Cass. civ. Sez. III, Sent., 21-02-2011, n. 4207 Pignoramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso del 30 giugno 2000 la Banca Carige spa – Cassa di Risparmio di Genova ed Imperia, con sede in Genova, premesso che nell’ambito di un rapporto di factoring in essere con la società Cerusa spa, le erano stati ceduti i crediti derivanti da fatture emesse a carico della odierna attrice, per un ammontare complessivo di L. 418.436.711, e che la debitrice era stata invano sollecitata al pagamento, chiedeva al Tribunale di Ferrara di ingiungere alla Azienda Ospedaliera il pagamento della somma innanzi indicata, oltre interessi e spese legali.

L’adito giudice, in accoglimento della domanda, emetteva il chiesto decreto ingiuntivo in danno della Azienda Ospedaliera, e con conseguente atto di precetto in data 22.12.2001, la Banca Carige spa intimava all’Azienda Ospedaliera di pagare la somma di L. 418.436.711.

In seguito, detta Banca notificava atto di pignoramento presso terzi con il quale "pignorava tutte le somme nonchè i titoli di credito e tutto ciò di proprietà del debitore che sia depositato o venga ad essere depositato dopo la notifica dell’atto, presso la Cassa di Risparmio di Ferrara s.p.a., fino alla concorrenza di L. 423.916.711 oltre a L. 1.800.200 per spese di precetto, oltre ad accessori di legge ed ulteriori di mora dalla scadenza delle singole fatture al saldo effettivo".

A seguito di ciò, l’Azienda Ospedaliera proponeva opposizione chiedendo, in via preliminare, la sospensione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 624 c.p.c., e, nel merito, dichiararsi la nullità del decreto ingiuntivo per assoluta invalidità del titolo. Poichè fondato su prova scritta inidonea e comunque per mancanza assoluta del diritto a procedere all’esecuzione per l’impignorabilità delle somme oggetto del pignoramento.

Costituitasi la Banca Carige (che deduceva che la censura relativa alla formazione del titolo esecutivo non poteva essere formulata in sede di opposizione all’esecuzione), il Tribunale di Ferrara, con provvedimento del 24.1.2001, sospendeva l’esecuzione.

In seguito,- con memoria ex art. 180 c.p.c., l’Azienda Ospedaliera eccepiva altresì il mancato rispetto del termine di centoventi giorni dalla notifica del titolo esecutivo prima di intraprendere l’esecuzione forzata, a norma del D.L. n. 669 del 1996, art. 14, come modificato dalla L. n. 388 del 2000, art. 147. Infatti, il decreto ingiuntivo emesso in Favore della Banca Carige è stato notificato alla Azienda Ospedaliera in data 18.7.00. Decorso il termine per l’opposizione, il decreto ingiuntivo è divenuto esecutivo in data 24.10.200 ed allo stesso è stata apposta la formula esecutiva in data 4.12.200. Successivamente, in data 22.12.00 l’Azienda Ospedaliera si è vista notificare l’atto di precetto e, in data 17.1.2001, prima che decorressero i 120 giorni previsti dal legislatore, le è stato notificato l’atto di pignoramento presso terzi.

Con sentenza n. 558/2003 il Tribunale così statuiva "dichiara l’invalidità dell’atto di pignoramento effettuato da Carige a Carife nei confronti dell’Arcispedale S. Anna il 16/17 gennaio 2001, scioglie il vincolo pignoratizio…". Tra l’altro, il Tribunale accoglieva l’opposizione sollevata dall’Azienda Ospedaliera, secondo cui la Banca Carige, nel procede al pignoramento, non aveva rispettato il termine dilatorio di,a centoventi giorni prima della notifica del titolo esecutivo come prescritto a favore degli enti pubblici non economici dal D.L. n. 669 del 1996, art. 14 (cosi come modificato dalla L. n. 388 del 2000, art. 147). A seguito dell’appello della società Carige (che affermava tra l’altro che la deduzione del mancato rispetto del termine dilatorio concretizzerebbe un motivo di opposizione agli atti esecutivi e, quindi, sarebbe stato sollevato oltre il termine di decadenza di cui all’art. 617 c.p.c.), costituitosi l’ente appellato, la Corte di Appello di Bologna con la sentenza in esame n. 951/2005, così statuiva "in accoglimento dell’appello proposto dalla Banca Carige s.p.a. con atto di citazione in sede di impugnazione notificato il venti febbraio 2004 avverso la sentenza resa dal Tribunale di Ferrara in data 28 aprile / 20 maggio 2003 n. 558 ed in riforma della stessa sentenza rigetta l’opposizione all’esecuzione proposta dall’Azienda Ospedaliera di Ferrara "Arcispedale S. Anna" contro la predetta Banca Carige s.p.a. con ricorso depositato il 22 gennaio 2001".

Ricorre per cassazione l’Azienda Ospedaliera con tre motivi; resiste con controricorso la Banca Carige.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce "Violazione dell’art. 618 c.p.c.. Inappellabilità della sentenza di primo grado"; si afferma che "a norma dell’art. 618 c.p.c. la sentenza pronunciata all’esito del giudizio di opposizione agli esecutivi è inappellabile e, pertanto, contro la stessa è ammissibile soltanto il ricorso in cassazione per violazione di legge ai sensi dell’art. 111 Cost.".

