di maternità e il cui dies coincide con la decorrenza, del titolo all’estensione obbligatoria.

La norma (art. 17 cit.) presuppone quindi l’esistenza su un piano di effettività di un rapporto di lavoro in atto entro i 60 gg. precedenti la data di inizio del periodo di astensione obbligatoria di cui all’art. 4, lettera a) della legge n. 1204/1971 e non in via solo potenziale e virtuale.

Il ricorso non trova dunque possibilità di accoglimento e va rigettato.

Si ravvisa la esistenza di motivi giustificativi della compensazione tra le parti delle spese di giudizio;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (Sezione III bis) rigetta il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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