Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 21-02-2011, n. 4163 Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte d’Appello di Catania, con sentenza del 17.11.2005 – 21.6.2006, pronunciando in sede di rinvio dalla Cassazione e accogliendo l’impugnazione proposta dalla Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti (qui di seguito, per brevità, anche Cassa) avverso la decisione di prime cure, rigettò la domanda proposta da G.M. e da B. S., B.M. e B.M., tutti quali eredi di B.A., deceduto il (OMISSIS), per ottenere la restituzione dei contributi versati dal loro dante causa nel periodo d’iscrizione alla Cassa (dal 18 gennaio 1966 al 5 agosto 1989) senza conseguire il diritto a pensione, essendo stata respinta la domanda di pensione indiretta.

A sostegno del decisum la Corte territoriale ritenne l’insussistenza nella fattispecie del requisito previsto della L. n. 236 del 1990, art. 6, comma 5, (presentazione da parte dell’iscritto della domanda di restituzione dei contributi prima della data di entrata in vigore della legge), posto che tale domanda era stata avanzata soltanto in data 5.2.1992; ritenne inoltre l’inapplicabilità della disciplina di cui all’art. 2041 c.c. in tema di arricchimento senza giusta causa.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, B. S., B.M. e G.M., quest’ultima anche quale procuratrice generale di B.M., nella qualità di eredi di B.A., hanno proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi e illustrato con memoria.

L’intimata Cassa Italiana di Previdenza e Assistenza dei Geometri Liberi Professionisti ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione di legge (L. n. 773 del 1982, art. 21; L. n. 236 del 1990, art. 6; artt. 11, 12 e 15 preleggi), deducendo che alla L. n. 236 del 1990, art. 6, comma 5, non avrebbe potuto essere attribuita efficacia retroattiva e che, pertanto, avrebbe dovuto essere riconosciuto il diritto alla restituzione dei contributi laddove, come nella fattispecie all’esame, il requisito legittimante tale restituzione, secondo la legislazione previgente (L. n. 773 del 1982, art. 21), si era già maturato.

Con il secondo motivo, deducendo violazione dell’art. 2041 c.c., i ricorrenti si dolgono della reiezione della domanda subordinata di indennizzo per arricchimento senza causa.

Con il terzo motivo i ricorrenti chiedono la riforma della decisione impugnata per quanto riguarda la pronuncia sulle spese di lite (essendo stata disposta l’intera compensazione), con condanna della Cassa alla loro rifusione per tutti i gradi del giudizio.

2. La questione oggetto del primo motivo di ricorso è già stata oggetto di disamina, in fattispecie sostanzialmente analoga alla presente, da parte della giurisprudenza di questa Corte (cfr, Cass., n. 2762/2006), che ha osservato quanto segue:

– l’impossibilità di fatto per gli eredi di ottenere il rimborso, per essere il professionista deceduto prima di aver raggiunto il sessantacinquesimo anno di età e senza aver avanzato domanda di restituzione prima della data di entrata in vigore della L. n. 236 del 1990, non vale a costituire in loro favore alcun diritto verso la Cassa;

– nè ha fondamento la tesi che il diritto al rimborso dei contributi versati si sia consolidato alla data della cancellazione dall’Albo, con conseguente applicabilità ratione temporis del disposto della L. n. 773 del 1982, abrogato art. 21, posto che, anche sotto il vigore della norma abrogata, il rimborso non conseguiva automaticamente alla cancellazione dell’iscrizione alla Cassa, ma richiedeva la domanda dell’interessato, nella specie però intervenuta, da parte degli eredi, quando erano già cambiate le condizioni di legge per il rimborso;

– ai fini del rimborso non può distinguersi la posizione giuridica dei superstiti dell’iscritto da quella dell’iscritto medesimo, poichè la L. n. 236 del 1990, art. 6, comma 5, si riferisce genericamente agli "aventi diritto" e non distingue quindi la posizione dei primi rispetto a quella del loro dante causa, richiedendo in entrambi i casi che la domanda di restituzione sia stata presentata prima dell’entrata in vigore della legge stessa;

– devono ritenersi manifestamente infondati eventuali dubbi di incostituzionalità della normativa applicabile per contrasto con l’art. 3 Cost., non essendo irragionevole che la norma non ponga diverse condizioni per l’esercizio del diritto da parte degli eredi dell’iscritto rispetto a quelle richieste per l’esercizio del diritto da parte del professionista, posto che gli eredi subentrano nella posizione giuridica del defunto; al contempo la mancata riproduzione nella novella del 1990 di una disposizione in favore dei superstiti simile a quella contenuta nella L. n. 236 del 1982, art. 21, comma 3, non può rivestire profili di incostituzionalità, rientrando nella discrezionalità del legislatore determinare le condizioni e le modalità del diritto al rimborso dei contributi versati all’ente di previdenza. Il Collegio condivide le suddette considerazioni, da cui non ravvisa ragioni per discostarsi, essendo palese che, contrariamente all’assunto dei ricorrenti, la L. n. 236 del 1990, art. 6, comma 5, non è norma retroattiva, limitandosi a stabilire, per il tempo futuro e in via transitoria, le condizioni (avvenuta presentazione della relativa domanda anteriormente alla data di entrata in vigore della legge) per la restituzione dei contributi secondo la normativa previgente.

Il motivo all’esame va dunque disatteso.

3. Parimenti infondato è il secondo motivo, poichè la mancanza di un rapporto sinallagmatico tra contributi e prestazioni e il principio solidaristico che improntano la previdenza obbligatoria escludono in radice la possibilità di individuare un’ipotesi di arricchimento senza causa da parte dell’Ente previdenziale nei casi di mancata erogazione, per qualsivoglia ragione, della prestazione pensionistica, pur in presenza dell’avvenuto versamento della contribuzione (cfr, con riferimento a fattispecie sostanzialmente analoga, Cass., n. 9613/1997).

4. Il terzo motivo è inammissibile per difetto di specificità, non essendo stata svolta alcuna argomentazione critica avverso la disposta regolamentazione delle spese da parte del Giudice del merito.

5. In definitiva il ricorso va rigettato.

Non è luogo a pronunciare sulle spese, attesa l’applicabilità, ratione temporis (il ricorso introduttivo risalendo al 1993), dell’art. 152 disp. att. c.p.c. nel testo vigente anteriormente alla novella di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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