Con il secondo motivo si deduce "In via subordinata, violazione ed applicazione degli artt. 615 e 617 c.p.c. e del D.L. n. 669 del 1996, art. 14, così come modificato dalla L. n. 388 del 2000, art. 147".

Con il terzo motivo si deduce "Violazione del D.L. 18 gennaio 1993, n. 9, art. 1, comma 5, convertito in L. 18 marzo 1993, n. 67". Si afferma in particolar modo che "a fondamento della eccezione di impignorabilità delle somme staggite presso la cassa di risparmio di Ferrara s.p.a., soggetto terzo pignorato, l’azienda ospedaliera ha invocato l’applicabilità del D.L. 18 gennaio 1993, n. 9, art. 1, comma 5, convertito in L. n. 67 del 1993… nella sentenza impugnata, tuttavia, la Corte di Appello di Bologna ha ritenuto infondata l’eccezione sollevata dall’ente pubblico in quanto; a) la norma invocata non sarebbe più in vigore; b) comunque, il tenore letterale della Delib. n. 621 del 2000 escluderebbe il significato decisivo in favore dell’azienda ospedaliera; c) infine, la deliberazione interna dell’ente sarebbe comunque insufficiente a provare la certa destinazione delle somme al soddisfacimento dei servizi essenziali.

La motivazione adottata dalla Corte di Appello sul punto è viziata.

Il ricorso merita accoglimento in relazione al terzo motivo.

Censurabile è, infatti, la decisione impugnata sul punto là dove afferma che "è agevole, preliminarmente, osservare come il richiamato D.L. n. 9 del 1993 sia da ritenersi non più in vigore in virtù della legislazione di settore successiva, cosi come segnalato anche nell’archivio di legislazione vigente dello Juris data – ed Giuffrè" in quanto la Corte di merito fonda tale asserzione non su argomentazioni ermeneutico-normative bensì su un mero dato editoriale; tale norma è senz’altro in vigore in quanto la sua abrogazione non è stata prevista da alcuna norma successiva, nè detta abrogazione può ricavarsi dalla ipotizzabilità nel caso di specie delle altre ipotesi di cui all’art. 15 disp. gen., nè detta abrogazione può ricavarsi implicitamente dalla incompatibilità di tale dato normativo con altro susseguente; tra l’altro detta norma risulta vigente anche sulla base della più recente giurisprudenza di questa Corte (ad es. n. 12964/2008).

Ciò premesso e tenuto conto: che detto D.L. n. 9 del 1993, art. 1, comma 5, come convertito, statuisce che "le somme dovute a qualsiasi titolo alle unità sanitarie locali e agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non sono sottoposte ad esecuzione forzata nei limiti degli importi corrispondenti agli stipendi alle competenze comunque spettanti al personale dipendente o convenzionato, nonchè nella misura dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini dell’erogazione dei servizi sanitari definiti con decreto del ministro della sanità, di concerto con il ministro del tesoro…"; che con D.M. 15 ottobre 1993 il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro, ha stabilito che i servizi sanitari, per i quali debbono considerarsi essenziali fondi a destinazione vincolata, sono quelli aventi ad oggetto, assistenza medico-generica e pediatrica di base; assistenza medico specialistica convenzionata interna; assistenza ospedaliera pubblica o convenzionata obbligatoria; assistenza farmaceutica; che, in seguito, la Corte Costituzionale con sentenza n. 285/95 ha dichiarato detto art. 1, comma 5 illegittimo nella parte in cui (a causa della non sottoponibilità ad esecuzione forzata delle somme destinate ai suddetti fini) non prevede la condizione che l’organo di amministrazione della Usl, con relativa delibera, liquidi preventivamente gli importi di predette somme e che dall’adozione della stessa delibera non vengano emessi mandati per titoli diversi da quelli vincolati.

Ne consegue, per detta pronuncia della Corte Costituzionale, che ai fini della impignorabilità delle somme dell’Azienda Sanitaria basta che l’organo di amministrazione deliberi in ordine alla preventiva liquidazione di quanto destinato all’attività sanitaria; ed è appunto ciò che è avvenuto nel caso di specie (con Delib. n. 621 del 2000), come pur rilevato dalla Corte territoriale (a pag 10 dell’impugnata decisione), con conseguente impignorabilità delle somme in questione ed illegittimità dell’effettuato pignoramento.

Assorbiti per quanto esposto sono i primi due motivi. Pertanto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti, la Corte cassa senza rinvio l’impugnata decisione (con conseguente conferma di quanto deciso in primo grado dal Tribunale di Ferrara).

In relazione alla natura della controversia ed alla sua complessità, sussistano giusti motivi per compensare le spese; dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i rimanenti motivi. Cassa, in relazione al motivo accolto, l’impugnata decisione e, decidendo nel merito, dichiara inefficace il pignoramento in questione. Compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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