Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-01-2011) 26-01-2011, n. 2602 Omicidio colposo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo e motivi della decisione

Il GUP del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza ex art. 425 c.p.p., in data 26.5.2008, dichiarava non doversi procedere nei confronti di C.C., V.S., I. G., I.M., M.V., Ca.Mi., Mu.Lu., S.C. e Mu.An., in ordine al delitto di omicidio colposo in danno di R.A., che in data 10.10.2005, transitando sulla Via (OMISSIS) alla guida della moto Yamaha, veniva sbalzato a causa della presenza di un avvallamento con sovraccarico di asfalto.

Osservava il Giudice dell’udienza preliminare che i profili di colpa a carico degli imputati risultavano riconducibili ad un comportamento omissivo consistito nel non avere garantito la buona manutenzione della strada. Rilevava il giudicante l’assenza di alcun collegamento causale tra la condotta omissiva degli imputati e l’evento verificatosi, ciò in quanto il sinistro mortale appariva ascrivibile esclusivamente alla condotta colposa della parte offesa, la quale procedeva, come accertato, alla velocità di 130 chilometri orari, a fronte del limite imposto di 30 chilometri orari. Il giudice escludeva che la condotta omissiva posta in essere dagli imputati potesse qualificarsi neppure come concausa dell’evento, atteso che la consulenza espletata aveva chiarito che non sussisteva l’obbligo giuridico di procedere alla chiusura della stradadi cui si tratta.

Avverso la predetta decisione ha proposto appello il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Nel gravame si osserva che gli elementi raccolti avevano evidenziato che la caduta del motociclista era stata determinata dal pessimo stato di manutenzione della strada comunale in oggetto.

Hanno proposto ricorso per cassazione avverso la citata sentenza anche le costituite parti civili, deducendo l’illogicità della motivazione del provvedimento impugnato; osservano che il giudice, pur riconoscendo la negligenza degli imputati, ritiene semplicisticamente di potere superare tale dato a causa della elevata velocità tenuta dal R..

Si deve, primieramente, rilevare l’inammissibilità del gravame proposto dal pubblico ministero. Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha pronunciato sentenza di non luogo a procedere nei confronti di tutti gli odierni imputati, perchè il fatto non sussiste. La sentenza, resa in data 26.1.2009, è stata depositata dal giudicante in data 28.4.2009; e risulta notificata al PM in data 23.9.2008. Orbene, atteso che l’atto di impugnazione avverso la citata sentenza venne depositato dal PM in data 17 ottobre 2008, deve rilevarsi l’inammissibilità del gravame.

Come noto l’art. 428 c.p.p., a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, stabilisce che contro la sentenza di non luogo a procedere può essere proposto unicamente ricorso per cassazione. Anche riqualificando l’atto di appello proposto dal pubblico ministero come ricorso cassazione, deve allora rilevarsi che il gravame è inammissibile, in quanto tardivo. Questa Suprema Corte ha invero chiarito che la sentenza di proscioglimento ex art. 425 c.p.p. si inquadra tra i provvedimenti emessi in camera di consiglio e, come tale, risulta soggetta alla disciplina dell’art. 585 c.p.p., comma 2, lett. a), per cui il termine di impugnazione decorre dalla comunicazione o dalla notificazione dell’avviso di deposto agli aventi diritto (Cass. Sez. 6, n. 11891 del 4.11.2002, dep. 13.3.2003, Rv. 224871). L’impugnazione che occupa deve dunque ritenersi tardiva, non essendo stato rispettato il termie inderogabile di quindici giorni fissato dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a), con conseguente inammissibilità del ricorso. E’ poi appena il caso di rilevare che il gravame sconta l’impostazione in termini di atto di appello, risolvendosi in una rilettura in punto di fatto del materiale probatorio esaminato dal primo giudice, di talchè, anche sotto tale profilo, l’impugnazione risulta inammissibile, in considerazione dei limiti propri del sindacato di legittimità.

Del pari inammissibile risulta il ricorso proposto dalle parti civili, che si risolve in una mera rilettura alternativa dei dati di fatto acquisiti all’esito delle indagini preliminari; le esponenti si limitano, infatti, a prospettare in modo del tutto generico il vizio logico di motivazione del provvedimento impugnato senza dedurre alcuna ragione di censura. Ed invero, in sede di legittimità non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. 23/3/95, n. 1769, Rv. 201177). Si impone, pertanto, la condanna delle parti civili al pagamento delle spese processuali e di ciascuna delle stesse a quello della somma di Euro 300,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le costituite parti civili al pagamento delle spese processuali e ciascuna delle stesse a quello della somma di Euro 300,00 in favore della Cassa delle ammende.

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