Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-01-2011) 26-01-2011, n. 2751 Cause di non punibilità, di improcedibilità, di estinzione del reato o della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il 28 gennaio 2010 il Tribunale di Roma rigettava il ricorso proposto da V.M.G., volto ad ottenere la declaratoria di nullità, illegittimità, inefficacia, inopponibilità all’istante e ai suoi aventi causa della confisca dell’immobile situato in (OMISSIS).

Disponeva, inoltre, che il decreto di confisca dovesse essere inteso come operante sull’immobile in questione, nel senso che laddove leggesi "intestato a D.B.I.", dovesse leggersi e intendersi "intestato a V.M.G., nata a (OMISSIS)". 2. Avverso il citato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite i difensori di fiducia, V.M.G., la quale lamenta violazione della L. n. 575 del 1965, art. 2 con riferimento all’omessa convocazione nel procedimento di prevenzione, avente ad oggetto l’acquisto di un immobile in epoca antecedente alla trascrizione del sequestro e della successiva confisca con conseguente lesione dei diritti di difesa.

3. L’Agenzia del Demanio, tramite l’Avvocatura generale dello Stato, con memoria in data 11 gennaio 2011, confutava le argomentazioni sviluppate nel ricorso.

Motivi della decisione

1. Il terzo che rivendichi la legittima titolarità del bene confiscato o altro diritto reale e ne chieda, pertanto, la restituzione, qualora non abbia partecipato al procedimento di applicazione della misura patrimoniale, può esperire incidente di esecuzione nel quale può svolgere le deduzioni e chiedere l’acquisizione di ogni elemento utile ai fini della decisione sulla confisca (Sez. 1, 11 febbraio 2005, ric. Fuoco; Sez. 6, 18 settembre 2002, ric. Diana; Sez. 1, 20 ottobre 1997, Cifuni, rv. 208927).

L’art. 676 c.p.p. espressamente dispone che, in tema di confisca, il giudice dell’esecuzione procede a norma dell’art. 667 c.p.p., comma 4. 2. Il codice di rito (art. 676 c.p.p., comma 1, e art. 667 c.p.p., comma 4) prevede che i provvedimenti in materia di confisca e di restituzione delle cose sequestrate siano adottati dal giudice dell’esecuzione senza formalità e cioè senza fissazione dell’udienza di comparizione delle parti (de plano) e che contro tali provvedimenti gli interessati possano proporre opposizione davanti allo stesso giudice il quale dovrà procedere con le forme dell’incidente di esecuzione di cui all’art. 666 c.p.p., previa fissazione dell’udienza.

Nel caso in esame la situazione appare peculiare poichè il giudice, investito della richiesta di annullamento e/o revoca della confisca, ha adottato il provvedimento in sede di udienza camerale – invece di procedere de plano – all’uopo fissando la udienza di comparizione delle parti.

Con riferimento alle forme di impugnazione di tale provvedimento si era determinato un contrasto giurisprudenziale, ormai risolto nel senso di seguito precisato.

Alcune decisioni di questa Corte hanno, infatti, affermato il principio che, anche nel caso in cui il giudice dell’esecuzione abbia irritualmente provveduto a norma dell’art. 666 c.p.p., comma 3, anzichè de plano come previsto, è immediatamente proponibile il ricorso per cassazione, giacchè la procedura immediatamente adottata, pur non rispettosa dell’art. 676 c.p.p., pone in essere una anticipata garanzia del contraddittorio, intraducibile a rigore solo a seguito dell’opposizione dell’interessato avverso il provvedimento adottato de plano (Sez. 1, 23 dicembre 1996 n. 6387; Sez. 1, 7 aprile 1995 n. 1146).

La giurisprudenza più recente ritiene, invece, che, in materia di confisca, avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione, sia che questi abbia deciso de plano ai sensi dell’art. 667 c.p.p., comma 4. sia che abbia provveduto irritualmente ex art. 666 c.p.p., è data solo la facoltà di proporre opposizione (Sez. 3, 19 febbraio 2003 n. 8124; Sez. 3, 7 luglio 1995 n. 1182; Sez. 1, 6 novembre 2006 n. 3196;

Sez. 1, 20 settembre 2007, n. 36231; Sez. 1, 20 febbraio 2008, n. 8785).

Il Collegio ritiene di aderire a tale secondo orientamento, poichè il ricorrente è stato comunque privato della fase del "riesame" del provvedimento da parte del giudice dell’esecuzione, il quale, al contrario del giudice di legittimità, ha cognizione piena delle doglianze ed è il giudice deputato a prendere in esame tutte le questioni che il ricorrente non è stato in grado di sottoporre ad un giudice di merito, in quanto sostanzialmente privato di un grado di giudizio in una materia per cui il legislatore ha previsto la fase della opposizione proprio per la sua peculiarità. 3. Ciò posto, si tratta ora di verificare se il ricorso per Cassazione debba essere dichiarato inammissibile, in quanto rimedio non previsto dalla legge, oppure possa essere convertito in opposizione, a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5.

Anche sotto tale profilo esiste un contrasto giurisprudenziale, poichè alcune decisioni di questa Corte hanno ritenuto che il principio di conversione non sia applicabile in caso di opposizione, non avendo questa natura di impugnazione (Sez. Un. 25 gennaio 2002 n. 3026; Sez. 2, 11 ottobre 2004 n. 39625). L’indirizzo di gran lunga prevalente di questa Corte è, peraltro, nel senso che sia consentita anche in tal caso la riqualificazione dell’atto di impugnazione sulla base del principio generale di conservazione degli atti giuridici e del favor impugnationis (Sez. 4, 9 marzo 2007, n. 18223; Sez. 3, 20 gennaio 2004 n. 14724; Sez. 4, 27 maggio 2003, n. 34403; Sez. 3, n. 5 dicembre 2002, 8124; Sez. 4, 7 ottobre 1997, n. 2417; Sez. 3, 7 aprile 1995 n. 1182).

Tale seconda soluzione pare preferibile, non potendosi fare discendere la inammissibilità della impugnazione, pur se in "senso lato", solo dalla erronea indicazione della stessa, soprattutto in un caso, come quello in esame, in cui la natura ed il tipo delle censure mosse attengono prevalentemente al merito per cui l’erroneo nomen iuris attribuito dalla parte al mezzo di gravame non può pregiudicare la possibilità, concessa dall’ordinamento all’interessato, di avere una seconda pronuncia di merito sulle sue doglianze.

Il ricorso, a norma dell’art. 568 c.p.p., comma 5, deve essere pertanto convertito in opposizione con conseguente trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Roma in funzione di giudice dell’esecuzione per il giudizio di opposizione in base al combinato disposto di cui all’art. 667 c.p.p., comma 4, e art. 666 c.p.p..

P.Q.M.

Qualificato il ricorso come opposizione, dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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