Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 25-11-2010) 25-01-2011, n. 2377 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.C. ricorre avverso l’Ordinanza della Corte d’Appello di Catania che, in data 9.3.2010, ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione dal medesimo proposta avverso la Sentenza della Corte di Assise d’Appello di Caltanissetta del 21.6.2000 che lo ha condannato quale responsabile di omicidio volontario in danno di S.G. e di porto d’armi.

A sostegno della propria impugnazione il S. segnala l’illogicità e la carenza della motivazione su punti essenziali della decisione.

Deve premettersi che il ricorrente ha ammesso di avere sparato al S., ma di avere agito in stato di legittima difesa. Tuttavia egli invoca una nuova perizia sull’arma in sequestro onde dimostrare che essa non è stata manomessa, come erroneamente ritenuto dai giudici di merito e come erroneamente ed, anzi, falsamente sostenuto dai periti balistici. Che siffatta verifica rappresenta "prova nuova" perchè assunta con metodologia diversa da quella già esperita e protesa ad attestare la falsità dell’incombente istruttorio acquisito in atti; che, ancora, l’accertamento risulta dirimente per escludere la responsabilità del S. nel fatto.

Motivi della decisione

L’art. 611 c.p.p. impone per il giudizio di Cassazione, la presentazione di motivi nuovi e memorie fino a quindici giorni prima dell’udienza per il procedimento in Camera di consiglio.

Pertanto, il Collegio non tiene conto che della memoria depositata il 17.11.2010, quale replica alla requisitorie del PG, e, dunque, tempestiva.

Il ricorso è inammissibile.

In primo luogo perchè, contrariamente all’assunto del S., la sua istanza istruttoria non perviene a definire una prova nuova, ma la reiterazione di indagine balistica già compiuta nella fase del merito (cfr. Ord. Pag. 4/5), mediante metodologia identica a quella invocata (analisi a messo di microscopio stereo e microscopio comparatore), cfr. Ord. Pag. 6. Nè il ricorso spiega quali siano le nuove e diverse acquisizioni scientifiche che contraddistinguerebbero il nuovo esame.

Ancora: apodittica è la denuncia di falsità dell’atto di accertamento peritale, fondata, esclusivamente, sulla deduzione del ricorrente, al di fuori di obiettiva conferma.

Ma, soprattutto, attesa l’ammissione del condannato di avere sperato nel corso dell’azione incriminata, l’esame richiesto non approderebbe ad un esito decisivo e dirimente ai sensi dell’art. 631 c.p.p., come esattamente già osservato dall’Ordinanza impugnata (pag. 8), nonchè dal PG nel suo parere, e confusamente contestato dal ricorso.

Sicchè tanto esclude interesse per una nuova prova avente carattere decisivo, come richiede il codice di rito. D’altra parte, ogni più puntuale confutazione al riguardo si risolve in una nuova valutazione del corredo probatorio già analiticamente commentato dalle sentenze di condanna, incombente che non può essere richiesto al giudice di legittimità poichè l’istituto della revisione giova a emendare l’errore di fatto e non la valutazione del fatto.

Dalla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali delle spese del procedimento ed anche al versamento della somma a favore della Cassa delle Ammende che si ritiene equo fissare in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchè al versamento della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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